Parmenide e la sua filosofia

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

Parmenide

Parmenide nacque ad Elea, dove morì nel 450 a.c. discepolo di Senofane, ebbe come discepoli Zenone e Melisso. Si pensa che abbia avuto un ruolo politico nella propria città .Egli fu il fondatore della scuola Eleatica e scrisse una sola opera intitolata Sulla Natura; Parmenide, esprime la propria dottrina nella forma di una rivelazione: egli immagina di essere condotto sul cocchio del Sole (giustizia).La quale gli indica due vie:
• La via dell’assoluta verità
• E quella dell’opinione fallace
In questo viaggio Parmenide, non si lascia trascinare dalle forze divine, ma diventa un uomo sapiente. IN base alla sua esperienza egli elabora la teoria sulla materia che risulta essere molto distaccata dalla realtà e basata sulla razionalità.
Il problema che lui si pone è quello sulla natura dell’essere. Osservando il mondo che ci circonda capisce che ogni cosa si trasforma e quindi ciò che era prima non è più. Ciò significa che il nulla è possibile e che il non essere può esistere.
La prima via è quella della verità. Essa afferma che: l’essere è e non può essere; il non essere non è e non può in alcun modo essere.
Trae alcune conclusioni:

1) Essere è immutabile ed immobile: cioè tutto è uguale a se
2) Essere è ingenerato e imperituro e incorruttibile: se no doveva derivare dal non essere che non c’è
3) Essere è unico: se esistesse un ente diverso dall’essere sarebbe il non essere e ciò non è possibile
4) È limitato e finito: essendo compiuto e perfetto
5) Essere è sferiforme: non ha un’origine ne una fine

Perciò questa è la via del pensiero, che persuade e svela la vera natura del reale.
Invece ,la seconda via, è quella dell’abbandono dei sensi cioè è ingannevole e contraddittoria. Perciò si può dedurre che, colui che cammina sulla via dell’errore, dice “ il non essere è”, e crede che le cose passino dall’essere al non essere e viceversa.
Quindi, egli contrappone due vie diverse:
1) la via della ragione;
2) la via dell’esperienza umana.

Parmenide interpreta l’essere in un modo diverso; cerca di non cogliere la sua diversità, ma la sua unicità. E’ vero che l’essere è soggetto a corruzioni e quindi a cambiamenti del proprio aspetto apparente in cui si mostra alla realtà, ma in fondo c’è qualcosa di unitario: l’esistere.
Parmenide considera l’essere il principio unitario di ogni essere in quanto tale è principio di tutto.
Spiega che ogni ente si manifesta in modo e forma diversa, ma per cambiare deve prima esistere che è fondamentale per ogni cosa.
Alla contrapposizione tra essere e non essere, Parmenide, fa corrispondere quella tra pensiero e sensi, il pensiero segue una via diversa da quella dei sensi. Quest'ultimi, infatti, si fermano alla percezione di ciò che appare, ma l'apparenza mescola continuamente l'essere con il non essere. Il pensiero invece è in grado di cogliere l'essere in modo stabile e certo, noi possiamo pensare solo ciò che è, quindi parola e pensiero esprimo sempre ciò che è e non ciò che non è. Il pensiero supera le apparenze ed è in grado di rivelare la legge profonda che governa e sorregge il mondo sensibile; per Parmenide esiste un'identità tra essere e pensiero. C'è una legge profonda che collega il pensare il dire, perché con il pensiero cogliamo la verità e tramite il dire la possiamo esporre. Quindi sono tre i momenti fondamentali nella speculazione parmenidea:
1. quello ontologico: l'essere è e il non essere non è;
2. quello gnoseologico: l'essere è conoscibile attraverso il pensiero
3. quello linguistico: l'essere nel discorso trova la sua forma ed espressione adeguata.
Se si ragione in modo duplice (tramite le due vie) si giunge ad ammettere l'esistenza e la pensabilità anche di ciò che non è (terza via), questo conduce a uno sviamento di fronte al cammino retto.

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