"I cento passi"

Materie:Altro
Categoria:Italiano

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Testo

I cento passi

Il film, presentato al Festival di Venezia 2000, è stato accolto dalla critica e dal pubblico con ben 12 minuti di applausi, ad indicare il profondo coinvolgimento che Marco Tullio Giordana e i suoi attori, molti dei quali ancora sconosciuti al grande schermo, hanno saputo creare in memoria di un uomo e della sua generazione.
“I cento passi” non è solo una pellicola cinematografica, ma è un urlo, un grido contro la mafia che ha la stessa voce sprezzante, oltraggiosa, coraggiosa e invadente che Giuseppe Impastato, detto Peppino, vomitava nelle giornate passate alla radio fondata con un gruppo di amici, Il suo programma si chiamava "Onda Pazza", dove con parole arrabbiate e ironiche sfidava quel potere così "normale" per suo padre sconvolgendo gli animi dei benpensanti di Cinisi, il paese natio di Peppino in provincia di Palermo, ed è in una delle sue dirette che il boss Gaetano Badalamenti diventa "Tano seduto".
Grazie alla sua “Radio Aut” il mondo di “mafiopoli” e la situazione della Sicilia escono dall’ombra e Peppino da voce al pensiero di pochi, i quali hanno il coraggio di andare controcorrente in una Sicilia sempre più lontana dall’Italia e abbandonata al suo lassismo, e di combattere la mafia, dando spazio ai giovani che vogliono lottare per nuovi ideali.
Peppino fin da piccolo si accorge dei rapporti della sua famiglia con la mafia anche per via delle strane morti di alcuni parenti e comincia subito a disprezzare quell’ ambiente.
Per la mafia è probabilmente un personaggio scomodo poiché dava voce ai mille silenzi di paese, e così Peppino fu ucciso lo stesso giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro e forse per questo la sua valorosa vita e la sua tragica fine sono cadute nel dimenticatoio per venti anni fino all’uscita del film (se si esclude qualche articolo e parte del libro di Claudio Fava “Cinque delitti imperfetti”).
“I cento passi” non è il classico film sulla mafia e sui suoi monopoli che si propone alle scuole, perché non tratta e soprattutto non mette in risalto la droga e la prostituzione ma è quasi un esempio a cui tutti possono fare riferimento nel loro piccolo.
La storia di Peppino raccontata senza effetti speciali rappresenta il volto buono della Sicilia di chi non accetta la mafia, di chi si rende conto del luogo in cui vive, che sente il bisogno di parlare di avvenimenti spesso taciuti. La storia di Peppino Impastato, che non aveva paura della mafia, di Tano a cento passi da lui, che non ha smesso un attimo di gridare al suo paese ciò che non gli stava bene, una voce che, come tante, è stata messa a tacere.
Oddi Stefania II L

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