I sensori di gas

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Categoria:Fisica
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Testo

CLAUDIA MONTINI 3^F
TRATTO DA: “LE SCIENZE” n°336, febbraio 1999; articolo di Dario Narducci (ricercatore presso il Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano)

MATRICI DI SENSORI MINIATURIZZATE E INTEGRATE SU CHIP DI SILICIO HANNO CONSENTITO NEGLI ULTIMI ANNI PROGRESSI SENSAZIONALI NEL CAMPO DEL RILEVAMENTO DI MOLECOLE GASSOSE
SENSORE: dispositivo in grado di tradurre in maniera continua e univoca grandezze fisiche o chimiche in segnali facilmente trasportabili a distanza, elaborabili in maniera automatica e immagazzinabili in memorie di massa.
I tempi di risposta dei sensori voltammetrici (=che usano segnali elettrici) peggiorano rapidamente a bassa temperatura. Per ovviare a questo inconveniente, vennero utilizzati dei semiconduttori.
SEMICONDUTTORE⇒le loro superfici sono ricche di legami insaturi, e mostrano una forte reattività nei confronti del vapore acqueo e di altri gas. Le molecole di tali gas, entrando in contatto con le superfici di silicio o di germanio, stabiliscono legami caratterizzati da energie assai variabili ma sufficienti ad alterare la struttura elettronica superficiale del materiale.
SEMICONDUTTORI SENSIBILI AI PROFUMI
ANNI SESSANTA:
Vengono studiati per la prima colta metalli con capacità sensoristiche, gli ossidi metallici. Questi ossidi erano noti per la capacità di rispondere ad alterazioni della pressione parziale di ossigeno attraverso un meccanismo di equilibrazione di difetti di volume.
Sono:
ossidi di zinco (ZnO)
ossidi di titanio (TiO2)
ossidi di stagno (SnO2)
Questi sensori non sono però adatti a distinguere tra gas ossidanti, inerti e riducenti
ANNI SETTANTA:
- La velocità delle reazioni venne accelerata con l’impiego di catalizzatori.
- Le superfici di ossidi metallici attivate con metalli di transizione non solo vedevano accresciute la propria sensibilità e ridotti i tempi di risposta, ma mostravano anche un miglioramento della selettività.
Se analizziamo una miscela con due gas riducenti A e B e disponiamo di un sensore attivato con un catalizzatore efficiente per A ma non per B, il sensore riuscirà a rilevare il gas A e di misurarne la concentrazione anche in presenza di grandi quantità di gas B.
TRA IL 1975 E IL 1985:
Cominciano gli studi sulle membrane semipermeabili siliconiche. Queste membrane ostacolano il passaggio di alcune specie molecolari, comportandosi però come membrane idealmente permeabili per altre.
NASI DI SILICIO (1990)
Ci fu un decisivo cambio di prospettiva, dovuto a tre fattori:
1. Non si riusciva a misurare la concentrazione di taluni gas in un’atmosfera di composizione variabile nel tempo.
2. Le ricerche necessarie per lo sviluppo dei sensori avevano un costo molto elevato
3. La miniaturizzazione dei sensori si scontrava con dei costi troppo elevati
Si sviluppò il concetto d matrice di sensori. Si capì che era necessario sviluppare un approccio sistemico al rilevamento dei gas in cui ogni elemento sensorio contribuisse all’individuazione delle specie gassose presenti, e l’insieme di tali contributi consentisse di stabilire l’esatta composizione della miscela gasosa.
In questo modo si consentiva l’industrializzazione dei sensori e la conseguente miniaturizzazione.+
LA FISICA A SCUOLA DAI BIOLOGI
I materiali che costituivano le matrici di sensori erano materiali inorganici.
I sensori adottarono varie tecniche di riconoscimento:
1. L‘ultrafiltrazione molecolare estende a livello molecolare il principio delle membrane siliconiche
2. Selezione legata allo stato di carica o di polarizzazione molecolare
Si pensò anche ad un ulteriore integrazione funzionale del sensore
MOLEOCOLE ORGANICHE PER I SENSORI
Nei primi anni Novanta furono messe a punto tre tecniche che permettevano di depositare film organici stabili e ordinati:
1. ESTENSIONE ALLE MOLECOLE ORGANICHE DELLE TECNICHE DI CRESCITA DI FASCI MOLECOLARI: collidendo con la superficie, la molecola si lega chimicamente con gli atomi di superficie del materiale.
2. FILM DI LANGMUIR-BLODGETT: sono pellicole sottili la cui adesione alla superficie è garantita dall’instaurarsi di forze di interazione elettrostatica
3. REALIZZAZIONE DI VERE E PROPRIE REAZIONI CHIMICHE ALLA SUPERFICIE
Le tre tecniche si stanno evolvendo in maniera spettacolare in questi anni
Ma nessuno degli elementi sensori risulta assolutamente selettivo; tuttavia ciò che conta è l’insieme delle informazioni che fornisce una mappa quantitativa della concentrazione dei vari componenti dell’atmosfera analizzata.
VERSO I SENSORI UNIVERSALI
I sensori dell’ultima generazione sono in grado di:
1. fornire una mappatura molto più diffusa del tipo e del livello di inquinamento urbano
2. rilevare droghe e esplosivi
3. essere impiegati nello sminamento di aree civili e militari

CLAUDIA MONTINI 3^F
TRATTO DA: “LE SCIENZE” n°336, febbraio 1999; articolo di Dario Narducci (ricercatore presso il Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano)

MATRICI DI SENSORI MINIATURIZZATE E INTEGRATE SU CHIP DI SILICIO HANNO CONSENTITO NEGLI ULTIMI ANNI PROGRESSI SENSAZIONALI NEL CAMPO DEL RILEVAMENTO DI MOLECOLE GASSOSE
SENSORE: dispositivo in grado di tradurre in maniera continua e univoca grandezze fisiche o chimiche in segnali facilmente trasportabili a distanza, elaborabili in maniera automatica e immagazzinabili in memorie di massa.
I tempi di risposta dei sensori voltammetrici (=che usano segnali elettrici) peggiorano rapidamente a bassa temperatura. Per ovviare a questo inconveniente, vennero utilizzati dei semiconduttori.
SEMICONDUTTORE⇒le loro superfici sono ricche di legami insaturi, e mostrano una forte reattività nei confronti del vapore acqueo e di altri gas. Le molecole di tali gas, entrando in contatto con le superfici di silicio o di germanio, stabiliscono legami caratterizzati da energie assai variabili ma sufficienti ad alterare la struttura elettronica superficiale del materiale.
SEMICONDUTTORI SENSIBILI AI PROFUMI
ANNI SESSANTA:
Vengono studiati per la prima colta metalli con capacità sensoristiche, gli ossidi metallici. Questi ossidi erano noti per la capacità di rispondere ad alterazioni della pressione parziale di ossigeno attraverso un meccanismo di equilibrazione di difetti di volume.
Sono:
ossidi di zinco (ZnO)
ossidi di titanio (TiO2)
ossidi di stagno (SnO2)
Questi sensori non sono però adatti a distinguere tra gas ossidanti, inerti e riducenti
ANNI SETTANTA:
- La velocità delle reazioni venne accelerata con l’impiego di catalizzatori.
- Le superfici di ossidi metallici attivate con metalli di transizione non solo vedevano accresciute la propria sensibilità e ridotti i tempi di risposta, ma mostravano anche un miglioramento della selettività.
Se analizziamo una miscela con due gas riducenti A e B e disponiamo di un sensore attivato con un catalizzatore efficiente per A ma non per B, il sensore riuscirà a rilevare il gas A e di misurarne la concentrazione anche in presenza di grandi quantità di gas B.
TRA IL 1975 E IL 1985:
Cominciano gli studi sulle membrane semipermeabili siliconiche. Queste membrane ostacolano il passaggio di alcune specie molecolari, comportandosi però come membrane idealmente permeabili per altre.
NASI DI SILICIO (1990)
Ci fu un decisivo cambio di prospettiva, dovuto a tre fattori:
1. Non si riusciva a misurare la concentrazione di taluni gas in un’atmosfera di composizione variabile nel tempo.
2. Le ricerche necessarie per lo sviluppo dei sensori avevano un costo molto elevato
3. La miniaturizzazione dei sensori si scontrava con dei costi troppo elevati
Si sviluppò il concetto d matrice di sensori. Si capì che era necessario sviluppare un approccio sistemico al rilevamento dei gas in cui ogni elemento sensorio contribuisse all’individuazione delle specie gassose presenti, e l’insieme di tali contributi consentisse di stabilire l’esatta composizione della miscela gasosa.
In questo modo si consentiva l’industrializzazione dei sensori e la conseguente miniaturizzazione.+
LA FISICA A SCUOLA DAI BIOLOGI
I materiali che costituivano le matrici di sensori erano materiali inorganici.
I sensori adottarono varie tecniche di riconoscimento:
1. L‘ultrafiltrazione molecolare estende a livello molecolare il principio delle membrane siliconiche
2. Selezione legata allo stato di carica o di polarizzazione molecolare
Si pensò anche ad un ulteriore integrazione funzionale del sensore
MOLEOCOLE ORGANICHE PER I SENSORI
Nei primi anni Novanta furono messe a punto tre tecniche che permettevano di depositare film organici stabili e ordinati:
1. ESTENSIONE ALLE MOLECOLE ORGANICHE DELLE TECNICHE DI CRESCITA DI FASCI MOLECOLARI: collidendo con la superficie, la molecola si lega chimicamente con gli atomi di superficie del materiale.
2. FILM DI LANGMUIR-BLODGETT: sono pellicole sottili la cui adesione alla superficie è garantita dall’instaurarsi di forze di interazione elettrostatica
3. REALIZZAZIONE DI VERE E PROPRIE REAZIONI CHIMICHE ALLA SUPERFICIE
Le tre tecniche si stanno evolvendo in maniera spettacolare in questi anni
Ma nessuno degli elementi sensori risulta assolutamente selettivo; tuttavia ciò che conta è l’insieme delle informazioni che fornisce una mappa quantitativa della concentrazione dei vari componenti dell’atmosfera analizzata.
VERSO I SENSORI UNIVERSALI
I sensori dell’ultima generazione sono in grado di:
1. fornire una mappatura molto più diffusa del tipo e del livello di inquinamento urbano
2. rilevare droghe e esplosivi
3. essere impiegati nello sminamento di aree civili e militari

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