UNA VITA di Italo Svevo

Materie:Tema
Categoria:Letteratura Italiana

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Testo

Tema.
Recensione di “una vita” di Italo Svevo, con particolare riferimento alla figura dell’inetto.

“Una vita” è il primo romanzo di Italo Svevo, scritto nel 1888 e pubblicato nel 1892.
Il titolo originale del libro avrebbe dovuto essere “Un inetto”, ma venne poi cambiato in “Una vita”, considerato più accattivante.
Ettore Schmitz (Italo Svevo è infatti uno pseudonimo, che rispecchia la sua duplice cultura italiana e austriaca) nasce nel 1861 a Trieste, città di confine e dunque culturalmente molto ricca. La sua è una figura molto originale, sotto tutti i punti di vista, ben lontana dalla classica figura del letterato preso esclusivamente dagli studi umanistici. Schmitz/Svevo intraprende infatti studi commerciali, per seguire le orme paterne; contemporaneamente si appassiona alla letteratura e alla filosofia (gli influssi di Schopenhauer sono presenti nei suoi romanzi). In seguito al fallimento dell’azienda paterna Svevo è costretto a cercar lavoro,e si impiega in una banca, dove rimarrà per lungo tempo. Il suo lavoro è visto come monotono e opprimente, senza possibilità di sbocchi e di carriera, in cui la sola forma di evasione è rappresentata dalla letteratura. A questo periodo risale “Una vita”, che non riscuote molto successo. Quando si sposò con una cugina, la cui famiglia era inserita nell’alta borghesia industriale, si presentò allo scrittore un’occasione di scalata sociale. La letteratura fa sempre meno parte della sua vita anche perché la sua seconda opera, “Senilità”, non viene apprezzata. L’amicizia con Joyce sarà decisiva per lui. Infatti, grazie allo scrittore irlandese, che rivaluta le sue opere, a venticinque anni di distanza da “Senilità”, scrive un terzo romanzo, “La coscienza di Zeno”, molto apprezzato in Francia. Un’altra conoscenza determinante fu quella di Freud e delle sue teorie, da cui prenderà spunto per la stesura della “coscienza di Zeno”. Svevo raggiunge finalmente un po’ di notorietà, grazie anche a Montale che scrive un articolo su di lui, ma questa fama dura poco, perché nel 1928 muore in seguito ad un incidente d’auto.
“Una vita” è la storia di Alfonso Nitti, un impiegato di provincia con ambizioni letterarie. Il giovane si sente poco adatto al proprio lavoro (è impiegato in una banca triestina), che reputa monotono e vuoto, e sente di avere una sorta di superiorità intellettuale rispetto ai colleghi grazie alla sua cultura umanistica e al suo amore per la letteratura. Il giovane, andato a Trieste con la speranza di una scalata sociale, ha la possibilità attuare questo scopo avvicinandosi alla famiglia Maller, la famiglia del padrone della banca. Riesce ad essere invitato in casa del padrone,dove conosce Macario, il suo opposto, sicuro di sé, estroverso, ambizioso, con cui stringe amicizia. Conosce anche Annetta, la figlia di Maller, con cui ha una relazione. Un fidanzamento tra i due potrebbe significare per Alfonso il tanto sospirato riscatto sociale, ma quando la cosa sembra potersi concretizzare il giovane, spaventato, scappa con la scusa della madre malata. Quando decide di tornare in città e sposare Annetta, si rende conto di aver fallito: la ragazza si è fidanzata con Macario e il suo lavoro in banca diventa sempre meno importante e più noioso. Dopo ripetute lettere ad Annetta interpretate come ricatti, il fratello di lei, sfidandolo a duello, lo uccide. E Alfonso, rinunciando a qualsiasi lotta per la vita e ormai completamente vinto, non avendo trovato un vero scopo alla sua vita, si lascia uccidere senza reagire.
Quella di Alfonso è la tipica figura dell’inetto, che non sa cosa vuole e non sa prendere decisioni.
Guardando alla vita di Svevo, si può dire che, almeno in parte, Nitti sia un suo alter-ego.
Infatti, come Svevo, anche Nitti lavora in banca e vive male la sua condizione di impiegato; come lo scrittore, anche Nitti vede nella letteratura una via di fuga dal grigiore della sua vita. A differenza di Nitti, però, lo scrittore trova una sorta di realizzazione quando riesce a formare una famiglia e ad acquistare importanza nell’ambiente alto-borghese. Nitti, la sua creatura, è invece incapace di vivere perché è privo del coraggio necessario per prendere qualsiasi decisione. Svevo costruisce il suo personaggio in base a due tecniche fondamentali: l’approfondimento psicologico e la descrizione della realtà sociale. Per l’autore le due cose si collegano tra loro poiché, come affermavano i naturalisti, la realtà sociale in cui ci si trova a vivere ha una profonda influenza sulla psiche, sulla cultura, sugli atteggiamenti.
Nasce così Alfonso Nitti, un giovane insicuro, introverso, timido, la cui unica maschera e difesa è il suo amore per la letteratura, che lo rende al tempo stesso superiore ed emarginato. Il passaggio dalla provincia alla città lo ha disilluso, si è trovato in un mondo dove l’unico valore è il denaro e l’unico scopo è la scalata sociale. In questo mondo Alfonso si sente diverso, e questo lo abbatte ancor di più. Il suo essere inetto si vede soprattutto nel momento della fuga e quando decide di morire: la totale rinuncia. Credo che questo romanzo, e soprattutto il suo protagonista, sia l’emblema della crisi che l’uomo dei primi del ‘900 si trova a vivere. L’inetto, l’antieroe, è il vero, indiscusso protagonista di un secolo caratterizzato da insicurezze, contrasti e cambiamenti, e Svevo, che ha vissuto in prima persona questa crisi, ne è stato sicuramente uno dei più grandi interpreti.

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