Il cervello umano

Materie:Tesina
Categoria:Educazione Fisica
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Testo

Diana Teggi
Classe 3^F a.s. 2005-2006
IL CERVELLO UMANO
Gli elementi fondamentali sono
le cellule nervose (neuroni)
i collegamenti (sinapsi)
le protezioni (guaina mielinica)
e il linguaggio (neurotrasmettitori)
È l’oggetto più complesso e misterioso che si conosca: 1.300-1.500 grammi di tessuto gelatinoso composto da 100 miliardi di cellule (i neuroni), ognuna delle quali sviluppa in media 10 mila connessioni con le cellule vicine.
Ecco, in sintesi, come si forma, com’è organizzato, come si difende e come funziona il: cervello.
Tutti i neuroni in 8 mesi
Durante la vita fetale l’organismo produce non meno di 250 mila neuroni al minuto.
Ma 15-30 giorni prima della nascita, la produzione si blocca e per il cervello comincia una seconda fase che durerà per tutta la vita: la creazione di connessioni tra le cellule.
In questo processo, le cellule che falliscono le connessioni vengono eliminate, tanto che al momento della nascita sono già dimezzate.
La moria diviene imponente dai 30-40 anni quando, senza che l’organismo le sostituisca (la rigenerazione di neuroni è stata realizzata solo in laboratorio), le cellule cerebrali cominciano a morire al ritmo di 100 mila al giorno, circa 1 al secondo.
Per fortuna non c’è un corrispondente declino mentale: la capacità di creare nuove connessioni preserva, infatti, le facoltà mentali acquisite.
3 cervelli
Il cervello umano (più correttamente "encefalo") è il risultato della sovrapposizione dei tre tipi di cervello apparsi nel corso dell’evoluzione dei vertebrati.
Dal basso (alla base del cranio), il cervello più antico, o romboencefalo, specializzato nel controllo di funzioni involontarie come vigilanza, respirazione, circolazione e tono muscolare.
Comprende il cervelletto e le parti del midollo spinale che si allungano nel cervello.
Salendo, c’è il mesencefalo: una piccola porzione di tessuto nervoso costituita dai cosiddetti peduncoli cerebrali e dalla lamina quadrigemina.
Infine c’è il prosencefalo, la parte più "moderna", suddiviso in diencefalo e telencefalo.
Il primo, chiamato anche "sistema limbico", contiene strutture come talamo, ipotalamo, ipofisi e ippocampo, da cui provengono sensazioni come fame, sete o desiderio sessuale.
Infine, la parte più recente in assoluto: la corteccia, dove hanno sede le funzioni intelligenza e linguaggio.
Le sue difese
La corteccia occupa gran parte del cranio, quindi il suo volume è facilmente intuibile.
Difficile, invece, immaginare quanto sia estesa. La corteccia è, infatti, percorsa da profonde fenditure (le circonvoluzioni cerebrali) tanto che, se potessimo distenderla, occuperebbe un’area molte volte maggiore di quella della testa.
La fenditura più profonda è quella che separa i due emisferi, uniti però dal corpo calloso, una fittissima trama di fibre nervose: se si recidessero, i due emisferi non comunicherebbero più.
Le altre fenditure maggiori distinguono i cosiddetti "lobi". I maggiori sono quello temporale (udito ed equilibrio), frontale (movimenti volontari), parietale (sensibilità tattile e gusto) e occipitale (visione).
Ad avvolgere l’encefalo troviamo infine le membrane chiamate meningi (pia madre, aracnoide e dura madre): contrariamente a quanto suggeriscono le frasi fatte, non servono a pensare, ma a nutrire e proteggere il cervello vero e proprio.
Sempre a scopo protettivo, l’encefalo è infine percorso da una serie di cavità piene di liquido (il liquor cefalorachidiano) che crea una sorta di "effetto galleggiamento" utile per contrastare la forza di gravità e le accelerazioni dovute ai rapidi movimenti della testa.
C’è infine una difesa cerebrale che, tra l’altro, rende difficilissimo dimagrire a comando.
Se un digiuno tende infatti a intaccare più i muscoli che la massa grassa, è infatti perché il cervello difende se stesso.
Il suo nutrimento sono gli zuccheri, e i neuroni non sono in grado di demolire i grassi per fabbricarsi zuccheri.
Perciò, finiti quelli disponibili subito nel fegato, usano le proteine (nel frattempo l’organismo demolisce anche i grassi) e intaccano i muscoli.
Meglio così, perché gran parte delle fibre nervose sono "isolate" da un manicotto - la guaina mielinica - costituito da grassi... se i neuroni li potessero "mangiare", come accade in una malattia chiamata sclerosi multipla, diverrebbe impossibile l’attività cerebrale.
Il neurone: la cellula base
Ma veniamo ai mattoni del cervello, i neuroni: cellule specializzate nel raccogliere, elaborare e trasferire impulsi nervosi. Dal loro corpo cellulare si diramano vari rametti, i dendriti, e un ramo più grosso, l’assone.
I primi ricevono i segnali in arrivo, il secondo conduce i messaggi in uscita. Grazie a dendriti e assoni, il numero totale delle connessioni che i neuroni di un cervello umano riescono a stabilire supera il numero di tutti i corpi celesti presenti nell’universo.
L’esistenza di queste connessioni, o sinapsi, fu scoperta alla fine del XIX secolo dal fisiologo inglese Charles Scott Shemngton, anche se non si tratta di connessioni fisiche perché tra due neuroni s’interpone sempre una microscopica fessura.
Per superare questo varco, i segnali cambiano faccia:
da elettrici, diventano chimici.
La terminazione dell’assone rilascia sostanze, dette neurotrasmettitori, che sono raccolte dagli appositi recettori presenti sulla membrana della cellula-obiettivo.
Catturato il neurotrasmettitore, il messaggio chimico viene riconvertito in impulso elettrico.
Per rendere il viaggio più veloce, sull’assone l’impulso procede a balzi.
L’assone, infatti, è ricoperto da un materiale isolante chiamato guaina mielinica, che però lascia scoperti alcuni punti: i nodi di Ranvier.
E saltando da un nodo all’altro, l’impulso raggiunge i 400 km/h.
I messaggi chimici
I neurotrasmettitori sono come parole di un linguaggio limitato ma molto complesso, composto da appena una cinquantina di vocaboli, ma capaci di fornire istruzioni dettagliate.
Purtroppo non esiste ancora un vocabolario per tradurre i messaggi chimici, ma possiamo almeno raggruppare i neurotrasmettitori in due gruppi distinti: quelli ad azione rapida e quelli ad azione lenta.
Tra i primi troviamo molecole come l’acetilcolina, l’adrenalina, la noradrenalina, la dopamina, la serotonina: molecole di piccole dimensioni, che hanno il compito di provocare risposte immediate, dalla percezione di un profumo alla reazione (per esempio, un sorriso).
Del secondo gruppo fanno parte i neuropeptidi (i più noti sono la somatostatina e le betaendorflne): grosse molecole, lente ad agire ma capaci di indurre modifiche durevoli. Danno per esempio forma alle sinapsi, ma possono anche ridurre i recettori per un certo neurotrasmettitore, rendendo così i neuroni "sordi" a certi comandi.
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