educazione di Gertrude, la monaca di monza

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Testo

Nel 9° capitolo de”I promessi sposi”appare un personaggio di notevole importanza soprattutto per l’attenta e ben dettagliata analisi psichica che né fa l’autore. Stiamo parlando della monaca di Monza, comunemente chiamata la Signora per le sue nobili origini. Il padre era, infatti, il feudatario di Monza e volendo lasciare tutte le sue ricchezze esclusivamente al figlio primogenito dispose che tutti gli altri eredi, sia maschi che femmine, sarebbero stati destinati a vita monastica, secondo la legge del maggiorasco. Diventando grande, però Gertrude cominciò a contraddire il volere del padre che tuttavia riuscì ugualmente a chiuderla in convento e a farla diventare monaca per sempre, soffocando i suoi desideri.
La prima immagine che ha il lettore di lei è di “una donna di circa venticinque anni, di una bellezza sbattuta, sfiorita, scomposta, con i capelli e gli occhi neri, che quando fissavano le persone esprimevano un’investigazione superba, le gote pallide, le labbra rosee”; ci appare anche un po’ irrispettosa delle regole poiché porta la tunica molto attillata in vita e un ciuffo di capelli scomposto, cose proibite dalla veste che portava, perché mostravano la propria femminilità. Viene subito anche definita come una monaca particolare e importante: ”La signora è una monaca; ma non è una monaca come le altre. Non è che sia la badessa né la priora; che anzi, a quel che dicono, è una delle più giovani: ma è della costola di Adamo; lei può fare dell’alto e del basso nel monastero”.
Il Manzoni ce la presenta anche con una complessa personalità turbata dalla giovinezza e dalle tristi decisioni che sono state prese. La storia di Gertrude è infatti, la storia di un animo vittima della volontà altrui.
I suoi complessi interiori derivano infatti dalla sua dolorosa adolescenza e la rigida educazione impartitagli, o meglio da un ineducazione, dal soffocamento di una personalità e della sua libertà. Gertrude, già prima della nascita, infatti era destinata al mondo della Chiesa e per lei non ci saranno mai vie d’ uscita, sebbene non abbia mai avuto una vera vocazione.
Fin da piccola viene trattata bene e le vengono dati come giochi bambole e santini vestiti da monaca. Inoltre viene rimproverata per alcune monellerie di tutti i tipi ricordandole sempre che un domani sarebbe stata trattata con tutto il rispetto e che avrebbe goduto di ampi poteri, quando sarebbe stata badessa. Quindi “l’infelice” all’età di sei anni è portata nel monastero, e lì però capisce che la vita da monaca non era la sua vera vocazione: era infatti invidiosa di tutte le altre donne che parlavano di matrimonio e di un futuro normale. Cerca dunque di far capire al padre quello che provava ma ogni sforzo era inutile. Quelle rare volte infatti che un’occasione le si presentava davanti, pronta per farle rifiutare la monacazione…lei si bloccava, un po’ per i suoi ripensamenti, un po’ per l’autorità del padre, un po’ per l’onore della famiglia. Ella vive come una colpa la sua stessa ripugnanza al chiostro, e l’unica maniera per espiare consisterà di conseguenza nel chiudersi volontariamente nel monastero.
Insomma non vedeva più nessuna via d’uscita, i discorsi del padre, ma ancor di più lo sguardo dominante che il “principe” (così lei chiamava suo padre) posava su di lei la facevano cedere a dire ancora un altro, sempre più doloroso, sì.
Si ritrova così a trascorrere una vita infelice, che non avrebbe voluto, in cui manca completamente l’amore e l’affetto che i suoi genitori non le avevano mai dato, e che lei cerca di trovare, desiderosa di amare esasperatamente in amicizie sbagliate, prima nel giovane paggio di corte, nella madrina e poi nello “scellerato Egidio”.
Il carattere di Gertrude è quindi senza dubbio insicuro, inquieto, turbato, misterioso, realistico ma con un pizzico di inventiva, ma è pur vero che chiunque avesse ricevuto un’educazione così,o meglio, un indeducazione così,ed avesse avuto un’adolescenza come quella del nostro personaggio, sarebbe padrona indolente e incapace di tale carattere.

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