La giornata d'uno scrutatore

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

Amerigo Ormea
Amerigo Ormea è il protagonista della vicenda, un uomo scapolo di mezza età, che ci viene presentato nel primo capitolo da Calvino, mentre cammina per le grigie stradine torinesi in una giornata piovosa “…per raggiungere il seggo elettorale dov’era scrutatore “ (1).
Amerigo è iscritto ad un partito di sinistra, ma non partecipa attivamente alla vita politica, anche perché: ”…non era uno che gli piacesse mettersi avanti: nella professione, all’affermarsi, preferiva il conservarsi persona giusta; non era quel che si dice un “politico” né nella vita pubblica, né nelle relazioni di lavoro.” (2)
Da Calvino ci viene descritto come una persona molto riflessiva, che crede fortemente nei suoi ideali, ma come si può comprendere da questa citazione: “…non potesse dirsi un “attivista” perché il suo carattere lo portava verso una vita più raccolta, non si tirava indietro quando c’era da fare qualcosa che sentiva utile e adatto a lui.” (3)
Per Amerigo l’ingresso al Cottolengo, dove svolgeva l’attività di scrutatore, è quasi come la sua entrata in un mondo nuovo , sconosciuto, dove prenderanno piede molte sue riflessioni, che lo porteranno a scavare dentro se stesso e a meditare sulla sua condizione di uomo pessimista-ottimista, caratteristica che porta Calvino a porlo come prototipo della minoranza laica italiana: “ …all’interno di questa partecipazione al comunismo,…, che spingeva Amerigo a scegliere i compiti di partito più limitati e modesti, come riconoscendo in essi i più sicuramente utili, e anche in questi andando sempre preparato al peggio, cercando di serbarsi sereno pur nel suo,…, pessimismo,…, ma sempre in linea subordinata a un ottimismo altrettanto e più forte, l’ottimismo senza il quale non sarebbe stato comunista.” (4)
Amerigo, entrando nel Cottolengo, sembra portarsi dietro i suoi ricordi nostalgici di un passato ormai storia, che nella sua memoria rappresentano i suoi pensieri di adesso: “…ricordava le sedi improvvisate dei partiti, piene di fumo, di rumore di ciclostili, di persone incappottate che facevano a gara nello slancio volontario (e questo era tutto vero, ma soltanto adesso a distanza di anni, egli poteva cominciare a vederlo, a farsene un’immagine, un mito).” (5)
L’importanza di questa citazione viene ulteriormente sottolineata da Calvino, che le dona il colore arancione del fuoco dell’entusiasmo, che ormai
(Op. cit. pag.3, capitolo I)
(Op. cit. pag.4, capitolo I)
(Op. cit. pag.4, capitolo I)
(Op. cit. pag.8-9, capitolo II)
(Op. cit. pag. 15, capitolo III)
appartiene al passato e il grigio del periodo a cui sta assistendo passivamente.
In alcuni tratti del testo, Calvino fa emergere l’ostinazione che Amerigo dimostra nell’affrontare questo difficile incarico, che sembra essere modesto se non si tiene conto delle terribili emozioni che si provano nell’ osservare le “inumane” condizioni in cui si trovano a vivere alcuni pazienti di questa “città nella città” ed è interessante notare come lo stesso protagonista affronti il problema di conciliare il suo impiego da scrutatore con la tristezza che caratterizza il luogo in cui deve svolgerlo: “(Amerigo scacciò dalla mente le facili immagini che il luogo evocava: attese di genitori campagnoli, panieri con qualche frutta,dialoghi tristi) e le finestre, alte, davano su un cortile,…, Amerigo diede appena un’occhiata e si distolse via dalle finestre).
Non voleva lasciarsi prendere dallo squallore dell’ambiente, e per far ciò si concentrava sullo squallore dei loro arnesi elettorali,…, perché questo per lui è uno squallore ricco, ricco di segni, di significati, magari in contrasto uno con l’altro”. (6)
Purtroppo questo tentativo di rifugiarsi nella ricchezza delle piccole cose non lo porta a distogliere i suoi pensieri dal luogo in cui si trova…”E come chi, tuffandosi nell’acqua fredda, s’è sforzato che il piacere di tuffarsi sta tutto in quell’impressione di gelo, e poi nuotando ritrova dentro di sé il calore e insieme il senso di quanto fredda e ostile è l’acqua, così Amerigo dopo tutte le operazioni mentali per trasformare dentro di sé lo squallore della sezione elettorale in un valore prezioso, era tornato a riconoscere che la prima impressione, di estraneità e freddezza di quell’ambiente, era giusta.” (7)
Un altro pensiero riesce a distoglierlo da quel mondo privo di bellezza, il ricordo dell’amata Lia: “(Rassegnato a passare tutta la giornata tra quelle creature opache, Amerigo sentiva un bisogno struggente di bellezza, che si concentrava nel pensiero della sua amica Lia. E quello che ora ricordava di Lia era la pelle, il colore, e soprattutto un punto del suo corpo, dove la schiena fa un arco netto e teso a percorrere con la mano, e poi subito s’alza dolcissima la curva dei fianchi, un punto in cui pareva si concentrasse la bellezza del mondo, lontanissima perduta).” (8)
Le sue numerose riflessioni, lo portano a comprendere la duplice funzione del Cottolengo, che oltre ad ospitare persone con gravi problemi fisici e mentali, è l’ambiente più adeguato allo sviluppo della legge-truffa: “Alle origini, anche qui doveva esserci stato (in un epoca in cui la miseria era
ancora senza speranza) il calore d’una pietà che pervadeva persone e cose,…, e doveva aver creato, tra soccorritori e derelitti, l’immagine di una società
(Op. cit. pag. 12, capitolo III)
(Op. cit. pag. 14, capitolo III)
(Op. cit. pag. 24-25, capitolo V)
diversa, in cui non era l’interesse che contava, ma la vita. (…) Ma adesso questo era un grande ente assistenziale-ospedaliero, dalle attrezzature certamente antiquate, che adempiva bene o male alle sue funzioni, al suo servizio, e per di più era diventato produttivo, in un modo che al tempo in cui era stato fondato nessuno avrebbe potuto immaginare: produceva voti.”(9)
L’autore non ci fornisce una descrizione fisica di Amerigo, forse proprio
perché vuole invitare il lettore ad interessarsi maggiormente al carattere del personaggio, indagato da Calvino grazie al supporto di numerose riflessioni e
meditazioni a cui si dedica Amerigo, inguaribile pessimista, che si sente quasi messo in trappola dal passato e dall’incombente futuro: “Era altro che cercava di fissare ora, non le immagini del passato e del futuro. Il passato (proprio per il fatto di avere un’immagine così compiuta nella quale non si poteva pensare di cambiare nulla…) gli pareva una gran trappola. E il futuro quando ci se ne fa un’immagine (cioè lo si annette al passato) diventa una trappola esso pure.” (10)
Durante la giornata, Amerigo vede apprestarsi al voto numerose persone, la maggior parte delle quali non crede in grado di esprimere un parere così importante per il futuro dello stato ed è proprio questa la trappola in cui si sente soffocare: “Amerigo , velocemente, pensò al Discorso della Montagna, alle varie interpretazioni dell’espressione “poveri di spirito” , a Sparta e ad Hitler che sopprimevano gli idioti e i deformi; pensò al concetto d’eguaglianza, secondo la tradizione cristiana e secondo i principi dell’89, poi alle lotte della democrazia durante tutto un secolo per imporre il suffragio universale, agli argomenti che imponeva la polemica reazionaria, pensò alla chiesa che da ostile era diventata favorevole; e ora al nuovo meccanismo elettorale della “legge-truffa” che avrebbe dato maggior potere al voto di quel povero idiota che al suo.” (11)
Infine è importantissimo notare il nome che Calvino ha dato al suo personaggio: “Amerigo Ormea”, quasi un viaggio attraverso la sua persona.
Il nome Amerigo infatti, si può ricondurre alla famosa figura di Amerigo Vespucci che, come il nostro personaggio affronta un viaggio alla scoperta della città imperfetta, viene ricordato come un grande esploratore alla ricerca di mondi nuovi.
Il cognome Ormea invece, è tipicamente piemontese e quindi in perfetta sintonia con il luogo in cui si svolge la vicenda; non di minore rilevanza è la sua lettura in chiave etimologica, dato che “ORMEA” potrebbe essere ricondotto ad “ORMEGGIO” e questo termine sottolinea il fatto che Amerigo sia saldamente attaccato alla realtà, con il suo profondo senso di pessimismo.
(Op. cit. pag. 16, capitolo III)
(Op. cit. pag. 80, capitolo XIV)
(Op. cit. pag. 20-21, capitoloIV)
Lo Spazio
Il primo capitolo de: “La giornata d’uno scrutatore” inizia proprio con la descrizione del quartiere di Torino intorno al Cottolengo: “Per raggiungere il seggio elettorale dov’era scrutatore, Amerigo seguiva un percorso di vie strette e arcuate, ricoperte ancora di vecchi selciati, lungo muri di case povere, certo fittamente abitate ma prive, in quell’alba domenicale, di qualsiasi segno di vita.” (1)
La descrizione delle stradine tetre, in cui cammina svelto Amerigo, sembra essere la presentazione ad un ambiente ancora più oscuro, dove la vicenda è incentrata: il Cottolengo di Torino, un enorme ospizio che offre rifugio ad infelici, minorati, deficienti e deformi.
Il Cottolengo appare così agli occhi di Amerigo: “L’istituto s’estendeva tra quartieri popolosi e poveri, per la superficie di un intero quartiere, comprendendo un insieme d’asili e ospedali e ospizi e scuole e conventi, quasi una città nella città. Cinta da mura e soggetta ad altre regole. I contorni ne erano irregolari, come un corpo ingrossato via via attraverso nuovi lasciati e costruzioni e iniziative: oltre le mura spuntavano tetti d’edifici e pinnacoli di chiese e chiome d’alberi e fumaioli; dove la pubblica via separava un corpo di costruzione dall’altro li collegavano gallerie sopraelevate, come in certi vecchi stabilimenti industriali, cresciuti seguendo intenti di praticità e non di bellezza, e anch’essi come questi, recinti da muri nudi e cancelli.” (2)
Questa descrizione è molto tetra e grigia, proprio perché deve simboleggiare la città dell’altro e del diverso: il mondo della sofferenza.
Inoltre il rapportare il Cottolengo alle “fabbriche”, sottolinea che tutto è stato creato al fine della funzione che si svolge al suo interno, dove la bruttezza dell’esterno dell’istituto rispecchia l’orrido che si nasconde al suo interno.
Del Cottolengo ci viene fornita anche una descrizione interna, quando Amerigo e i suoi colleghi scrutatori vanno a raccogliere gli ultimi voti, quelli delle monache che non potevano lasciare il letto: “Gli scrutatori avanzavano per lunghi dormitori, tra le file di baldacchini con le tende bianche, drappeggiate su qualche letto a incorniciare una vecchia monaca appoggiata ai cuscini, che sporgeva dalle coltri vestita e acconciata di tutto punto, fino all’ala fresca d’amido della cuffia. L’architettura conventuale (forse della metà del secolo passato, ma come senza tempo), l’arredo, gli abiti, facevano una vista che doveva essere la stessa in un monastero del seicento.” (3)

(Op. cit. pag.3, capitolo I)
(Op. cit. pag.6, capitolo II)
(Op. cit. pag.79, capitolo XIV)
Nel nome Cottolengo si nascondono molti eventi oscuri e si sommano: “un’immagine di sventura a un’immagine ridicola,…, e insieme di
provvidenza benefica, e insieme di potenza organizzativa, e adesso poi, con lo sfruttamento elettorale, d’oscurantismo, medioevo, malafede…” (4)
Probabilmente è proprio lo sfruttamento a pesare maggiormente per Amerigo, che vede inghiottiti nel buio delle parti più nascoste del Cottolengo, non solo “ creature nascoste che non si permette a nessuno di vedere “ (5),
ma anche il valore del suo voto, considerato meno importante di quello di un minorato, non in grado di comprendere la vera realtà delle cose.
(Op. cit. pag.7, capitolo II)
(Op. cit. pag.5, capitolo II)

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