Patriottismo

Materie:Tema
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Testo

L’Art. 52 della Costituzione dice: “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”.
La Costituzione elenca numerosi diritti e doveri dei cittadini italiani, ma quello della difesa della patria è l’unico che definisce “sacro”.
Ho scelto questo articolo perché per me la difesa della patria, cioè la disponibilità di un cittadino di morire per difendere la propria patria, è l’esempio migliore di patriottismo.
Credo che tutti provino un qualche sentimento nei confronti della terra in cui sono nati, probabilmente tanto più forte quanto più se ne è lontani. Risulta quasi incomprensibile, ad esempio, il fatto che persone lontane dalla propria terra da trenta o quaranta anni, pur essendosi costruite una vita, spesso più agiata, in un altro paese, vivono solo nella speranza del ritorno.
Non credo, però, che questo sentimento si possa definire patriottismo, ma legame con le proprie tradizioni, la propria lingua, le proprie radici culturali. Un legame che sento anch’io, me ne sono accorto quando sono stato per un mese all’estero, lontano da casa. Ricordo che mi arrabbiavo molto allora se qualcuno parlava male dell’Italia, non per partito preso, ma perché mi sembravano pregiudizi ed ero comunque sempre disposto a discutere degli aspetti negativi del nostro paese. Ma questo non è certo patriottismo e non lo è neppure quando sventoliamo le bandiere tricolore per sostenere la nazionale di calcio italiana.
Io intendo per patriottismo un sentimento politico: non è un caso che patrioti per definizione siano Mazzini, Garibaldi, Cavour e tutti martiri del Risorgimento che lottarono e spesso morirono per l’unità d’Italia o comunque per una causa politica.
Da allora però si è abusato di questo termine, rendendo così il concetto di patriottismo sempre meno credibile, sempre più superato. È in nome del patriottismo infatti che nella prima guerra mondiale furono mandati al macello milioni di uomini, che Mussolini portò l’Italia allo sfacelo, che i nazisti riuscirono a mobilitare milioni di tedeschi.
È vero che in questi casi si è trattato di nazionalismo, di una degenerazione cioè del patriottismo, però forse inevitabile.
Ecco perché oggi, secondo me, il termine è screditato, addirittura ridicolo e in questo senso non ha per me più significato.
D’altra parte sono proprio le condizioni oggettive in cui viviamo che tendono a far scomparire il patriottismo: la tecnologia tende a rompere sempre più barriere e confini. Aerei, treni, auto rendono ogni angolo della terra vicino e raggiungibile, il telefono ci permette di parlare in tempo reale con chiunque e ovunque. Neppure le differenze di lingua sono più un ostacolo, mezzi di comunicazione di massa e istruzione più diffusa aiutano a superare anche questo ostacolo, l’inglese è diventato lo strumento di comunicazione più usato. Gli stessi mezzi di comunicazione di massa diffondono idee, modi di vita, prodotti standardizzati fanno sì che ci si senta ormai dappertutto come a casa propria, e ciò è vero soprattutto per noi giovani, aiutati in questo dalla musica, dai blue-jeans e dai tanto disprezzati hamburger.
Ma sono stati alcuni gravi avvenimenti storici che hanno dato al patriottismo il colpo di grazia. Da Cernobyl in poi tutti ci siamo resi conto che oggi qualsiasi problema assume un valore internazionale e che è impossibile pensare alla sua risoluzione restando nei ristretti confini nazionali.
Soprattutto i problemi legati all’ambiente, come l’inquinamento dell’atmosfera e delle falde acquifere, le centrali e le scorie nucleari, richiedono per la loro risoluzione la cooperazione di tutti.
Penso perciò che al patriottismo vada sostituito un sentimento più ampio. Il nostro futuro non è legato alle sorti della nostra patria ma a quello di tutti gli uomini di qualsiasi nazione essi siano.

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