"I Rusteghi"

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

Voto:

2.5 (2)
Download:378
Data:15.02.2001
Numero di pagine:3
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
rusteghi_2.zip (Dimensione: 4.79 Kb)
trucheck.it_i-rusteghi-.doc     28.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

I RUSTEGHI

La scena è ambientata a Venezia nella casa del mercante Lunardo, e si svolge nell’arco di una giornata, rispettando così la tradizionale unità di luogo e di azione. Lucietta, da sempre in contrasto con la matrigna Margarita, vorrebbe maritarsi per uscire da una routine familiare noiosa e angusta, dovuta soprattutto all’intransigenza del padre Lunardo, autoritario, avaro e scorbutico, appunto un “rustego”. A insaputa di Lucietta, il padre ha già predisposto le nozze con Filippetto, figlio del signor Maurizio, anch’egli dal carattere rigido e severo. Contemporaneamente Filippetto si reca a far visita alla zia Marina, raccontandole del futuro matrimonio, ma confessandole di non aver mai conosciuto di persona la promessa sposa. Marina si adopera allora a tale scopo, e per questa ragione chiede e ottiene la complicità della signora Felice, moglie di Canciano. Il signor Lunardo ha invitato gli ospiti a cena, con lo scopo di ufficializzare le nozze: giungono così in casa Marina con il marito Simon, Felice e Canciano, accompagnati dal conte Riccardo. Grazie a un travestimento Filippetto e Lucietta possono conoscersi, ma sul più bello vengono scoperti. Scoppia il finimondo: il disonore dovuto alla disubbidienza delle donne si abbatte sulla famiglia di Lunardo, che medita una punizione e vuole mandare all’aria il matrimonio. Soltanto il chiarimento finale di Felice ristabilisce la quiete familiare.
Scritto nel gennaio del 1760, il testo dei Rusteghi appartiene a quella stagione del teatro goldoniano che è segnata da importanti capolavori composti espressamente per il San Luca. Goldoni autore borghese racconta dunque la realtà borghese del proprio tempo e della sua città. Una borghesia aristocraticamente arricchita, come quella tratteggiata in La moglie saggia; oppure una piccola borghesia in ascesa grazie all’etica del lavoro e del risparmio avveduto e calcolato, nella Locandiera: in ogni caso gli spazi del mondo borghese sono ritratti ora con interesse e ammirazione, ora con distacco e ironia, come se fossero pseudo-valori, illusioni di ricchezza materiale contrapposti ai sentimenti più elementari. È il caso dei Rusteghi, in cui il matrimonio premeditato dai padri viene messo a rischio da un desiderio reale e autentico dei figli, che solo vorrebbero conoscersi di persona prima delle nozze. Al di sopra del principio economico e dei falsi ideali di compostezza, rigore, rispetto dell’autorità paterna, i figli e le donne si affidano a un umanissimo principio di piacere, ribaltando i ruoli familiari a loro vantaggio e isolando i quattro rusteghi nella vecchia austerità e nel conformismo che li caratterizza. La commedia goldoniana segna, nel quadro delle gerarchie familiari, una netta affermazione della donna, abile manipolatrice del rispettivo marito: è il caso di Felice, che convince le altre donne a procedere nell’intento di mostrare a Lucietta il promesso sposo Filippetto, e che alla fine appiana i contrasti sorti quando le donne e i fidanzati vengono scoperti.
La vicenda dei Rusteghi contiene notevoli spunti di riflessione, che vanno oltre i tradizionali confini della commedia goldoniana: il lieto fine, ad esempio, è sostituito da una situazione di accomodamento e di compromesso, tanto che Maurizio, il padre di Filippetto, mentre unisce simbolicamente i due giovani, rivolgendosi al figlio osserva severo “che anca se ti te maridi, voggio che ti me usi l’istessa ubbidienza, e che ti dipendi da mi”.
Con I Rusteghi Goldoni offre una prova del suo talento psicologico, regalandoci quattro varianti distinte di una medesima tipologia, quella appunto dell'uomo aspro, zottico, nemico della civiltà, della cultura e del conversare” già precedentemente toccata nel personaggio misogino del cavaliere di Ripafratta nella Locandiera. La figura del senex misantropo e avaro viene perciò arricchita e approfondita attraverso la ridefinizione critica della borghesia cittadina: una borghesia non più agile e intraprendente, ma essa stessa testimone di una crisi di valori, sclerotizzata e inamovibile, ferma nei suoi presupposti e incapace di reagire di fronte al divenire delle generazioni, alla novità anche di un linguaggio moderno e spigliato, quello parlato da Felice. Su quest’ultimo particolare Goldoni insiste in maniera esplicita, ironizzando sulle cadenze nevrotiche e ripetitive della lingua parlata da Lunardo (“vegnimo a dir el merito”) e da Margherita (“figurarse, figurarse”): un linguaggio monocolore e scontato, quello che Goldoni mette in bocca ai vecchi rusteghi e alla matrigna, che si rivela impreparato davanti alla dialettica spigliata, intelligente, fluida e argomentativa della “renga” finale di Felice.
La soluzione del matrimonio è tuttavia provvisoria, e non affranca i giovani dall’egemonia dei padri: in questa incertezza Goldoni traduce le sue preoccupazioni per le mancate riforme sociali che il Senato veneziano negherà nel 1762. Non è un caso che la commedia sia dedicata all’ambasciatore francese a Venezia, al quale l’autore manifesta speranze e preoccupazioni a proposito dell’accoglienza delle sue opere in Francia.
La commedia venne stampata per la prima volta nel terzo tomo dell’edizione Pasquali.

Esempio