malavoglia

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura

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Testo

I Malavoglia, scritto nel 1881 da Giovanni Verga, da quanto si apprende dalla prefazione del libro, doveva essere parte di un più articolato progetto, che l’autore stesso definiva “un lavoro che sembra bello e grande, una specie di fantasmagoria della lotta per la vita, che si estende dal cenciaiuolo, al ministro, all’artista, e assume tutte le forme, dall’ambizione all’avidità del guadagno, e si presta a mille rappresentazioni del grottesco umano».
Sempre nella prefazione Verga presenta il tema di fondo dello scritto: la rottura di un equilibrio dato dalla tradizione immobile e abitudinaria di una famiglia semplice di Aci Trezza, per l’irrompere di nuove forze, «la fiumana del progresso» scrive Verga, il desiderio di migliorare le condizioni di una vita grama, lasciando risplendere i luccichii della modernità nel buio fitto della tradizione antica.
I Malavoglia racconta la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese vicino a Catania. Protagonista del romanzo è tutto il paese, fatto di personaggi uniti da una stessa cultura ma divisi da antiche rivalità. Il centro di tutto è una barca da pesca: la barca dei Malavoglia chiamata "Provvidenza"; è la più vecchia del villaggio, ma aveva il nome di buon augurio. Era anche essa una persona nella famiglia esemplare dei Malavoglia, la più onesta e compatta del paese.
Intorno al gran tronco, il nonno Padron 'Ntoni, testa della casa, si stringono altre sette persone appartenenti a tre generazioni. Padron 'Ntoni e la Provvidenza sono i due poli di quel mondo domestico. Quando il maggiore dei nipoti, 'Ntoni, è tolto al lavoro per la leva di mare, il nonno tenta un affare, compra a credito una grossa partita di lupini, li carica sulla barca e li affida al figlio Bastianazzo perché li vada a vendere a Riposto. La barca di notte naufraga, Bastianazzo annega, i lupini sono perduti. La "Provvidenza" è gettata inutile sulla spiaggia. A Padron 'Ntoni rimane il debito dei lupini.
Dopo quella triplice sciagura, tutto sembra accanirsi contro i Toscano-Malavoglia: Luca, il secondo dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa; Maruzza, la nuora, muore nel colera del '67. Il debito dei lupini si mangia la casa, la cara «casa del nespolo» che era l'orgoglio, la ragione di vita del vecchio; e già il debito aveva impedito le nozze della nipote, la Mena, creatura di silenzio e sacrificio. Non è finita: un nuovo naufragio della "Provvidenza" rattoppata lascia Padron 'Ntoni inabile al lavoro. Il primogenito 'Ntoni, che da quando ha fatto servizio militare in continente non si rassegna alla miseria dei pescatori, si dà al contrabbando e finisce in galera dopo aver ferito un doganiere. Lia, la sorella minore, abbandona il paese e non torna più. Mena dovrà rinunciare a sposarsi con compare Alfio e rimarrà in casa ad accudire i figli di Alessi, il minore dei fratelli, che continuando a fare il pescatore, ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la «casa del nespolo» che era stata venduta.
Quando 'Ntoni, uscito di prigione, torna al paese, si rende conto di non poter restare perché si sente indegno del focolare domestico di cui ha profanato le leggi e la sacralità.
La presentazione dei componenti della famiglia viene fatta come se fosse un compaesano a parlare di loro, infatti si percepiscono degli elementi di critica nella loro descrizione; Padron 'Ntoni : è il patriarca della famiglia, un vecchio pescatore onesto e laborioso con una grande devozione al lavoro e alla famiglia. Ha la smania di pronunciare proverbi. Egli rappresenta il modello di piccolo proprietario ed è il simbolo dell'onestà, che si contrappone ai personaggi corrotti e agli usurai. Bastiano : chiamato "Bastianazzo" è il figlio di padron 'Ntoni ed è un gran lavoratore, buono e talmente ubbidiente e pronto ai comandi di suo padre che, dice Verga, "non si sarebbe soffiato il naso se suo padre non gli avesse detto 'soffiati il naso". Annega nel naufragio della "Provvidenza" nel 1865. Maruzza Longa : moglie di Bastianazzo è, da buona massaia, dedita principalmente a tessere, a salare le acciughe e a "far figliuoli". Si rivela un personaggio con un debole carattere ma con un forte cuore, distrutto a poco a poco dalle disgrazie. Muore di colera nel 1877. 'Ntoni : figlio maggiore di Bastianazzo e della Longa, è un ragazzo pigro e debole che viene vinto dall'egoismo individuale e mette in difficoltà tutta la famiglia con il proprio comportamento. Nella prima parte della vicenda rimane soprattutto in disparte, mentre nella parte centrale e finale del romanzo diviene quasi il protagonista con un comportamento nettamente antitetico rispetto a quello del nonno; infatti, la sua voglia di cambiare stato si contrappone nettamente alla filosofia del vecchio padron 'Ntoni, convinto nel fatto che "bisogna vivere come siamo nati" e persuaso dalla frase, molto cristiana, "più ricco è in terra chi meno desidera". Egli rappresenta quindi una figura estranea al mondo dei Malavoglia, tutti, o quasi, dediti al lavoro ed al sacrificio. Luca : il secondo dei figli di Bastianazzo e della Longa, è il ritratto del padre ed ha in quasi tutto il romanzo un ruolo marginale, quasi di comparsa. Muore nella battaglia di Lissa e per questo motivo assume però un ruolo determinante per il fatto che contribuisce a inserire il romanzo in un ambiente più ampio e reale, minato dalla ristrettezza del paese.
Mena : Filomena è la terzogenita tra i figli di Bastianazzo e la Longa ed è il ritratto di quest'ultima; insieme al fratello Alessi, è però colei che più si sacrifica e si impegna per risollevare le sorti della famiglia e infine decide di non sposarsi per rimanere accanto al fratello. Alessi : Alessio è invece il ritratto del nonno. Infatti, quando infine rimane solo con la Mena, sposa la Nunziata, prosperano e così ridanno impulso alla famiglia dei Malavoglia, ricomprando anche la vecchia casa del nespolo. È probabilmente il ragazzo più maturo della famiglia ed è grazie al suo onesto e incessante impegno, unito a quello del nonno, che la famiglia riesce a superare alcuni momenti duri e difficili. Lia : Rosalia è l'ultima nipote di padron 'Ntoni e somiglia molto al fratello; a causa del suo cattivo esempio diviene vana e apatica. Infine si avvilisce per le gravi dicerie della voce pubblica sul suo conto ed abbandona la famiglia.
L'ambiente è rappresentato da Verga con una fusione tra reale e simbolico, poiché mentre egli ripone molta cura nel puntualizzare il luogo della vicenda e nell'evidenziare le zone sociali di massima importanza per il paese, cioè la piazza, l'osteria, il lavatoio ecc., non esce mai dai confini di Aci Trezza e non si preoccupa nemmeno di offrire al lettore una descrizione del paese, contribuendo a creare un alone quasi misterioso e oscuro sull'ambiente in cui la vicenda prende luogo. Quindi, anche se è possibile riscontrare l'esistenza del paese nella realtà, rimane su di esso un contorno astratto che rende il tutto quasi simbolico. Infatti Verga cerca probabilmente di ricreare un modello di vita sociale della Sicilia, ed in generale di tutto il mezzogiorno, e riesce in modo molto chiaro a far comprendere la posizione in cui si trovava il meridione in quel tempo, cioè ancora ancorata alle proprie radici e quindi del tutto antitetica rispetto ad un nord in pieno sviluppo industriale.
La vicenda ha luogo in un periodo di tempo di circa quindici anni, che va precisamente dal dicembre1863 al 1878. E' questo il periodo subito precedente la conquista del Regno delle Due Sicilie e della proclamazione del Regno d'Italia, della Terza guerra d'indipendenza (con le sconfitte a Custoza ed a Lissa), del "trasformismo" e delle rivolte sociali nel nord. Un periodo quindi molto intenso sia dal punto di vista politico, storico e sociale del quale Verga evidenzia soprattutto gli avvenimenti del sud Italia; infatti ricorda l'epidemia di colera del 1867, la costruzione delle reti ferroviarie, il ricordo dei Borboni ma anche il contrasto tra clericali e repubblicani, che emerge anche nel piccolo paese di Aci Trezza tra don Giammaria e don Franco, i due intellettuali del luogo.
Fra i temi, oltre a quello principale citato all’inizio del desiderio di star meglio che spinge padron 'Ntoni a tentare l’affare dei lupini e il giovane 'Ntoni a cercare fortuna lontano: tentativi entrambi falliti di uscire dalla condizione assegnata dal destino, si possono riconoscere La brutalità della lotta per la sopravvivenza, dominata da un’ineluttabile legge economica; La religione della famiglia, l’attaccamento al focolare e agli affetti, unica difesa possibile contro l’avidità del mondo, a patto che si accontenti di quello che si ha; questo tema è sottolineato dai personaggi stessi, ad esempio quando padron ‘Ntoni quasi sul punto di morire, raccomanda di non vendere la Provvidenza e di cercare in tutti i modi di riavere la casa del nespolo, poiché vuole cercare di mantenere unita la famiglia per affrontare con maggiore forza le avversità della vita. Inoltre, l’impossibilità di staccarsi dal proprio ambiente e dalla propria condizione, pena la rovina ed infine, tema secondario ma riscontrabile quello del matrimonio e dell’amore; Ne "I Malavoglia" i matrimoni sono tutti combinati, generalmente dai padri dei promessi, sulla base della classe sociale di appartenenza e di calcoli puramente economici.
La donna è vista unicamente come un oggetto di scambio, i suoi sentimenti non vengono tenuti in nessun conto, gli uomini cercano di ricavare un buon guadagno dal proprio matrimonio. Per esempio il matrimonio tra Brasi Cipolla e Mena è immediatamente annullato quando lei perde la sua dote; Per le donne di Aci Trezza la maggiore occupazione, oltre a quella di tenere in ordine la casa, è quella di trovare marito per sé o per le loro figlie.
Raramente i futuri sposi sono felici nella vita coniugale, unica eccezione a questi matrimoni di convenienza è in parte quello di Alessi con Nunziata poiché loro si vogliono bene, ma è anche vero che erano quasi destinati a sposarsi poiché come livello sociale erano più o meno sullo stesso piano e sin da piccoli erano sempre stati insieme.
Durante la narrazione Verga non esprime mai esplicitamente i propri giudizi, ma essi risultano comunque percepibili. Tutto il racconto si basa sul punto di vista dei paesani che , sostituiscono il suo pensiero.
Verga non esprime opinioni sui propri personaggi, ma è possibile notare comprensione nell’atteggiamento di padron ‘Ntoni, Alessi e Mena, disprezzo nei confronti degli amministratori locali (don Silvestro), antipatia nella politica rivolta solo all’utile dello zio Crocifisso e incomprensione nei confronti di ‘Ntoni, che non riesce a capacitarsi che i suoi desideri siano irrealizzabili.
Con “I Malavoglia” Verga voleva intervenire nel dibattito culturale e politico, per evidenziare i problemi apportati in Sicilia dal progresso e dall’industrializzazione.
Il racconto è narrato in terza persona e l'autore non si rivolge mai direttamente al lettore o a altre persone.
Il linguaggio usato da Verga è molto speciale e vicino al nostro modo di parlare. Può essere definito speciale perchè è un incontro tra il siciliano e l'italiano, o meglio un italiano parlato dai siciliani di una certa cultura e quindi con varie sfumature del dialetto. Sono quindi conservate alcune espressioni siciliane, mentre i tipici proverbi siciliani sono tradotti in italiano.
Il registro adottato è una chiave importante del romanzo, che rispecchia gli intenti di Verga. Infatti Verga utilizza un registro allo stesso tempo semplice, ricercato e caratterizzato da espressioni popolari, che riesce a far nascere nel lettore la sensazione di vivere le vicende di Aci Trezza e dei suoi paesani.
Verga si esprime in modo molto realistico che riesce a catturare l’attenzione del lettore e ad immergerlo nell’atmosfera di Aci Trezza. Questo realismo è dovuto soprattutto ai numerosi personaggi che Verga ha voluto schierare davanti al lettore, consapevole che questo avrebbe creato una notevole confusione in quest’ultimo. Ma questa confusione è necessaria per dare una visione completa della realtà.
Iniziando la lettura dell'opera è facile trovare difficoltà ad entrare nel confuso mondo dei Aci Trezza; Il romanzo rivela così, attraverso la storia della famiglia Toscano, e di fatto di tutto il paese, il tramonto di una civiltà, quella civiltà che si fondava sulla figura del patriarca e che necessitava di poche cose semplici. Ma allo stesso tempo segna l'ascesa di un'altra era, quella basata sul progresso, un progresso che migliora le condizioni di vita delle persone ma che fa nascere in loro futili desideri, che spesso conducono alla rovina.
Il linguaggio adottato da Verga per il proprio romanzo risulta particolarmente efficace e, anche se in un primo momento può apparire complesso, si rivela in realtà semplice e piacevole. Infatti ciò che provoca confusione nel lettore non è il linguaggio, ma bensì lo schema narrativo del romanzo, con la grande moltitudine di personaggi presentati senza una descrizione, e le costruzioni dei periodi, a volte complicate perchè di chiaro stampo regionale. Ma Verga riesce con questo speciale linguaggio, che fonde il siciliano con l'italiano, a conferire al romanzo un grande realismo ed a salvaguardare la neonata unità della penisola anche dal punto di vista linguistico.

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