Giacomo Leopardi

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Testo

GIACOMO LEOPARDI
( Recanati 1798 – Napoli 1837 )

Poeta italiano, primogenito di una famiglia marchigiana, trascorse la fanciullezza a Recanati, il ‘‘natio borgo selvaggio ’’ nello Stato Pontificio, in un ambiente familiare oppressivo e austero, dominato dalla madre, Adelaide Antici, dedita al riassetto del patrimonio rovinato dalla cattiva amministrazione del marito Monaldo che professava idee reazionarie e coltivava ambizioni letterarie. A dieci anni cominciò a studiare da solo con avidità enciclopedica, nella ricca biblioteca paterna: iniziarono i famosi ‘‘ sette anni di studio matto e disperatissimo ’’ da cui uscì rovinato nel fisico ma con un bagaglio culturale molto ampio.
Nel 1816, con la conversione letteraria, ‘‘ dall’ erudizione al bello ’’, Leopardi si rivolse allo studio della vera, grande poesia, classica e moderna. Contemporaneamente andò prendendo coscienza della propria solitudine e infelicità e anche del proprio valore che insieme alimentarono la sua rivolta contro l’ ambiente recanantese: sono questi i temi più frequenti ed esasperati della corrispondenza con Pietro Giordani, iniziata nel 1817, e dello Zibaldone di pensieri ( 1817-32 ), una vasta raccolta di annotazioni culturali e riflessioni che testimonia le varie fasi del suo pensiero.
Nello stesso 1817 visse un breve e unilaterale amore per la cugina Gertrude Cassi, in visita a Recanati, la prima delle fuggevoli immagini femminili leopardiane.
L’ amicizia col Giordani lo mise in contatto con l’ ambiente colto milanese, allora diviso dalla polemica classico-romantica. A questo proposito scrisse il Discorso di un italiano sopra la poesia romantica ( 1818 ) : la vera poesia, per Leopardi, nasce da un ‘‘ impulso sovrumano ’’, non dalla ragione e come tale non è più possibile nell’ arida età moderna, nella quale ragione e scienza hanno distrutto la fantasia.
Negli stessi mesi, mentre un’ infermità agli occhi aggravava la sua infelicità togliendoli il piacere della lettura e la vita a Recanati, da cui tentò, invano, di fuggire ( 1819 ), gli riusciva sempre più insopportabile, si verificò in lui, sulla base della lettura della Stael, di Rousseau, Alfieri, Foscolo, una seconda conversione, dalla poesia alla filosofia.
Leopardi scoprì la vanità di tutte le cose, anche del suo stesso dolore: ‘’ la felicità consiste nell’ ignoranza del vero ’’ e la natura crea gli uomini inconsapevoli e quindi felici, ma la ragione, e qui Leopardi ha superato la mentalità illuministica, li rende infelici, svelando loro l’ inconsistenza di ogni cosa ( pessimismo storico ). Inoltre, accostandosi al Romanticismo, Leopardi accetta, come tipica dell’ età moderna, la poesia sentimentale e filosofica, tramata di sentimenti e riflessioni, anche se la considerazione inferiore alla poesia di immaginazione propria dell’ antichità.
Tutto questo travaglio di idee si rispecchia nell’ attività poetica degli anni 1818-22, che si esplica in varie direzioni e trova i suoi esiti più alti nelle canzoni civili, ricche di suggestioni alfierane ( tra le più note All’ Italia, Ad Angelo Mai, Bruto Minore ), nelle quali alla decadenza dell’ Italia e dell’ uomo contemporaneo contrappone polemicamente la grandezza eroica del passato, e soprattutto nei ‘’ piccoli idilli ‘’ ( L’ infinito, La sera del di’ di festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria, 1819-21 ), di qualità più intima, ma ugualmente intessuti di elementi riflessivi. In essi, con un linguaggio ricco di termini vaghi e arcaici, Leopardi si sforza di riprodurre, pur consapevole della finzione, l’ ingenuità della poesia di immaginazione, recuperando, attraverso il ricordo, l’ infanzia fantastica ( Alla luna ) e, attraverso il superamento dei limiti posti dalla regione e dalla realtà, la capacità immaginativa ( L’ infinito ). Dopo un deludente viaggio a Roma ( 1822-23 ) interruppe fino al 1828 l’ attività poetica; continuò gli studi filosofici e, soprattutto si dedicò alla stesura delle Operette morali. Negli anni stessi anni poi superò la contrapposizione natura-ragione e identificò nella natura stessa la causa prima dell’ infelicità di tutti gli esseri viventi ( Pessimismo Cosmico ). Nel 1825 Leopardi si recò a Milano, poi a Bologna, a Firenze ( 1827 ), dove frequentò il gruppo dell’ Antologia, e infine a Pisa dove, nel 1828, in un momento di particolare serenità, riprese l’ attività poetica e scrisse a Silvia , il primo dei ‘’ grandi Idilli ‘’ ( i successivi furono composti, tra il 1829 e il 1830 a Recanati ). In essi Leopardi vagheggia, con la coscienza della sua vanità, il fascino misterioso dell’ adolescenza piena di speranze fallaci ( a Silvia, Le ricordanza, Il passero solitario), delinea la natura illusoria della felicità umana ( Il sabato del villaggio, La quiete dopo la tempesta ) e si interroga veramente sui misteri che presiedono alla vita ( Canto notturno di un pastore errante per l‘ Asia ). Nel 1830, dopo “ sedici mesi di notte orribile “, lasciò definitivamente Recanati per Firenze , dove ne 1831 pubblicò i Canti dedicandoli agli amici di Toscana che lo sostenevano economicamente e, più tardi ( 1833 ), per Napoli dove visse con l’ amico Antonio Ranieri fino alla morte ( 1837 ).
La sua ultima fase poetica è caratterizzata da ritorno, senza più enfasi giovanile, alla tematica eroica preidillica nella quale si riflettono, con uno spirito più virile, lo sdegno polemico accumulato nell’ ultimo soggiorno Recanatese, le difficoltà economiche, il fallimento dei moti del 1831 e l’amore-delusione per Fanny Targioni Tozetti che gli ispirò il ciclo di Aspania ( il pensiero dominante, Amore e morte, Consalvo, Aspasia, A se stesso, 1831-34). In questi e altri contemporanei componimenti prende forma, in uno stile scabro e inteso, pur con esiti poetici discontinui, il suo atteggiamento eroico e il suo disprezzo per i mediocri e i vili che sostengono false teorie consolatorie, dimentichi che l’ infelicità ha radici insuperabili.
Alla polemica contro “il secolo superbo e sciocco” si affianca infine nella Ginestra ( 1836 ) che riassume, nel suo ampio ed elaborato tessuto di slanci lirici e ripiegamenti riflessivi, tutte le parti sentimentali e artistiche del suo cammino di un uomo e poeta interprete di una profonda crisi storica, un appello alla solidarietà tra gli uomini sulla base della comune sventura, in un atteggiamento di accettazione coraggiosa del destino che è il suo estremo messaggio.

Operette morali: sono 24 componimenti in prosa, spesso sotto forma di dialogo, scritti tra il 1824 e il 1832 ( 19 nel 1824, 1 nel 1825, 2 nel 1827 e 1832 ) la cui prima edizione completa, dopo una parziale nel 1827, risale al 1834. In esse Leopardi trasforma il contenuto filosofico dello zibaldone in materia poetica ponendo l’ accento sulle sofferte conseguenze sentimentali di quel contenuto, espresse in trama di favole antiche e moderne, ricche di reminescenze culturali, con uno stile raffinato e musicale.
Le Operette morali non ebbero fortuna tra i contemporanei per il pessimismo contrastante con la fiducia romantica e per lo stile freddo e distaccato.
Tra le più note: il Dialogo con la natura e di un islandese, il Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, il Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez, il Cantico del gallo silvestre, il Dialogo di Tristiano e di un amico.

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