Ecologia

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INDICE ANALITICO

1. ORIGINE DELLE AREE PROTETTE: BREVI CENNI. 3
2. PARCHI E AREE PROTETTE: UNA CLASSIFICAZIONE. 4
3. LE AREE PROTETTE IN ITALIA: ALCUNI DATI 7
4. IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO. 9
4.1 I PARCHI NAZIONALI COME POLITICA AMBIENTALE
4.2 L'ATTUAZIONE DELLA LEGGE QUADRO SUI PARCHI
4.3 I PARCHI E LA RIFORMA AMMINISTRATIVA: LA LEGGE BASSANINI
4.4 STATUTO
5. IL DIRITTO COMUNITARIO. 17
6. IL DIRITTO INTERNAZIONALE. 18
7. DELEGAZIONE LIGURIA. IL WWF NELLA REGIONE 19
7.1 SETTORE CONSERVAZIONE
8. PARCHI E RISERVE DELLA LIGURIA 20
8.1 PARCO NATURALE REGIONALE DELLE CINQUE TERRE
8.2 PARCO NATURALE REGIONALE DELL'AVETO
8.3 PARCO NATURALE REGIONALE DI PORTOFINO
8.4 PARCO NATURALE REGIONALE MONTEMARCELLO-MAGRA
9. PARCHI DELLA TOSCANA 29
9.1 PARCO ALPI APUANE
9.2 PARCO DI MIGLIARINO, S. ROSSORE, MASSACIUCCOLI
9.3 PARCO DELLA MEREMMA
10. PARCHI NATURALI DEL TRENTINO 35
10.1 PARCO NATURALE PANEVEGGIO PALE DI SAN MARTINO
10.2 PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO
11. PARCHI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA 38
11.1 PARCO NATURALE REGIONALE DELLE DOLOMITI D'AMPEZZO
11.2 PARCO NATURALE REGIONALE DELLE DOLOMITI FRIULANE
12. PARCHI DEL PIEMONTE 42
12.1 PARCO NATURALE DELL'ARGENTERA
12.2 RISERVA NATURALE BOSCO E LAGHI DI PALANFRE'
13. ALTRI PARCHI 47
13.1 PARCO NAZIONALE DEL POLLINO
13.2 PARCO DEL DELTA
14. BIBLIOGRAFIA 50
1. ORIGINE DELLE AREE PROTETTE: brevi cenni.

L'interesse delle popolazioni per la difesa degli ambienti naturali da un uso distruttivo delle risorse presenti è notevolmente aumentato in concomitanza del peggioramento della qualità della vita soprattutto negli agglomerati urbani, nelle zone industrializzate e, più in generale, laddove esistono fonti d’inquinamento di diverso tipo. In Italia, il tema della conservazione della natura, a lungo, trascurato, ha conquistato l'interesse dei cittadini e dei decisori pubblici a partire dai primi anni settanta che in ogni modo deve tenere conto anche dei problemi sociali economiche culturali delle popolazioni residenti.
I primi movimenti d’opinione, per un'amministrazione più corretta delle risorse naturali e per una differenziazione degli obiettivi di gestione nascono in alcune parti dell'Europa e negli Stati Uniti agli inizi del XIX secolo. Questi, sorretti da associazioni naturalistiche e culturali, determinano una discreta opera di sensibilizzazione nell'opinione pubblica, tanto è vero che nel 1864, per la prima volta, un'ampia area di proprietà demaniale (lo YOSEMITE VALLEY), è riservata alla popolazione dello Stato della California per scopi ricreativi. Meno di dieci anni dopo, nel 1872, è istituito negli Stati Uniti il Parco di Yellowstone, il più antico parco nazionale dell'era moderna.
Con L’istituzione di Parchi Nazionali e riserve naturali, possono entrare in conflitto altri possibili usi del territorio e delle risorse, soprattutto nelle zone relativamente isolate e scarsamente abitate, spesso soggette a tutela ambientale. Queste aree possono essere utilizzate per esercitazioni militari, come avviene in quattro dei 10 parchi Nazionali presenti in Gran Bretagna, per costruire centrali idroelettriche e nucleare, o per sfruttare economicamente risorse minerali e forestali, come in Tasmania e nell’Isola del Sud (in Nuova Zelanda).Negli anni Settanta e Ottanta la sopravvivenza degli elefanti nei parchi africani fu minacciata dalla caccia di frodo e nel parco dell’Amazzonia, in Brasile, le comunità locali si scontrano spesso con cercatori di minerali. Nei parchi dove l’attività estrattiva e la produzione d’energia elettrica e altre attività su larga scala sono permesse, esiste un controllo accurato volto a mantenere l’inquinamento al minimo.
In Italia il primo parco nazionale è quello del Gran Paradiso, istituito nel 1922 con R.D.L. n. 1584, già tutelato dalle Regie Patenti dal 1821, Riserva reale di caccia dal 1856 per volontà di Vittorio Emanuele II. La data d’istituzione del Parco è da considerarsi storica per il nostro Paese, sebbene il concetto di parco non sia stato sufficientemente recepito dall'opinione pubblica e i tempi non siano ancora maturi politicamente. Nasce da lì a breve anche il parco nazionale d'Abruzzo, progettato agli inizi del secolo e realizzato attraverso un ente privato. In seguito furono istituiti il Parco del Gran Paradiso. Estranei all'economia e alla società, gestiti in forma repressiva senza però impedire il bracconaggio e le manomissioni, i parchi nazionali attraversano un periodo tristissimo. L'ostilità e i pregiudizi delle popolazioni locali non si attenuarono nel dopoguerra. Anche dopo il ritorno all'autonomia della gestione i parchi del Gran Paradiso e d'Abruzzo ebbero anni di stenti, d’incomprensioni; i parchi esistenti, con la sola eccezione del parco d'Abruzzo, riuscirono a dare limitati benefici alle popolazioni locali, martellate da una propaganda che metteva l'accento su divieti e regolamenti burocraticamente fastidiosi.
Salvaguardare i paradisi naturali non è facile, soprattutto in paesi dove i governi considerano inutili proposte che possano impedire uno sviluppo economico. In quest’ambito sono importanti gli interventi d’associazioni quali, l’UNESCO, l’UNEP, e la FAO che sostengono anche finanziariamente i parchi nazionali e le riserve naturali.
2. PARCHI E AREE PROTETTE: UNA CLASSIFICAZIONE.

In Italia si parla comunemente di parchi, riserve naturali, oasi faunistiche, ma la terminologia è tuttora oggetto di discussione.
Espressiva appare la definizione di "parco" data da Giacomini e Romani (1982), in base alla quale il parco è l'assetto giuridico amministrativo di un insieme territoriale, in virtù delle cui finalità totali e specifiche, la salvaguardia e lo sviluppo degli elementi naturali ed umani che lo costituiscono sono promossi e disciplinati in un regime di reciproca compatibilità.
Secondo gli esperti del Comitato per i parchi nazionali e le riserve sono però opportuno procedere ad alcune distinzioni:
Parchi nazionali: sono "aree di eccezionale importanza e complessità naturalistica, di vasta estensione e di valore e interesse internazionali, rappresentative di ambienti unici o tipici di un certo territorio, famosi anche per la presenza di particolari entità o associazioni vegetali o animali". Ogni parco nazionale ha la sua particolare regolamentazione che stabilisce anche i limiti territoriali quantitativi, o qualitativi delle modifiche apportabili all'ambiente per lo sviluppo controllato del turismo e delle altre attività umane.
Parchi regionali sono "aree di notevole estensione, spesso coincidenti con un comprensorio naturale non ancora trasformato, dalla civiltà industriale metropolitana, idoneo per vocazione ad assolvere finalità composite, tra le quali, accanto all’esigenza prioritaria della conservazione, trovino giusto posto anche gli scopi della ricreazione, dell’educazione e del tempo libero". Spesso per dette aree, in sede di istituzione, è stata prevista la realizzazione di appositi piani di conservazione e di sviluppo, alcuni dei quali presentano ricorso ad una suddivisione del territorio in zone omogenee sottoposte a vari gradi di tutela: da quell’integrale, a quella guidata, alla zona preparco in cui sono ammesse le infrastrutture ricettive per il turismo, quelle ricreative, sportive etc.
Riserve naturali e rifugi faunistici: sono "aree di estensione limitata, a volte addirittura identificabili con un singolo biotopo, fenomeno o entità naturale, pregevoli sul piano ecologico e paesaggistico, espressive dal punto di vista scientifico e rappresentative di aspetti di determinati territori".
Ne sono un esempio: le riserve naturali integrali, in cui l'accesso ai visitatori è vietato e l'ecosistema è lasciato all'evoluzione naturale, costituendo pertanto un modello per la gestione "naturalistica" delle aree circostanti; le riserva naturali orientate, in cui sono effettuati interventi guidati da parte dell'uomo, allo scopo di "orientare" l'evoluzione dell'ecosistema verso un determinato modello culturale; le riserve biogenetiche, istituite allo scopo di conservare particolari caratteristiche genetiche delle specie che vivono al loro interno, o perché queste sono in pericolo di estinzione o per riprodurle e riutilizzarle; e le riserve faunistiche, che proteggono l'ambiente vitale per determinate specie animali.
Proprio per la loro specifica natura, le riserve naturali sono generalmente inserite in un'area tutelata più ampia e con diverse finalità istitutive.
L'U.I.N.C. (Union International Nature Conservation, Organizzazione internazionale non governativa specializzata nei problemi della conservazione della natura), attraverso la C.P.N.A.P. (Commission Parcs National and Areas Protected) ha redatto un documento di base secondo cui i parchi nazionali, qualora ufficialmente riconosciuti, rientrano fra le categorie di aree protette sotto la diretta sorveglianza internazionale. La dizione parco nazionale, deve essere limitata esclusivamente a territori che rispondono ai seguenti requisiti:
• Una sufficiente estensione;
• La presenza di uno o più ecosistemi poco, o affatto alterati dall'uomo in cui anche le utilizzazioni in epoche remote non hanno inciso significativamente sugli habitat delle consociazioni vegetali e sulla presenza degli animali. Il territorio dovrà risultare particolarmente interessante dal punto di vista estetico, scientifico, didattico e ricreativo;
• Il divieto da parte della più alta autorità del Paese di utilizzazione ed occupazione su tutta la superficie e l'impegno a rimuovere eventuali occupazioni preesistenti;
• L'accesso al pubblico è consentito, previa autorizzazione, per scopi ricreativi, educativi e culturali.
Secondo l'U.I.N.C., sono inoltre vietate le utilizzazioni delle risorse naturali e in particolare l'estrazione di risorse minerali; i tagli del bosco, la raccolta di altri tipi di vegetazione, l'allevamento di animali, la costruzione di sbarramenti per l'irrigazione oppure per scopi idroelettrici, le colture agricole, la caccia, la pesca etc. Sono ammesse attività antropiche quando queste costituiscono parte integrante del patrimonio culturale di un particolare ambiente da proteggere; sono ammesse le attività esistenti de facto, oppure acquisite di diritto dalle popolazioni residenti ancor prima dell'istituzione del parco, a condizione però che queste non interessino una parte troppo elevata della superficie totale dell'area del parco; sono ammesse le attività necessarie alla gestione del territorio protetto e quelle necessarie ad un equilibrato sviluppo turistico-ricreativo della zona.
I territori classificati "parchi nazionali" possono includere:
• Aree in cui la protezione è integrale;
• Aree antropologiche protette (qualora esistano);
• Aree protette da interesse storico o archeologico (qualora esistano).
Ogni parco deve avere un suo piano che suddivide il territorio in zone (A, riserva integrale; B, riserva generale; C, di protezione; D, sviluppo). Ma la suddivisione in zone non è tutto, molto dipende dai modi con cui la "zonizzazione" è applicata e dagli indirizzi che l'hanno suggerita.
Il quadro offerto dalla legislazione regionale antecedente alla legge quadro con riferimento al problema dell'individuazione delle aree sulle quali istituire parchi e riserve è sufficientemente articolato. Alcune Regioni prevedono un piano regionale delle aree protette, formulato con il supporto di apposito organo tecnico, il quale esprime pareri (Piemonte) o proposte (Lombardia). Altre Regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna) fanno riferimento al piano territoriale urbanistico della Regione.
In sostanza l’istituzione di parchi e delle riserve avviene sempre per determinazione dell'organo politico (si tratta quasi sempre di legge regionale), ma la programmazione, o se si preferisce il piano per l’individuazione delle aree protette, si avvale molto dell'apporto di appositi organi tecnici.
Il programma per la creazione, di aree naturali protette è adottato dal Comitato, sentita la Consulta e sulla base della Carta della natura predisposta dai Servizi tecnici nazionali, la quale individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia, evidenziando i valori naturali ed i profili di vulnerabilità territoriale.
Il programma, innanzi tutto, identifica le linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali ed ambientali e svolge inoltre i seguenti compiti:
• Specifica i territori che formano oggetto del sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale, operando la necessaria delimitazione dei confini;
• Indica il termine per l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento e la modifica di quelle esistenti, individuando la delimitazione di massima delle aree stesse;
• Definisce il riparto delle disponibilità finanziarie per ciascun’area e per ciascun servizio finanziario;
• Prevede contributi in conto capitale per le attività nelle aree naturali protette istituite dalle Regioni relativi all'istituzione di dette aree;
• Determina i criteri e gli indirizzi di gestione delle aree protette nell'attuazione del programma per quanto di loro competenza, compresi i compiti relativi all'informazione ed all'Educazione Ambientale delle popolazioni interessate, sulla base dell'esigenza di unitarietà delle aree da proteggere.
La differente realtà ambientale delle aree protette impone la necessità di differenziare per categorie le aree stesse, in modo da assicurare da un lato sufficiente omogeneità di raggruppamento, in base a caratteri comuni, e d'altro lato corrispondenza piena tra caratteristiche dell'area e strumenti di protezione. La classificazione delle aree protette tiene conto di due fattori diversi: l'ampiezza dell'area da proteggere e il differenziato regime di tutela. In ordine di ampiezza, i parchi naturali costituiscono le più ampie aree di protezione, le riserve naturali e le zone di particolare rilevanza ambientale sono di regola medie aree di protezione, i monumenti naturali corrispondono a beni di piccola entità e superficie. Il regime di protezione, infatti, deve essere direttamente proporzionale alle qualità intrinseche del bene ambientale. E' questa un’immediata conseguenza del concetto di bene ambientale, costituito non dalla somma di singole cose unitarie, ma da un valore di interesse pubblico che accomuna le cose stesse in un unico complesso. La politica di protezione quindi deve stabilire quali attività umane vadano escluse, in quanto incompatibili con gli obiettivi di interesse pubblico collettivo alla conservazione e al potenziamento del bene ambientale.
Da quanto esposto discende che a maggiore valore naturalistico deve corrispondere maggiore protezione, nonché maggiore limitazione alle attività antropiche e viceversa. La protezione per il parco naturale assume, dunque, una duplice funzione: da un lato la tutela delle singole componenti di particolare pregio ambientale, dall'altro la tutela, il coordinamento, il recupero dell'ambiente nel suo insieme unitario di aree, normalmente composite e di differente rilievo naturalistico.
3. LE AREE PROTETTE IN ITALIA: alcuni dati

In Italia, come riporta l’elenco ufficiale del Ministero dell’Ambiente aggiornato al giugno del 1997
Troviamo 1.241.488 ettari del territorio occupati da Parchi Nazionali, 749.936 ettari occupati da altre aree protette; per un totale di 1.991.424.

I parchi nazionali comprendono:
• Gran Paradiso, il primo parco nazionale italiano, istituito nel 1922 e ampliato nel 1979, 70.200 ha, di cui 32.500 in Piemonte e 37.700 in Valle d'Aosta, confinante con il parco nazionale francese della Vanoise; ambiente di tipo alpino, connotato dal massiccio del Gran Paradiso;
• Abruzzo, istituito nel 1923 ed ampliato nel 1990, 43.950 ha di cui la maggior parte (32.000 ha) in Abruzzo, il resto (4.400 e 7.550 ha) rispettivamente in Molise e nel Lazio; territorio montano dell'Appennino centrale;
• Circeo, istituito nel 1934, 8.622 ha, interamente nel Lazio, parco costiero con proiezione insulare, caratterizzato da una molteplicità di ambienti di elevato valore paesaggistico e scientifico;
• Stelvio, istituito nel 1935 e ampliato nel 1978, 115.271 ha, di cui 61.824 in Lombardia e 53.447 in Trentino-Alto Adige, grande area montuosa di elevato interesse geologico, comprendente il più grande ghiacciaio italiano;
• Calabria, istituito nel 1968, 15.894 ha, in Calabria, formato da tre zone staccate: Sila Grande (7.000 ha) caratterizzata di una morfologia dolce, costituita essenzialmente da rocce cristalline e pascoli; Sila Piccola (5.700 ha) caratterizzata da foreste, numerosi corsi d'acqua e varietà di specie vegetazionali; Aspromonte (3.200 ha) caratterizzato da vasti terrazzi degradanti verso il mare con una vegetazione di foreste di pini;
• Pollino, istituito nel 1990, 196.437 ha, di cui 93.500 in Calabria e 102.937 in Basilicata, grande massiccio con formazioni calcareo-dolomitiche, ricco di foreste;
• Dolomiti Bellunesi, istituito nel 1990, 31.000 ha, nel Veneto, gruppo di rilievi rocciosi dolomitici sulla riva destra della Valle del Piave;
• Monti Sibillini, istituito nel 1990, 71.314 ha, di cui 17.800 in Umbria e 53.514 nelle Marche, grande massiccio calcareo dell'Appennino centrale, spartiacque tra i mari Tirreno e Adriatico;
• Arcipelago Toscano, istituito nel 1989, 67.500 ha, di cui 3.419 ha di terraferma, isole di elevato pregio naturalistico, paesaggistico e storico-culturale;
• Foreste Casentinesi, istituito nel 1990, 35.370 ha, di cui 17.720 in Toscana e 17.650 in Emilia Romagna, importante ecosistema forestale appenninico;
• Val Grande, istituito nel l1991, 50.000 ha, in Piemonte, bacino orografico nel settore meridionale delle Alpi al limite del bacino del Lago Maggiore, tra le più vaste aree wilderness in Italia;
• Cilento e Vallo di Diano, istituito nel 1991, 100.000 ha, in Campania, comprendente la catena calcarea dei Monti del Cilento nell'Appennino centrale e il Vallo di Diano, singolare realtà ambientale che ha conservato integre le sue caratteristiche ambientali e territoriali;
• Gargano, istituito nel 1991, 30.000 ha, in Puglia vasto altopiano il cui settore orientale è occupato dalla foresta umbra;
• Gran Sasso e Monti della Laga, istituito nel 1991, 85.000 ha, nell'Appennino centrale, comprendente la catena calcarea del Gran Sasso e la catena dei Monti della Laga, unico massiccio non calcareo dell'Appennino centrale;
• Maiella, istituito nel 1991, 60.000 ha, in Abruzzo, massiccio calcareo inciso da una dozzina di grandi canyon;
• Vesuvio, istituito nel 1991, 12.000 ha, in Campania, circoscrive per intero l'area vulcanica del Monte Somma-Vesuvio, a breve distanza da Napoli, paesaggio vulcanico tra i più famosi del mondo;
• Gennargentu e Golfo di Orosei, 100.000 ha, in Sardegna, grande area di natura selvaggia comprendente le tre zone del massiccio del Gennargentu, del Supramonte, e il Golfo di Orosei, ambiente geologico vario, con prevalenza di calcari e dolomie, paesaggio aspro e caratterizzato dalla presenza di fenomeni carsici;
• Isola dell'Asinara, 5.190 ha, in Sardegna, un'area ad alta naturalità con flora e fauna marine rare (la destinazione dell'isola è da più di 100 anni a carcere speciale).
4. IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO.
L'organizzazione dello Stato in Regioni, prevista dalla Costituzione, che ha trovato attuazione a partire dagli anni Settanta e si è completata con il DPR 24 luglio 1977, n. 616, ha comportato tra l'altro, il trasferimento alle Regioni delle competenze relative alla protezione della natura, alle riserve e parchi naturali e all'urbanistica. I parchi nazionali e le riserve naturali di importanza nazionale sono rimaste di competenza dello Stato, così come la protezione del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico. Per ogni parco nazionale una apposita legge istitutiva definisce le finalità, la regolamentazione delle attività, il regime autorizzativo e la struttura dell'ente di gestione.
Nello stesso anno 1922 in cui ebbe inizio l'istituzione dei parchi nazionali, fu promulgata in Italia la prima legge sulla protezione del paesaggio e dei siti naturali, ispirata ad una concezione di tutela di elementi eccezionali per il loro valore essenzialmente estetico ed educativo - modificata con la legge 29 giugno 1939, n. 1497 sulla protezione delle bellezze naturali, tuttora vigente e integrata con la legge 8 agosto 1985, n. 431.
La tutela della natura e del paesaggio nasce e resta per lungo tempo in Italia separata dalla pianificazione del territorio. Storia, arte, paesaggio e natura, da una parte, e città e territorio dall'altra restarono separati in sfere autonome, affidati a responsabilità di diverso livello di governo (centrale e locale) e gestiti con strumenti diversi (vincoli legali e piani). A partire dagli anni sessanta, furono predisposte numerose proposte legislative di iniziativa parlamentare o di organismi scientifici e ambientalisti per una legge quadro nazionale sulle aree protette.
Un sintetico richiamo delle principali tappe dell'iter legislativo che ha portato solo nel 1991 all'approvazione della legge-quadro nazionale può dare conto dell'evoluzione culturale e politica che la protezione delle aree naturali ha subito nel tempo, a partire dalla proposta di legge Ciffarelli del 1970, che ha rappresentato la traccia per successivi progetti
Nel 1986 l'istituzione del ministero dell'Ambiente consente di recuperare parte del ritardo accumulato nei riguardi degli altri paesi europei. Per quanto concerne le aree protette, il risultato più concreto è rappresentato dall'istituzione, tra il 1986 e il 1989, di sei nuovi parchi nazionali. Nel 1991 giunge all'approvazione la legge-quadro 6 dicembre 1991, n. 394 sulle aree protette.
In Italia, la legge quadro del 1994 assegna in generale alle aree protette un ampio ventaglio di finalità, tra cui quella dell’applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali.
Con la regionalizzazione, compiutasi alla metà degli anni Settanta, ha preso avvio in Italia l'attività di produzione legislativa regionale e di istituzione e gestione dei parchi naturali. Molte regioni hanno introdotto la pianificazione dei parchi naturali, quasi vent'anni in anticipo rispetto alla legislazione nazionale.
Oggi, è notevolmente diversificata la mappa delle aree protette tra le varie regioni: si evidenzia una concentrazione di aree protette nel settore settentrionale (il 68,7% dei parchi regionali complessivi), mentre i settori centrale e meridionale mostrano mancanze (rispettivamente, il 14% e il 17,3% dei parchi regionali complessivi). I tipi di ambiente tutelati a livello regionale sono in netta prevalenza montani; circa il 69% delle aree protette complessive comprende, infatti, ambiti montani o alpini, e fluviali e soltanto il 2% circa comprende aree costiere e insulari, nonostante la grande estensione del sistema costiero ed il significativo patrimonio insulare.
Notevole rilevanza ha assunto inoltre l'attività di pianificazione dei parchi, divenuta in alcune regioni prassi ordinaria. Spiccano, per l'attività di pianificazione, le regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, provincia di Trento, Toscana, Friuli Venezia Giulia, mentre non hanno ancora avviato la pianificazione le regioni meridionali e numerose regioni dell'Italia centrale. Diversificate, anche nell'ambito della stessa regione sono poi le forme di gestione delle aree protette, anche se accomunate da una rappresentanza delle popolazioni locali all'interno degli organismi di gestione.
4.1 I PARCHI NAZIONALI COME POLITICA AMBIENTALE.
In Italia, la pianificazione paesistica è ufficialmente introdotta con la legge 29 giugno 1939, n. 1497, volta alla tutela delle cosiddette "bellezze naturali, ma i piani paesistici predisposti in base alla legge 1497/1939 sono pochissimi e molto circoscritti e soltanto con la legge 8 agosto 1985, n. 431 (la cosiddetta legge Galasso, dal nome del suo autorevole proponente), la pianificazione paesistica prende concreto avvio su gran parte del territorio nazionale. » solo con tale legge che la tutela ambientale acquista piena rilevanza urbanistica, territoriale e socioeconomica, entrando a connotare obbligatoriamente la pianificazione generale del territorio. Ciò è tanto più importante in quanto, come la stessa legge precisa, il campo di attenzione, ai fini della disciplina d'uso e di valorizzazione ambientale che i piani debbono assicurare, è enormemente più vasto di quello che era in precedenza costituito dagli scarni elenchi di beni tutelati in base alla legge 1497/1939. Esso abbraccia obbligatoriamente una molteplicità di beni - come le fasce costiere, i corsi d'acqua, la montagna oltre i 1.600 metri s.l.m., i ghiacciai e i circhi glaciali, i parchi e le foreste, le zone umide etc. - ampiamente diramati sul territorio, e finisce quasi sempre per coincidere appunto con la maggior parte del territorio complessivo.
La pianificazione delle aree protette, e in particolare dei parchi naturali, deve essenzialmente la sua specificità al fatto che gli ambiti interessati, pur nella loro diversità, sono sempre caratterizzati da qualche forma di protezione istituzionale per il particolare valore delle risorse naturali, degli ecosistemi e dei paesaggi ospitati. Sebbene in tutto il mondo le aree protette rappresentino tuttora una quota relativamente modesta della superficie delle terre emerse e anche dei territori abitati, il loro sviluppo in Europa negli ultimi decenni è stato spettacolare
Secondo indagini svolte a livello europeo, il numero dei parchi è aumentato da circa 60 negli anni cinquanta a oltre 600 nel 1995, mentre la loro superficie complessiva si è estesa da poco più di 20.000 kmq a quasi 250.000 kmq (pari a circa il 5% della superficie territoriale complessiva dei paesi interessati): un aumento, di circa 10 volte i valori precedenti. Anche in Italia la superficie protetta è più che decuplicata dai primi anni settanta ai primi anni novanta, mentre il numero è passato da poche unità (i cinque parchi storici) ad oltre un centinaio.
Simile andamento ha conosciuto un'impennata nell'ultimo decennio, nel corso del quale si è assistito ad una crescita del 40% dei parchi europei a cui hanno contribuito in misura determinante i paesi meridionali; mentre i paesi dell'Europa centrale avevano invece svolto un ruolo più importante nei decenni precedenti.
La tendenza a intervenire positivamente sui paesaggi e gli ambienti da tutelare sembra destinata a rafforzarsi non soltanto in alternativa alla conservazione (cioè per le aree o le risorse riconosciute non meritevoli di tutela conservativa) ma anche, sempre più spesso, in appoggio alla conservazione.
La diffusione dei parchi naturali tende a intrecciare sempre più problemi di tutela e conservazione degli spazi naturali con quelli dello sviluppo socioeconomico, urbano e produttivo, e quindi dell'organizzazione e dell'uso del territorio. E' un intreccio che si fa sentire prima di tutto all'interno delle aree protette, in cui occorre ormai affrontare problemi di gestione assai diversi da quelli che caratterizzavano la gestione dei parchi storici fino a non molti decenni addietro. In linea generale, è facile osservare che l'esigenza della pianificazione è tanto più avvertita quanto più le aree protette presentano disomogeneità e problemi interni o di confine, quanto più elevata (anche se circoscritta ad ambiti limitati) è la pressione antropica, quanto più attiva è la politica di tutela e di valorizzazione desiderata. Tali problemi sono destinati ad assumere una crescente rilevanza nella gestione dei parchi e in genere nelle politiche ambientali.
Aspetto qualificante della l. 8/8/1985 n. 431 è appunto la rivalutazione del piano come strumento essenziale di gestione della tutela ambientale: che si traduce nell'obbligo per le regioni, con riferimento ai beni e alle aree da tutelare, di sottoporre a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio, mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali (art.1 bis). La pianificazione dei parchi e degli spazi naturali sta assumendo in Europa - ed anche in Italia un'importanza crescente.
Ci si può dunque chiedere quanto ciò sia dovuto ai fattori generali che hanno determinato l'emergere di quella domanda ambientale di pianificazione e quanto invece dipenda da fattori più direttamente interessanti i parchi e le aree protette.
Tra questi ultimi si riconoscono due raggruppamenti principali:
• Fattori legati ai cambiamenti oggettivi dei problemi di protezione della natura e dell'ambiente;
• Fattori legati ai cambiamenti socioculturali del mondo industrializzato.
In generale è facile osservare in Europa ritardi, carenze e disomogeneità più gravi di quelli osservabili in altri contesti, soprattutto negli Stati Uniti. L'esperienza degli Stati Uniti, culla dei parchi nazionali, costituisce quindi un termine di paragone imprescindibile per valutare la situazione europea e le prospettive che, si stanno profilando in Italia.
La situazione europea si stacca nettamente da quella americana, non soltanto perché il ricorso alla pianificazione non ha né i caratteri di obbligatorietà né quelli di sistematicità ed ordinarietà osservabili nell'esperienza degli Stati Uniti, ma anche perché non esistono a livello europeo e, spesso, neppure a livello di singole nazioni, norme o criteri volti a regolare la produzione dei piani ed a controllarne la qualità e l'efficacia.
Recentemente però si è arrivati davanti alla nascita di nuovi parchi nazionali; ai cinque parchi nazionali esistenti prima della legge n. 394 del 6 dicembre 1991 (Gran Paradiso, Abruzzo, Circeo, Stelvio, Calabria), se ne sono aggiunti altri 14 dopo la legge 394 (Dolomiti Bellunesi; Monti Sibillini; Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna; Valgrande; Pollino; Aspromonte; Cilento e Valle di Diano; Gran Sasso-Monti della Loga; Maiella; Gargano; Vesuvio; Arcipelago Toscano; La Maddalena; Asinara); e in corso di istituzione sono il Gennargentu, Cinque Terre e Appennino Tosco-Emiliano.
Alla luce delle considerazioni fin qui esposte, si dovrebbe ritenere che la motivazione dell'istituzione dei parchi possa oggi essere ricercata in quattro funzioni interconnesse:
a) Conservazione ambientale;
b) Fruizione sociale;
c) Sviluppo locale;
d) Rappresentazione comunicazione culturale;
Nel quadro di strategie complessive di tutela e valorizzazione degli spazi naturali e di organizzazione e sviluppo del territorio.
Sappiamo che il pericolo più grave per le piante è il degrado degli spazi in cui esse crescono. Così tra gli interventi prioritari vi è appunto la costruzione di una rete di aree protette, parchi Nazionali e riserve naturali, con le caratteristiche ambientali tipiche dei migliori habitat. In tal modo si proteggeranno intere popolazioni di specie, e sarà inoltre possibile sottoporle a uno studio scientifico e storico con grande vantaggio per le generazioni future. Il risultato più importante, però, riguarderà la protezione di risorse genetiche delle specie selvatiche che, sono fondamentali per il benessere dell’umanità. L’obiettivo della conservazione della natura non è fine a se stesso ma è orientato al benessere generale. Inoltre per non rendere difficile l’impatto della popolazione abitante nell’area da conservare si è creato una zona importante la “zona cuscinetto” cioè una vasta fascia compresa tra il parco e le vicine zone abitate in cui le persone possano esercitare le attività che faceva prima nei limiti che la legge impone. Si è constatato già da un po’ di tempo l’elevato grado di antropizazzione dei Parchi Naturali italiani e al riconoscimento della necessità di coordinare attentamente le strategie conservative con quelle di sviluppo economico e sociale dei rispettivi contesti. A questo si è ormai trovato un rimedio : la zonazione al fine della “compatibilizazzione” delle rispettive esigenze. Nonostante tutte le iniziative le zone protette coprono una piccola porzione della superficie terrestre.
In un epoca dove la vegetazione è distrutta con una rapidità molto maggiore di quanto sia mai avvenuto prima, ci si trova davanti ad una corsa contro il tempo per arrivare entro il 2000 ad avere il 10% della superficie terrestre coperta da aree protette.
4.2 L'attuazione della legge quadro sui parchi.
L'attuale disciplina delle aree naturali protette si è consolidata dopo un lungo periodo di incertezze e di sostanziale assenza di una normativa generale di riferimento. I primi Parchi Nazionali sono stati istituiti negli anni '20 (Gran Paradiso e d'Abruzzo) e negli anni '30 (Stelvio e Circeo) con intervento diretto dell'amministrazione centrale, la quale provvedeva direttamente a delimitare i territori e a disciplinare la gestione con modalità organizzative differenziate nei singoli casi.
Dopo un lungo periodo di stasi, negli anni '70 con l'istituzione delle Regioni a statuto ordinario, il legislatore ribadisce le competenze statali in materia di protezione della natura e Parchi Nazionali. In questo modo si apre un primo varco all'azione delle Regioni le quali ricevono un avallo della stessa Corte Costituzionale (sent. 14 luglio 1976, n. 175); ma è soltanto con il DPR 24 luglio 1977, n. 616, che si trasferiscono alle Regioni le funzioni amministrative concernenti la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali regionali, rinviando la disciplina generale e la ripartizione dei compiti tra Stato, Regioni e Comunità Montane ad una futura legge-quadro, da emanarsi entro il 31 dicembre 1979.
Con la legge 8 luglio 1986, n. 349, si istituisce il Ministero dell'Ambiente, cui sono affidate le competenze dell'amministrazione statale in ordine alla protezione della natura e alla tutela ambientale, nonché la competenza ad individuare parchi e riserve di carattere interregionale, la cui gestione si realizza mediante "intesa" tra le Regioni interessate.
Nel dicembre del 1991, quindi, si concludeva, dopo un cammino lunghissimo, contrassegnato da continue e prolungate interruzioni. L'approvazione quasi dell'unanimità non mancò perciò di suscitare qualche sorpresa, e fu chiaro quasi subito che dietro quel larghissimo consenso vi erano posizioni non sempre del tutto convergenti o per lo meno identiche.
La conflittualità, è stata quasi sempre favorita dai ritardi, dagli errori, dalle incomprensioni ministeriali, ma anche, bisogna dire, dall'atteggiamento di molte Regioni ed Enti locali, che dinanzi alle proteste talvolta legittime, ma anche di quelle strumentali, mostrarono in troppe occasioni poco coraggio e capacità di "governo" preferendo defilarsi o accordarsi. E tuttavia, nonostante questa situazione che non favorisce la "locale collaborazione" istituzionale, la legge quadro comincia a dare i suoi frutti.
Si insediano finalmente gli organi di gestione dei nuovi Parchi Nazionali, mentre per i vecchi l'adeguamento alla nuova legge si avvia tra mille difficoltà e strascichi polemici.
E tuttavia la legge 394/91 è molto importante anche per le Regioni, alle quali finalmente è riconosciuto un ruolo rimasto finora vago, contestato e affidato principalmente alla loro buona volontà.
Ora la legge riconosce alle Regioni un ruolo specifico e autonomo e con esso anche il diritto ad un sostegno finanziario dello stato.
La legge 394/91 ha prodotto risultati positivi: ha portato all'istituzione fino ad ora di ben sei nuovi Parchi Nazionali e ha fornito un quadro normativo e organizzativo unitario a tutti i Parchi Nazionali e criteri unitari per i parchi regionali; ha definito la procedura per l'istituzione dei parchi e delle riserve marine; ha introdotto una precisa classificazione delle aree naturali protette ed un loro elenco ufficiale; ha consentito l'avvio della definizione della Carta della Natura che individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia.
4.3 I parchi e la riforma amministrativa: la legge Bassanini.
Le aree protette costituiscono oggi un punto di incontro tra i vari livelli istituzionali: Stato, Regioni, Province, Comunità Montane e Comuni e tra molteplici competenze settoriali e discipline scientifiche. Quando molti soggetti istituzionali sono chiamati a collaborare in una gestione che nel caso dei Parchi tocca molteplici settori e titolarità e richiede notevoli competenze tecnico scientifiche, è chiaro che non mancano i motivi di conflitto, dovuti soprattutto al timore di vedere in qualche misura menomate o espropriate funzioni di governo del territorio ripartite tra più soggetti istituzionali.
Agli obiettivi di tutela e di valorizzazione della natura e del paesaggio si ispirano oggi vari strumenti specifici e norme di indirizzo per le politiche territoriali, economiche e sociali, che riguardano la pianificazione territoriale e urbanistica, la difesa del suolo, delle acque e dell'aria, dell'economia agricola e forestale, il turismo, i trasporti e l'energia, l'istruzione e l'educazione, la ricerca e l'informazione.
I cittadini hanno diritto all'informazione, che le autorità competenti debbono definire in modo chiaro, concreto e comprensibile gli obiettivi e i programmi di tutela, di valorizzazione della natura e del paesaggio. Solo così d'altronde si può verificare concretamente il grado di accettazione e di collaborazione dei vari gruppi di interesse, specialmente per quanto riguarda i residenti.
I Parchi quindi erano e sono fortemente interessati ai processi di riforma amministrativa e istituzionale avviati nel paese. In particolare c'era attesa per l'esito della riforma Bassanini (Legge 15 marzo 1997, n 59), riguardante la "Protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e smaltimenti dei rifiuti, acque e difesa del suolo".
La Legge Bassanini definisce un nuovo assetto giuridico-amministrativo più efficiente per i Parchi Nazionali, visto che il loro ordinamento giuridico risale alla L. n. 70 del 1975 sicuramente superata e inadatta a favorire il buon funzionamento di organismi quali sono i Parchi Nazionali.
In particolare al Capo I (protezione della natura e dell'ambiente) all'art. 3 troviamo elencati i "compiti di rilievo nazionali".
All'art. 4 sono indicate le funzioni conferite alle Regioni e agli Enti locali, le quali riguardano in particolare tutte le competenze esercitate dal corpo forestale dello Stato e i compiti di protezione e osservazione della qualità dell'ambiente marino.
Passando alla sezione II del decreto legislativo n. 112 "parchi e riserve naturali", di attuazione della L. n. 59, l'art. 8 sopprime le funzioni amministrative relative al programma delle aree protette e alla tenuta dell'albo nazionale dei direttori dei parchi.
L'art. 11 stabilisce i compiti degli Enti parco nazionali, per i quali, anche in conseguenza della soppressione della tenuta dell'albo dei direttori e al conferimento alle Regioni delle funzioni relative ai piano di gestione ed al regolamento (inclusa l'approvazione), si registrano significative e rilevanti novità.
Alle Regioni sono infatti delegate soltanto le funzioni riguardanti le riserve biogenetiche ed i territori delle riserve parziali destinati ad attività produttive. Le riserve terrestri e marine statali rimangono invece, come ora, saldamente nelle mani dello Stato. Per i Parchi Nazionali non cambia niente.
In effetti, il d.lgs. n. 112, più che prevedere nella materia delle aree naturali protette un ulteriore ampio conferimento di funzioni alle Regioni e agli Enti locali (le funzioni conferite sono in sostanza quelle previste dall'art. 4 della Legge n. 394, che lo Stato esercitava tramite il Programma triennale), rafforza (in particolare a seguito della soppressione del Programma triennale), l'autonomia e la responsabilità delle Regioni in questo campo.

4.4 Statuto
L'Assemblea del COORDINAMENTO NAZIONALE DEI PARCHI E DELLE RISERVE NATURALI ha adottato il seguente STATUTO il 22 giugno 1998, modificando DENOMINAZIONE e SEDE
• Art. 1 DENOMINAZIONE E SEDE
• Art. 2 SOCI
• Art. 3 COORDINAMENTI REGIONALI
• Art. 4 SCOPI
• Art. 5 ORGANI
• Art. 6 ASSEMBLEA
• Art. 7 CONVOCAZIONE DELL'ASSEMBLEA
• Art. 8 CONSIGLIO DIRETTIVO
• Art. 9 UFFICIO DI PRESIDENZA
• Art. 10 PRESIDENTE
• Art. 11 COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI
• Art. 12 DIRETTORE
• Art. 13 OBBLIGHI DEI SOCI E PERDITA DELLA QUALIFICA DI SOCIO
• Art. 14 PATRIMONIO ED ENTRATE
• Art. 15 QUOTA ASSOCIATIVA
• Art. 16 ESERCIZIO SOCIALE E BILANCI
• Art. 17 LIBRI DELL'ASSOCIAZIONE
• Art. 18 SCIOGLIMENTO
• Art. 19 AVANZI DI GESTIONE
• Art. 20 MODIFICHE STATUTARIE
• Art. 21 NORMA DI RINVIO
• Art. 22 NORMA TRANSITORIA
(Di cui io riporto qui, solo gli Art 1 – 4 ).
Art. 1 DENOMINAZIONE E SEDE
L'Associazione FEDERAZIONE ITALIANA DEI PARCHI E DELLE RISERVE NATURALI è un Ente non commerciale associativo culturale e di promozione sociale costituito per rappresentare gli Enti gestori delle aree protette italiane.
L'Associazione ha sede presso la Comunità del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, in Via P. Nefetti, 3 nel Comune di Santa Sofia (Forlì). L'Associazione può istituire, per decisione del Consiglio Direttivo, altri uffici periferici in altre città per lo svolgimento delle proprie finalità e con scopi di rappresentanza. La sede dell'Ente sarà comunque, di norma, situata presso la sede dell'Ente, Parco o Riserva, dal quale sarà espresso il Presidente.
Art. 4 SCOPI
L'Associazione opera, in sintonia e d'intesa con le Istituzioni pubbliche nazionali, regionali e locali, con le associazioni e con gli organismi che agiscono nel campo della tutela e della valorizzazione dell'ambiente naturale, per promuovere la creazione del sistema nazionale delle aree protette.
L'Associazione favorisce la conservazione e la corretta valorizzazione dell'ambiente naturale, nonché dei valori storici, culturali e sociali.
L'Associazione, nel rispetto dell'autonomia dei soci, rappresenta gli enti gestori delle aree naturali protette nei confronti degli organi centrali dello Stato, degli organismi dell'Unione Europea e, d'intesa con i Coordinamenti regionali, nei confronti delle Regioni e degli Enti locali.
L'Associazione cura altresì tutti i problemi che investono gli associati, ricercando le opportune intese con gli organismi rappresentativi delle autonomie locali e con gli altri soggetti gestori di aree protette.
L'Associazione favorisce la collaborazione, la circolazione delle informazioni, lo scambio delle conoscenze e delle esperienze tra le aree protette e promuove il recepimento delle indicazioni degli organismi nazionali ed internazionali per la tutela delle risorse naturali e per lo sviluppo sostenibile del pianeta.
Per il raggiungimento degli scopi indicati ai commi precedenti l'Associazione svolge tutte le attività di studio, di ricerca, di divulgazione e di educazione ambientale, anche su incarico di altri soggetti pubblici e privati, che permettano di stimolare e promuovere lo sviluppo del sistema nazionale delle aree protette e dei singoli enti gestori dei parchi e delle riserve, favorendo altresì metodi di gestione improntati all'allargamento della democrazia e della partecipazione.
L'Associazione può nominare esperti e gruppi di lavoro, commissioni temporanee e permanenti, per lo studio di determinati problemi.
L'Associazione, anche in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati, promuove corsi di formazione ed aggiornamento diretti, in particolare, agli amministratori e al personale dei soggetti aderenti, ovvero a persone che intendono lavorare nel campo della difesa e della valorizzazione dell'ambiente naturale.
Per perseguire gli obiettivi di cui al presente articolo l'Associazione può aderire ad associazioni ed organismi, anche internazionali, aventi analoghe finalità.
5. IL DIRITTO COMUNITARIO.
Anche una superficiale analisi del diritto comunitario, consente di rilevare la presenza di numerose norme volte alla tutela ambientale e, più specificatamente, l'esistenza di norme miranti alla creazione di aree naturali protette.
Nella iniziale formulazione dei trattati Europei la Comunità non aveva specifiche competenze o attribuzioni in tema di ambiente, ma a partire dagli anni Settanta gli organi comunitari hanno mostrato un sempre più incisivo intervento in campo ambientale. Tale evoluzione ha condotto alla modifica dei trattati istitutivi: l'Atto Unico Europeo, entrato in vigore il 1 luglio 1987, ha aggiunto alla parte terza del trattato originario un titolo espressamente dedicato all' "ambiente". (Anche se l'Atto unico non attribuisce specifiche competenze alla Comunità per la conservazione delle aree naturalisticamente rilevanti e la protezione degli ecosistemi.)
Il Trattato di Maastricht, a sua volta, non comporta particolari innovazioni sostanziali.
La recente direttiva comunitaria n. 92/43/CEE del 21 maggio 1992, in tema di habitat naturali e seminaturali, rappresenta invece l'atto comunitario più esplicitamente ed integralmente mirato alla disciplina delle aree protette. Lo scopo di tale direttiva - che riprende, estendendole, le finalità di quella 79/409/CEE del 2 aprile 1979 - è quello di "contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché la flora e la fauna selvatiche, nel territorio europeo degli Stati membri". Consequenzialmente, la direttiva costituisce una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata "Natura 2.000", alla cui costituzione contribuisce ogni stato designando, sul proprio territorio, una o più zone di conservazione speciale in corrispondenza degli habitat naturali o di specie. In base ai criteri enunciati nella direttiva, ogni stato propone un elenco dei siti (indicando il tipo di habitat che così intende proteggere).
6. IL DIRITTO INTERNAZIONALE.

In quel che segue si prende atto solo del, diritto internazionale che disciplina le aree naturali "specialmente" protette. Tali atti, normalmente adottati durante lo svolgimento di Conferenze internazionali o approvati in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, pur non avendo efficacia vincolante, hanno un alto valore simbolico e costituiscono la base per la tutela giuridica in materia.
Tre dichiarazioni universali sono specificamente rilevanti per le aree protette:
la Dichiarazione di Stoccolma, adottata il 16 giugno 1972 alla Conferenza Generale delle Nazioni Unite sull'Ambiente Umano;
la Carta Mondiale della Natura, adottata il 28 ottobre 1982 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite;
la Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo approvata il 14 giugno 1992 alla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo (UNCED).
Già la Dichiarazione di Stoccolma stabiliva che "la protezione deve avvenire coordinando e coniugando la conservazione della natura con la pianificazione dello sviluppo economico delle popolazioni coinvolte; ciò sia nel senso che occorre tener conto delle esigenze della protezione della natura nella pianificazione economica e sociale degli Stati a qualsiasi livello, sia nel senso che la protezione va assicurata attraverso non solo strumenti conservativi, ma anche strumenti di pianificazione e gestione accurata". Questo principio è stato ulteriormente ribadito e sviluppato dalla Carta mondiale della natura dalla dichiarazione di Rio e ripreso anche dalla Dichiarazione di Caracas, adottata da oltre 1800 esperti provenienti da 133 nazioni, il 10-21 febbraio 1992, durante un congresso promosso dalla Unione mondiale per la conservazione della natura (UICN).
L'Action Plan conseguente a tale Dichiarazione, prevede quali obiettivi importanti:
1) sviluppare e attuare i piani per i sistemi nazionali di aree protette;
2) integrare i piani per i sistemi nazionali di aree protette nel contesto della pianificazione dello sviluppo economico;
3) pianificare le aree protette come parte dei paesaggi circostanti;
4) sviluppare tecniche in grado di valutare e quantificare i benefici delle aree protette.
La nuova classificazione predisposta dall'Iucn 1994, allarga considerevolmente la gamma degli obiettivi gestionali che possono essere assunti, con diversa incidenza, per le categorie di aree protette, inserendo fra questi anche l'utilizzazione sostenibile delle risorse degli ecosistemi naturali.
7. Delegazione Liguria. Il WWF nella regione
Il WWF è presente in Liguria dai primi anni '70 e ha avuto negli ultimi 10 anni una crescita impetuosa. E' in questo periodo che si registra una grande espansione dell'Associazione: gli iscritti in Liguria passano dai 1.000 del 1980 ai circa 9.000 del 1996.
6 Sezioni : Chiavari, Camogli, Bogliasco, Savona, Albenga, Imperia
4 Gruppi Attivi : La Spezia, Genova, Finale Ligure, Sanremo
In particolare il WWF Liguria opera prioritariamente in settori quali: educazione, formazione, conservazione, tutela del territorio. La Delegazione Liguria ha diversi gruppi di lavoro su: parchi, caccia, oasi, mare, campi, vigilanza ecovenatoria. Il WWF Liguria pubblica un bollettino regionale bimestrale, allegato a "Panda", che arriva a circa 8 mila abbonati. Il WWF Liguria ha rapporti consolidati per progetti e iniziative con la Regione Liguria, le 4 Province liguri, con alcuni Comuni.
7.1 Settore Conservazione

A partire dal 1991 il WWF Liguria ha cercato di coniugare le attività istituzionali in questo campo con proposte concrete di studio per la gestione diretta del territorio e di protezione del mare.
E' a partire dai primi anni '70 che la Delegazione Liguria del WWF è impegnata nella battaglia per la realizzazione dei 9 Parchi (Magra, Cinqueterre, Aveto, Antola, Beigua, Portofino, Finalese, Alpi Liguri) della nostra regione e delle 4 Riserve marine (Cinqueterre, Portofino, Gallinara, Bergeggi). In particolare, per quanto riguarda la riserva marina di Portofino il WWF Liguria ha seguito con attenzione l'elaborazione delle varie bozze di proposta delle perimetrazioni e della gestione, sino all'ultimo progetto elaborato nel 1992 da ICRAM, l'istituto di ricerca del Ministero della Marina Mercantile, del 1992. Nel 1993 il WWF Liguria ha organizzato, in collaborazione con ICRAM, il convegno internazionale di Santa Margherita Ligure "Riserva Marina di Portofino: il presente e il futuro". Nel 1995 e nel 1996 il WWF si è fatto promotore, insieme all'Acquario di Genova di tavoli di confronto con gli enti locali per l'istituzione delle riserve marine delle Cinque Terre e di Portofino.
Il WWF, dal dicembre 1994, in difesa dell'ecosistema marino, è impegnato nel procedimento penale contro gli armatori della superpetroliera Haven, che nel 1991 provocò, con lo sversamento di 40-50 mila tonnellate di idrocarburi sui fondali del Mar Ligure, il più grave inquinamento da idrocarburi mai avvenuto nelle acque del Mediterraneo, e conduce un'articolata campagna di informazione e di denuncia sulle inadempienze nel settore dei traffici marittimi di petrolio in ambito internazionale e nazionale.
Per quanto riguarda i parchi è dell'aprile 1993 la proposta di legge elaborata dall'associazione e accolta da alcuni consiglieri regionali di minoranza. Alcuni punti qualificanti della proposta WWF sono stati recepiti dalla vigente LR n.12/94. Questa legge, che recepisce i contenuti della Legge quadro nazionale n.394/91, è oggetto di una grave offensiva da parte di settori dei partiti dell'attuale maggioranza e dell'opposizione contrari alle aree protette che il WWF sta tentando di contrastare con azioni nei confronti delle popolazioni e delle istituzioni.
8. Parchi e riserve della LIGURIA

8.1 Parco naturale Regionale delle Cinque Terre

Per secoli generazioni di contadini hanno modellato ripidi versanti costieri, creando un paesaggio terrazzato unico al mondo. Tra i vigneti aggrappati alle scogliere, sorgono i nuclei abitati delle Cinque Terre.
L'omonimo parco regionale comprende territori di grande valore paesaggistico: a ovest alti promontori delimitano ampie insenature, con versanti ora boscosi ora coltivati a ulivi e vite; a est vertiginose falesie precipitano nel mare per riemergere a formare tre isole di grande interesse naturalistico. Il parco si estenderà presto al mare dove le attività tradizionali proseguiranno insieme a iniziative di tutela e valorizzazione.
Il paesaggio delle Cinque Terre è un paesaggio fortemente umanizzato, costruito a partire dal XII secolo, attraversò un continuo lavoro, fino ad arrivare a un caratteristico paesaggio a fasce che però oggi minaccia di subire forti alterazioni; il progressivo abbandono della viticoltura rischia infatti di rendere le fasce inselvatichite una nuova componente ambientale.
La Natura
A causa della diversità ambientale, dei contrasti fra i substrati geologici, del dislivello altitudinale e della forte presenza di specie coltivate, grandissima è la varietà delle specie vegetali presenti che risultano per il 40% da forme mediterranee. La morfologia del litorale è caratterizzata da falesie alte e strapiombanti, alternate da piccole spiagge originatosi o alla fine di strapiombi o alla foce dei pochi corsi d’acqua.
La prateria di POSIDONIA di Monterosso.
Anche se ci sono chiazze qua e là, nel territorio protetto, di POSIDONIA OCEANICA l’unica vera prateria è quella situata a ovest di Monterosso.(La copertura si mantiene sempre entro il 60% con la presenza di radure sabbiose.Il degrado di questa prateria, via via maggiore avvicinandosi all’abitato, sarebbe da ricondursi alla presenza del terrapieno realizzato negli anni ’60 con il materiale proveniente dallo scavo delle gallerie ferroviarie. Questa azione ha modificato la dinamica del trasporto costiero locale, e parte dei sedimenti hanno coperto parte della prateria.
Il progetto dell’area marina

Il progetto prevede:
- Divieto di pesca e regolamentazione di accesso e quella davanti a Punta Mesco.
- In tutte le altre zone nuove normative, e controlli su quelle già esistenti.
Questo progetto è stato per molto tempo discusso dalle autorità competenti poi finalmente nel 1998 è stato firmato il nuovo Decreto con cui è stato affidato la gestione del parco, a l’Ente Parco Nazionale delle cinque terre e, in via transitoria, all’Ispettorato centrale per la difesa del mare.

8.2
Il Parco
• Gestore: Ente Parco di Portofino
• Sede: Viale Rainusso, 1 - 16038 Santa Margherita Ligure (Genova)
• Tel: 0185/289479
• Superficie: 4.660 ha
• Province: Genova
• Istituzione: 1935 (Ente Autonomo Monte di Portofino), 1995 (Parco Naturale Regionale)
Il gigantesco blocco di puddinga del Promontorio di Portofino costituisce l'area protetta costiera più a nord del Mediterraneo occidentale, tra freschi boschi europei e la calda macchia mediterranea, tra civiltà del castagno e dell'ulivo, tra tradizione contadina e marinara. Protetto dal 1935, ospita una delle maggiori concentrazioni floristiche del Mediterraneo, una notevole varietà di uccelli e invertebrati, importanti testimonianze architettoniche, paesaggi tra i più celebri del mondo. I fondali conservano l'intera gamma delle biocenosi marine dell'alto Tirreno.
Il Parco di Portofino offre una visione sintetica della costa ligure, sia dal punto di vista naturalistico sia da quello storico-antropologico. L'assetto attuale del territorio è infatti il risultato di una originale forma di coevoluzione tra natura e attività umana, che ha dato luogo a una sorprendente varietà di sistemi biologici e di ambienti, ma anche a una specifica cultura materiale (alla confluenza di tre "civiltà": quella marinara, quella dell'ulivo, e quella del castagno). Una fittissima rete di sentieri attraversa ambienti selvaggi, insediamenti rurali e borghi marinari ricchi d'arte e storia, offrendo paesaggi che sono ormai entrati nella leggenda visiva del Mediterraneo.
All'area protetta vera e propria è associata un'area cornice di 3400 ha circa. Nel complesso il territorio del Parco si estende sui comuni di Recco, Camogli, Portofino, Santa Margherita Ligure, Rapallo, Zoagli, Chiavari.
Gli ambienti
Il settore settentrionale (su calcari marnosi, argilliti e arenarie a strati alterni) è dominato da boschi mesofili (carpino nero, frassino, castagno, nocciolo, acero oppio), mentre quello meridionale (su puddinga: un conglomerato di detriti tondeggianti cementati da matrice calcarea) è ricoperto da una densa macchia mediterranea (erica, corbezzolo, lentisco, mirto), da pinete, foreste di leccio, garighe, praterie di ampelodesma e di felce aquilina. Peculiari sistemi biologici sono inoltre insediati sulle falesie a mare, sulle rupi e sui muri a secco, nelle vallette fresche originate dalla complessa orografia del Promontorio.
Il paesaggio agricolo è dominato da uliveti coltivati su fasce spesso con orti al piede in tipiche colture "miste". Presso gli insediamenti, tra lembi di foresta e di macchia, si ritrovano antichi castagneti da frutto, filari di pini domestici, microscopici orti, frutteti, agrumeti, giardini.
La flora
L'eccezionale varietà di ambienti e microclimi determina una delle più elevate concentrazioni floristiche del Mediterraneo: oltre 700 specie spontanee abitano un territorio di estensione limitata e con modeste variazioni altitudinali (0-610).
Una specie delle Alpi Marittime, la rara sassifraga cocleare, convive con quelle mesofile dei boschi misti, con quelle della macchia o addirittura con elementi decisamente termofili, come l'ampelodesma africano o l'euforbia spinosa. Ulivo, pino, leccio e castagno, che altrove occupano quote distinte, qui convivono fin quasi al livello del mare. Di particolare interesse le felci (felci rupicole e dei muri, felce florida, pteride di Creta).
La fauna
Oltre 20 endemismi liguri sono presenti tra gli invertebrati. Merita anche di essere ricordata la "ninfa del corbezzolo" (Caraxes jasius), in forte rarefazione in Liguria. Tra gli anfibi, da segnalare la raganella mediterranea, il geotritone, la rana italica. Tra i rettili, il geco verrucoso, la tarantola muraiola, il ramarro. L'avifauna (un centinaio di specie) comprende uccelli di macchia (occhiocotto, magnanina, capinera, sterpazzola), di radura (upupa, ortolano, cardellino), di bosco (tordo, cinciarella, fringuello, pettirosso, ghiandaia), di pineta (tortora, colombaccio), rapaci (gheppio, pellegrino, lodolaio), uccelli marini (gabbiani, sterne, berte, sule). Tra i mammiferi, è presente il cinghiale.
I fondali
Lo sperone roccioso del Promontorio, proteso verso il mare aperto e caratterizzato da coste a strapiombo, genera una serie di fondali tra i più interessanti e intatti del Mediterraneo.Vi è rappresentato l'intero spettro delle biocenosi dell'alto Tirreno. Di particolare rilievo la presenza di numerose specie del Mediterraneo meridionale, l'eccezionale ricchezza vegetale e animale del mesolitorale, la varietà dei poriferi, le praterie di posidonia (Posidonia oceanica), le formazioni di gorgonie gialle (Eunicella stricta), arancioni (Eunicella cavolinii), rosse (Paramuricea chamaelon), i popolamenti di corallo (Corallium rubrum). A maggior tutela di questi splendidi fondali una Riserva marina verrà presto ad affiancarsi al Parco.
8.3
Il Parco
• Gestore: Ente Parco dell'Aveto
• Sede:Via Marré 75A - 16041 Borzonasca (GE)
• Tel: 0185/340311
• Superficie: circa 11.000 ettari
• Province: Genova
• Comunità Montane: Valli Aveto, Graveglia e Sturla
• Comuni: Borzonasca, Mezzanego, Ne, Rezzoaglio, S. Stefano d'Aveto
• Istituzione: 1995 (legge regionale n. 12/95) su area protetta precedentemente individuata con legge regionale 50/89.

Il Parco Naturale Regionale dell'Aveto comprende un territorio prevalentemente di crinale, interessando parte dello spartiacque tirreno-padano e le cime pi elevate dell'Appennino Ligure (M. Maggiorasca, 1800 mt). L'area protetta presenta una gran varietà e ricchezza di ambienti: prati e pascoli, faggete. zone umide palustri, lacustri e riparie, emergenze geomorfologiche, floristiche, faunistiche e mineralogiche. Questo territorio vanta anche una presenza umana millenaria testimoniata dai ritrovamenti preistorici avvenuti nella zona del Monte Aiona. L'attività umana ha poi modellato questo territorio lasciando testimonianze storico-artistiche di notevole valore e di una cultura che merita una conoscenza non superficiale negli aspetti passati e presenti.
Le valli del Parco
• L'alta Val d'Aveto. Il Parco comprende la destra orografica dell'Aveto, insistendo su una delle zone più affascinanti dell'Appen-nino, caratterizzata da alte cime rocciose, estesi pascoli, ricche foreste di faggio ed alcuni laghetti di origine glaciale.
• La valle Sturla. Il Parco si sviluppa da ambienti montani, a tratti con caratteristiche mediterranee, inglobando aree caratterizzate dalla cultura del castagno: La testata di valle comprende cime elevate ed interessanti come il M. Aiona (1700 mt).
• La Val Graveglia. Il territorio del Parco si sviluppa prevalentemente nell'alta valle, con il M. Zatta (1400) ed alcuni siti di grande interesse geomorfologico, carsico e mineralogico.
Geologia e geomorfologia
Il territorio del Parco presenta un notevole valore geologico poiché è stato interessato dai grandi movimenti tettonici e in epoche pi recenti dalle glaciazioni, che hanno lasciato sensibili testimonianze.
Le rocce più interessanti presenti nel Parco appartengono alle ofioliti ("rocce verdi") "spremute" dal mantello alla crosta terrestre e presenti significativamente con colate basaltiche, ben visibili su M. Penna, M. Maggiorasca e Groppo Rosso, e peridotiti, diffuse sul monte Aiona; la famosa Pietra Borghese ne rappresenta uno splendido esempio. Non mancano interessanti rocce sedimentarie come calcari (anche molto puri), diaspri multicolori e arenarie, che formano imponenti bancate sui monti Zatta e Ramaceto.
Vegetazione
Il Parco è caratterizzato da una grande varietà di ambienti e di vegetazioni: passando da quelli di tipo mediterraneo della bassa Valle Sturla, all'estesa vegetazione a bosso della Val Bossea, dal bosco misto alla faggeta dell'alta Val Aveto, dal castagneto, importante nell'economia tradizionale, ai rimboschimenti produttivi a conifere e alle brughiere ipsofile. Fin dalla preistoria l'uomo ha trasformato pendii boscosi in ampie zone prative, pascolate in estate da mandrie di bovini. Vi sono infine ambienti di grande pregio quali rupi, praterie e arbusteti che ospitano numerose specie alpine e quasi un centinaio di zone umide tra le quali la Riserva Naturale Orientata delle Agoraie, "enclave" statale nel territorio del Parco.
Flora
Il Parco vanta numerose specie rare.
Fra queste, un contingente è dato dalle specie insediatesi con le glaciazioni (relitti glaciali) e condivise perciò con territori dal clima boreale (Soldanella alpina, Astro alpino, alcune sassifraghe...); altre specie sono tipiche delle rupi, (Campanula dei ghiaioni, Aquilegia alpina, ecc.); altre ancora, delle zone umide, talvolta con adattamenti del tutto originali (come le piante insettivore). Sono presenti infine pi di 30 endemismi ( Primula impolverata e Zafferano della Liguria fra i pi vistosi) e specie di grande bellezza come il Garofano a pennacchio e il Giglio martagone.
Fauna
Nel territorio sono presenti il capriolo e il lupo . L'ultimo ritrovamento di lupo risale, infatti, al 1998. Più comuni sono invece il cinghiale, la volpe, la faina, la puzzola e il tasso Molto ricca è l'avifauna presente con 102 specie tra cui l'aquila reale, il biancone e l'astore e il gufo reale. Sono inoltre presenti specie montane come la rondine montana, il corvo imperiale e la cincia dal ciuffo,
non comuni in Liguria.
8.4
Il Parco
• Gestore: Ente Parco di Montemarcello-Magra
• Sede legale: via Paci, 2 - 19038 Sarzana (SP)
• Sede Operativa: Provincia della Spezia - Via V. Veneto, 2
19100 La Spezia
• Tel: 0187/691071 - 0187/742262
• Superficie: 3.662 ha
• Provincia: La Spezia
• Istituzione: 1982
L'area fluviale è stato istituito in conformità con la legge Regionale del 12/09/82, n.40,e comprende il tratto di fiume Magra che scorre in territorio ligure e risale lungo il fiume Vara, suo principale affluente, fino all'altezza di Ponte Santa Margherita. L'area protetta, seguendo i due fiumi, forma una fascia che, pur raggiungendo in alcuni punti 1000 m. di larghezza, si presenta generalmente piuttosto stretta.
L'area collinare è rappresentata dalla porzione di Parco relativa al promontorio del Caprione che, da Arcola si spinge verso il mare fino a Punta Bianca con forme aspre e rocciose: da un lato il Golfo di La Spezia ed il mare aperto, dall'altro la foce della Magra, la piana di Luni e le Apuane perennemente venate di bianco.
La Storia
Il Parco della Magra e di Montemarcello nasce, come Ente unico, nel 1995 attraverso la Legge Regionale di Riordino delle Aree Protette, dall'unione del Parco Fluviale della Magra, istituito nel 1982, con l'Area Protetta di Montemarcello, istituita nel 1985.
Tale legge prevede la creazione dell'Ente Parco che ha come scopo istituzionale la tutela del fiume, la salvaguardia del patrimonio faunistico e botanico, la regolamentazione e l'incentivazione dell'attività agricola, nel rispetto delle caratteristiche tradizionali. Esso è impegnato a consentire lo sviluppo socio-economico delle popolazioni residente attraverso un corretto uso delle risorse naturali, anche realizzando interventi di recupero naturalistico-ambientale in aree dove spesso l'attività dell'uomo ha prodotto effetti devastanti.
Ambiente
Fluviale:
Il Vara scorre in un territorio prevalentemente boscoso e si presenta ancora ben conservato; il tratto spezzino della Magra, da origine invece ad una vasta piana intensamente coltivata e sfruttata. Il Vara e La Magra rappresentano un ambiente fluviale unico per la Liguria e ospitano un patrimonio faunistico particolarmente qualificato perché qui si trova una delle più importanti vie migratorie per gran parte dell'avifauna legata agli ambienti acquatici.
Oltre all’avifauna si possono trovare anfibi e rettili tra cui: la Raganella, il Rospo Smeraldino, il Tritone alpino e Punteggiato, il Ramarro e alcune Vipere , Lucertole, e Biscie.Per quanto riguarda i mammiferi, fino a poco tempo fa si era certi della presenza della lontra, purtroppo questo carnivoro a risentito molto delle trasformazioni ambientali causate dall’uomo. Comunque l’alveo fluviale è frequentato dal Toporagno e dalla Volpe.Mentre le boscaglie sono abitate da molti Cinghiali.
Collinare:
I due versanti opposti del promontorio del Caprione hanno caratteristiche ambientali differenti: la zona costiera si presenta rocciosa e frastagliata dove è osservabile la vegetazione a gariga, macchia mediterranea, lecceta e pinete a pino d'Aleppo; il versante sul fiume Magra degrada invece più dolcemente verso la pianura rivestito da piante di pino marittimo e boschi di caducifoglie. Si può trovare inoltre la grande presenza di Salici adatti a vivere vicino ai fiumi, infatti il loro robusto e ampio apparato radicale assicura un validissimo ancoraggio durante le piene e garantisce un adeguato assorbimento idrico nei periodi di magra.
I Salici inoltre, anche quando sono solo bassi cespugli, rivestono il ruolo di più importanti agenti stabilizzatori del substrato alluvionale; trattenendo il sedimento più fine e migliorando la composizione granulometrica del suolo possono preparare il terreno all’impianto di una vegetazione più evoluta .Sui depositi alluvionali di materiale piuttosto fine, già stabilizzati, lungo le rive dove la corrente è particolarmente tranquilla ,si sviluppa una folta vegetazione arborea MESOIGROFILA .
Purtroppo, la vegetazione del Parco ha visto spesso nel passato, anche recentemente, stravolgere i suoi equilibri ed il suo spontaneo dinamismo e ancora oggi l’eccessiva pressione antropica costituisce una seria minaccia.
La flora
Lungo il tratto fluviale, la vegetazione è caratterizzata prevalentemente da salici ed ontani (Alnus glutinosa). Il salice ripaiolo e quello rosso (Salix eleagnos, S. purpurea) e, più raramente, il salice bianco e quello da ceste (S. alba, S. triandra) colonizzano il greto e le zone spondali costituendo associazioni anche con l'euforbia dolce, il lamiastro, il geranio nodoso, il biancospino ed altre specie indicatrici di un clima piuttosto fresco.
Nella zona collinare del Parco, grazie alle particolari condizioni climatiche, si trova una notevole varietà floristica. Accanto alle numerose piante della macchia mediterranea come il lentisco, il leccio, il mirto, la fillirea, si trovano specie come il cisto bianco (Cistus albidus) di particolare interesse scientifico perché considerate specie "relitte".
La fauna
La zona umida del Magra può essere considerata come oasi faunistica per la sosta e lo svernamento di numerose specie: airone cenerino, airone rosso, tuffetto, garzetta, tarabuso, tarabusino, nitticora, germano reale, canapiglia, codone, fischione, alzavola, marzaiola, moretta, gallinella d'acqua, pavoncella, cavaliere d'Italia, piro piro culbianco, piro piro boschereccio, gruccione, ecc
Nella zona di Montemarcello tra i mammiferi sono presenti: cinghiale, riccio, scoiattolo, ghiro, tasso donnola, faina. L'avifauna comprende uccelli di macchia (occhiocotto, capinera, magnanina), di radura (upupa, cardellino), di bosco (tordo, pettirosso, fringuello, picchio rosso minore), di pineta (tortora, colombaccio), rapaci (gheppio, poiana, gufo reale), uccelli marini (gabbiano, sterna, sula, svasso).
Geologia
Dal punto di vista orografico, il bacino del Magra risulta prevalentemente montuoso. Sono riconoscibili dorsali montuose e collinari principali che presentano un allungamento in direzione appenninica. Le pianure, di natura alluvionale, occupano estensioni abbastanza limitate e caratterizzano la morfologia dell'ultimo tratto del corso fluviale e di alcune zone in prossimità di Pontremoli, Aulla e Brugnato.
Il quadro geologico risulta decisamente complesso per la presenza di successioni sedimentarie diverse e di eventi tettonici particolari.
All'interno del bacino prevalgono le formazioni appartenenti all'alloctono ligure ed in subordine quelle della Falda toscana. L'autoctono metamorfico apuano e quello del basamento affiorano in aree limitate per estensione, nella zona di Punta Bianca.
9. Parchi della TOSCANA
9.1
Il Parco

• Gestore: Ente Parco delle Alpi Apuane
• Direzione, promozione, conservazione,
vigilanza, protocollo, archivio:
Seravezza 55047 (Lu)
via Corrado del Greco, 11
tel. 0584/75821- fax 0584/758203
• Ragioneria, amministrazione:
Castelnuovo Garfagnana 55032 (Lu)
via Fulvio Testi, 11
tel. 0583/644478- fax 0583/644635
• Pianificazione, difesa suolo, attività produttive:
Carrara 54033 (Ms)
viale Potrignano, 13
tel. 0585/72997/779433
• Sede legale:
Pontestazzemese 55040 (Lu)
c/o Municipio di Stazzema – piazza Europa, 1
tel. 0584/75821
• Superficie: 54.300 ha
• Province: Lucca, Massa
• Istituzione: 1985
Le Alpi Apuane rappresentano una delle aree montuose più tipica ed originale della penisola italiana, per la ricchezza degli ambienti e dei paesaggi che custodisce. L'antica presenza dell'uomo e delle sue attività ha lasciato qui tracce di notevole spessore e ha disseminato il territorio di importanti testimonianze storiche e culturali. Le Apuane sono conosciute in tutto il mondo per la bellezza dei propri marmi e di altre pietre decorative e da costruzione (cipollino, brecce, pietra del Cardoso). Le Apuane sono dunque un complesso orografico di grande suggestione grazie all'imponenza del massiccio montuoso, dalla morfologia assai aspra, con le sue valli profonde e i versanti molto inclinati. Nel tratto di pochi chilometri, a partire dalla breve pianura costiera versiliese, le Apuane s'innalzano fino a sfiorare i duemila metri di altitudine con il M. Pisanino (m 1947).
Il rilievo delle Alpi Apuane determina, con l'innesco di piogge di versante, valori pluviometrici molto elevati che, lungo lo spartiacque principale, superano i 3000 mm annui. Anche la temperatura dell'aria risente naturalmente dell'orografia, pur essendo mitigata dall'influsso del mare. Da valori di temperatura media annua di poco superiori ai 15° C, registrati presso la primissima fascia pedemontana versiliese, si passa in modo graduale a valori inferiori ai 7° C nelle più alte cime delle Apuane settentrionali. Parallelamente a ciò, si riscontra un solo "mese arido" (secondo Gaussen) nella stessa fascia di pedemonte e nelle colline e nelle basse montagne della parte lunigianese e lucchese della catena, mentre i "mesi freddi" (temperatura media < 7° C) raggiungono il loro numero massimo, di 4-5 annui, sulle più alte cime e nella parti montuose retrostanti del versante interno delle Apuane.
Notevoli sono in questa catena montuosa gli aspetti di rilevanza geomorfologica. Non mancano esempi, ben conservati, di morene, massi erratici, valli e circhi dell'ultima glaciazione würmiana. Sono anche presenti forme carsiche di superficie, come campi carreggiati, doline (Carcaraia, M. Altissimo, M. Sagro, ecc.) ed altri fenomeni di dissoluzione epigea (altopiano della Vetricia; arco del M. Forato, ecc.). Nel sottosuolo poi, si incontrano alcune delle massime espressioni del fenomeno carsico. Troviamo qui infatti i profondi abissi e le grandi cavità apuane, che sono il risultato di un labirinto impressionante di gallerie e pozzi: l'Antro del Corchia - ad esempio - con oltre 70 km di sviluppo di condotti sotterranei e 1210 metri di dislivello, è il maggiore sistema carsico d'Italia e uno dei più grandi al mondo.
La diversa natura delle rocce - silicee alla base e in periferia, carbonatiche nella parte centrale - produce l'alternarsi di zone a folta vegetazione con aree denudate o quasi. Dalla macchia mediterranea, che riveste la fascia pedemontana rivolta verso mare, si passa poi ai querceti e ai boschi misti a dominanza del carpino (spesso trasformati in boschi di castagno), per giungere infine alle faggete verso i mille metri di quota.
Le cime più alte, lungo lo spartiacque principale e nelle diramazioni secondarie, sono pressoché spoglie di vegetazione arborea.
Le rare praterie d'altitudine e, più spesso, le rupi calcaree accolgono una flora quanto mai ricca di specie di grande interesse geobotanico.

La fauna delle Apuane non annovera più i grandi mammiferi di un passato relativamente prossimo (orso, lupo, lince, cervo) ad eccezione di alcuni erbivori recentemente introdotti (mufloni, capre selvatiche, ecc.). Oggi, degni di nota rimangono alcune specie di chirotteri (che vivono nella profondità delle grotte) e, tra i roditori, la piccola arvicola delle nevi (Microtus nivalis). Il popolamento ornitico di queste montagne presenta, tra le sue particolarità, il gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), simbolo del Parco, localizzato su alcune cime (M. Corchia, M. Sumbra, M. Roccandagia), l'aquila reale (Aquila chrysaëtos), presente nel settore settentrionale della catena (Equi-Pizzo d'Uccello), nonché la pernice rossa (Alectoris rufa), la rondine montana (Hirundo rupestris), il sordone (Prunella collaris), ecc. Infine, l'erpetofauna mostra emergenze di tutto rilievo, quali la salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata), il geotritone (Hydromanthes ambrosii) e il tritone delle Apuane (Triturus alpestris apuanus).
Il problema ambientale più rilevante nelle Alpi Apuane riguarda la compatibilità delle attività estrattive con i fini di tutela e salvaguardia dell'area protetta.
Le circa 300 cave poste nell'area contigua, ai limiti del Parco, costituiscono una presenza di sicuro valore economico e storico-culturale, ma sottopongono il territorio a seri pericoli di deturpazione paesaggistica e degrado ambientale. Ciò non soltanto per le quantità di materiali estratti (ogni anno si raggiungono circa 1,5 milioni di tonnellate di lapidei e oltre 2 milioni di tonnellate di pietrisco), ma per gli effetti negativi che determinano nell'intorno, per l'inquinamento delle falde acquifere ed il traffico di mezzi pesanti.
9.2
Il Parco

• Gestore: Consorzio del Parco naturale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli
• Sede: via Aurelia Nord, 4 - PISA
• Tel: 050/525500
• Superficie: 20.000 Ettari (Tutti in Toscana)
• Istituzione: 1979
Il Parco regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli si estende per circa 20.000 ettari localizzati lungo la costa compresa tra Viareggio e Livorno.
Pur al centro di un'area fortemente urbanizzata, questo territorio ha mantenuto notevoli caratteri naturali, tanto che vi si trova uno dei rari esempi di area costiera non edificata.

Fino dalla colonizzazione romana il territorio era caratterizzato dalla presenza di macchie e foreste e dalla vasta regione deltizia del Serchio-Auser e dell'Arno. Risale proprio al 1400 e ai primi del 1500 l'inizio della formazione delle grandi tenute che caratterizzeranno da allora il territorio del parco. Prima della realizzazione del Parco nel 1979, vari illustri autori hanno scritto dei loro viaggi nella zona del Parco, come Gabriele D'Annunzio, Alfieri, Byron, Shelley, Dickens e Leopardi.

Ciò che ha reso famoso il Parco di Migliarino San rossore Massaciuccoli è soprattutto la ricca avifauna che lo frequenta. Durante una normale escursione si può incontrare varie tipi di oca, folaghe, e in primavera-estate, molti mignattini, eleganti uccelli dal volo molle e flessuoso.

I folti canneti e le sponde dei canali che vi si immettono nascondono testimonianze di flore molto più fredde, vere e proprie reliquie di altre epoche, come la drosera, una pianta carnivora estremamente interessante e piuttosto rara. Ma questi elementi floristici sembrano perdere d'importanza di fronte ai pollini e ai resti di antichissime vegetazioni passate, racchiusi nelle torbiere che circondano lo specchio d'acqua: si tratta di abete rosso, pino mugo, betulla e trifoglio acquatico, tutte piante alpine che decine di migliaia di anni fa erano scese, all'acme delle ultime glaciazioni, fino al livello del mare.

9.3

Il Parco
• Gestore: Ente Parco Regionale della Maremma
• Sede: Aurelia Antica località Pianacce - 58010 Alberese (GR)
• Tel: 0564/407111
• Superficie: 10.000 ha
• Province: Grosseto
• Istituzione: 1975
Il territorio del parco, delimitato dalla ferrovia Livorno-Roma, si estende lungo la costa tirrenica da Principina a Mare ad Alberese, fino a Talamone. Elementi geografici significativi sono costituiti dall'ultimo tratto del fiume Ombrone, dal sistema orografico dei monti dell'Uccellina, che raggiunge i 417 metri a Poggio Lecci, dall'area palustre della Trappola, oltrechè dal tipo di costa, ora falcata sabbiosa, ora a falesia precipite.
Il tratto costiero della Maremma toscana che va' da Principina a Mare fino a Talamone, ed è limitato ad Est in parte dalla via Aurelia, è diventato, a partire dal 1975 (Legge Regione Toscana n.° 65 del 5 giugno 1975) il Parco Naturale della Maremma. Esteso per 100 kmq., esclusa la fascia esterna di rispetto, il Parco confina a Sud e S/W con il mare, sul quale si affaccia nella parte meridionale con una costa alta ed erosa.
Ad essa, più a Nord, succedono spiagge dove la copertura vegetale è costituita da numerose specie pioniere, ben adattate al difficile ambiente sabbioso e salmastro e sostituite da specie caratteristiche della macchia mediterranea mano a mano che ci si allontana dalla battigia. La linea di costa è andata soggetta a forti mutamenti, oltreché nei tempi geologici, nel corso degli ultimi decenni: per cui risulta oggi avanzata a Sud di Marina di Alberese, mentre ha subito un notevole arretramento al di qua e al di là di Bocca d'Ombrone. Dal punto di vista naturalistico il complesso formato dai Monti dell'Uccellina, dalla pineta di Marina di Alberese, dalla Foce del fiume Ombrone e dalle Paludi della Trappola costituisce un prezioso mosaico di ecosistemi sui quali ha agito in momenti e modi diversi l'uomo, caratterizzando ulteriormente il paesaggio senza tuttavia degradarlo e impoverirlo.
La parte centrale e meridionale del Parco è dominata dai Monti dell'Uccellina, un insieme di rilievi in parte di natura calcarea, in parte silicea, che culmina nei mt. 417 d Poggio Lecci. Questi rilievi sono oggi quasi completamente coperti da fitta vegetazione forestale (macchia mediterranea).
Solo la parte bassa delle pendici volte ad oriente è stato disboscata e trasformata in pascolo o in uliveto. Sui Monti dell'Uccellina appaiono antiche torri ed edifici religiosi che testimoniano la passata presenza e attività dell'uomo in questa terra: ricordiamo l'abbazia di San Rabano, in gran parte diroccata, le torri di Castelmarino, di Collelungo, di Cala di Forno e della Bella Marsilia.
La storia dell'uomo non è ricordata soltanto da queste vestigia medievali: presso Talamone incontriamo i ruderi di una villa d'epoca romana, mentre nelle grotte formatesi ai piedi della scarpata calcarea sono state trovate testimonianze preistoriche che ci riportano fino al paleolitico.
La fauna del Parco annovera varie specie di mammiferi come cinghiali, daini, cervi, caprioli, istrici, tassi, volpi, gatti selvatici, faine, donnole; e numerosi micromammiferi.
10. Parchi naturali del TRENTINO
Fino dagli anni Sessanta il Trentino ha sentito l'esigenza di tutelare porzioni del proprio territorio particolarmente pregiate o di grande interesse naturalistico, oppure non ancora coinvolte in forti processi di antropizzazione. Già una parte di territorio tra le Valli di Sole, Pejo e Rabbi ricadeva entro i confini del Parco Nazionale dello Stelvio, creato dal 1935, quando nel 1967 vennero istituiti i due parchi naturali del Trentino - quello dell'Adamello Brenta e di Paneveggio Pale di San Martino - inseriti nel primo Piano Urbanistico provinciale, il massimo strumento di programmazione e regolamentazione degli interventi sul territorio. Da un'iniziale concezione rigorosamente protezionistica, dove anche la presenza dell'uomo era esclusa, è venuta maturando col tempo un'idea diversa di parco naturale: una porzione di territorio cioè, nella quale fatte salve le esigenze di tutela della fauna e della flora, I'uomo può vivere svolgendo determinate attività in piena armonia con l'ambiente. In questi termini l'uomo, oltre a garantire una presenza costante sul territorio, guadagna un ruolo di protagonista attivo nel progetto di tutela. Parchi naturali, dove la natura governa con leggi e ritmi immutabili: ma soprattutto parchi naturali per l'uomo, e non aree interdette. Parchi da vivere, quindi, adottando opportuni comportamenti ed atteggiamenti che non danneggino equilibri antichi; parchi che rimangono sede di attività tradizionali della civiltà e della cultura alpina come l'alpeggio, la forestazione, l'alpinismo, l'escursionismo. I parchi del Trentino, oltre ad esistere a livello istituzionale-amministrativo, sono Enti con compiti e facoltà: una legge li ha dotati di fondi, personale e strumenti per operare come veri presidi del bene-ambiente, integrati nelle realtà geografiche e fra le comunità di montagna direttamente coinvolte nella loro gestione.
I tre parchi naturali del Trentino ricoprono complessivamente una superficie di circa 900 chilometri quadrati, pari al 14 % dell'estensione provinciale. Il parco Adamello Brenta nel Trentino occidentale e quello di Paneveggio Pale di San Martino nella porzione orientale, racchiudono due ambienti diversi, due realtà naturalistiche espressione di un territorio alpino estremamente variegato: ghiacciai e rocce granitiche da una parte, la dolomia ed immense foreste di conifere dall'altra, mentre il Parco nazionale dello Stelvio sembra riassumere in sé armonicamente tutti questi elementi particolari. Il Trentino verde non si esaurisce qui. Non si possono dimenticare le riserve naturali delle Tre Cime del Monte Bondone, di Campobrun, di Bes-Cornapiana e della Scanuppia, anch'esse sottoposte a particolari forme di tutela, oltre ai numerosi biotopi provinciali individuati e tutelati con un'apposita legge.
10.1 Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino
Ai confini con il Veneto contiguo al Parco Nazionale delle Dolomiti bellunesi, ha una superficie di l90 chilometri quadrati tra le Valli del Travignolo e del Cismon, comprende le foreste demaniali di Paneveggio, San Martino di Castrozza, Valsorda e Valzanca, le Dolomiti di San Martino e la parte orientale della catena del Lagorai.
Elemento dominante e caratteristico del paesaggio è l'abete rosso che qui da secoli ha trovato un habitat particolarmente felice; a tal punto che i liutai veneziani salivano fin quassù per scegliere le piante più rigogliose da destinare all'intaglio delle casse dei violini ai quali erano garantite risonanza e musicalità uniche.
10.2 Parco nazionale dello Stelvio
È stato il primo del Trentino e tra i più antichi d'Italia (1935), abbraccia porzioni di territorio anche delle confinanti province di Bolzano e Sondrio, ed è contiguo al Parco Nazionale dell'Engadina in Svizzera. La parte trentina è di circa 193 chilometri quadrati, estesi in zone prive di insediamenti umani (Alta Val di Rabbi e Pejo), ricche di ghiacciai, laghi, acqua, torrenti; l'ambiente alpino è severo, molte cime superano i 3 mila metri (Centri visitatori a Cogolo e Rabbi). La gestione del parco è ora affidata ad un Consorzio creato tra le province di Trento e Bolzano, la regione Lombardia e lo Stato.
10.3

Il Parco

• Gestore: Ente Parco Adamello Brenta
• Sede: Via Nazionale, 12 - 38080 Strembo (TN)
• Tel: 0465/804637
• Superficie: 61.814 ha
• Province: Provincia Autonoma di Trento
• Istituzione: 1988
Il Territorio
Nel cuore delle Alpi, il Parco Naturale Adamello-Brenta è la più estesa area protetta del Trentino con una superficie totale di 618 chilometri quadrati. Il Parco, situato nel Trentino occidentale tra le valli Giudicarie, di Non e di Sole, si estende su due vasti ambiti geomorfologicamente distinti, il Gruppo delle Dolomiti di Brenta e il massiccio granitico dell'Adamello-Presanella, caratterizzato dalla presenza di numerose superfici glacializzate. I due gruppi montuosi sono separati dal solco della Val Rendena, percorso dal fiume Sarca. Numerose valli laterali costituiscono la via di accesso agli ambienti più selvaggi e remoti del Parco. Tra quelle del settore Adamello-Presanella presentano particolare rilevanza naturalistica a nord la Val Genova e a sud la Val Daone che prosegue nella Val di Fumo; sono annoverate tra le più belle valli delle Alpi, ricchissime di acque e di presenze floro-faunistiche estremamente varie ed interessanti.
Nel Gruppo del Brenta, dove le dolomie di origine sedimentaria sono state scolpite per millenni dagli eventi atmosferici, creando le tipiche architetture dolomitiche ricche di guglie, campanili, torrioni, si trova invece la Val di Tóvel che dalla Val di Non, nel settore del Gruppo, si incunea per 18 km fino al cuore del massiccio.
La Fauna
L'eccezionale integrità ambientale delle aree appartenenti al Parco Naturale Adamello-Brenta è sottolineata dalla presenza di una ricca fauna, che include tra l'altro specie rare ed esclusive per l'arco alpino. Tra i numerosissimi animali che popolano il Parco assumono un particolare rilievo gli ultimi esemplari di Orso bruno alpino. Questa specie, autentica perla ecologica, si è estinta in tutto il resto della catena alpina; la popolazione presente nel Parco (pochi esemplari), che vive nei boschi del settore nord orientale del Gruppo di Brenta attorno alla Val di Tóvel, è da anni oggetto di studi e ricerche volti ad assicurarne la sopravvivenza.
Notevole è la presenza di ungulati, roditori come scoiattolo e marmotta, numerosi predatori terrestri come la volpe e tutti i mustelidi, senza dimenticare la ricca avifauna con ben 82 specie nidificanti all'interno del Parco.

La Flora
La ricchezza e la varietà di aspetti floristici e vegetazionali che si riscontrano nel territorio del Parco Naturale Adamello-Brenta non trovano paragoni che in poche altre zone dell'arco alpino. La presenza di due distinti settori con differenti caratteristiche geologiche, (rocce calcareo-sedimentarie del Gruppo di Brenta e la rocce intrusive cristalline dell'Adamello-Presanella) ha favorito lo sviluppo naturale di endemismi e di popolamenti floristici specifici, e ciò risulta particolarmente evidente nelle fasce vegetazionali al di sopra del limite degli alberi.
Dal fondovalle e dalle pendici dei monti ricoperte da vaste foreste, alle praterie alpine in quota dove piante pioniere sfidano le intemperie, il gelo ed i venti e dove gli ultimi fiori si aggrappano tenacemente alle rocce, tutto il paesaggio vegetale del parco è fonte di profondo interesse naturalistico e costituisce un compendio di grande suggestione visiva.
11. Parchi del FRIULI Venezia Giulia
11.1
Il Parco

• Gestore: Parco Naturale Delle Dolomiti D'Ampezzo
• Sede: Via del Parco, 1 - 32043 Cortina D'Ampezzo (BL)
• Tel.: 0436/867707
• Superficie: 11.000 Ettari
• Provincia: Belluno
• Istituzione: 1990
Istituito con legge regionale 22 marzo 1990, n. 21, il Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo interessa un'area di 11.000 ettari a nord del centro abitato di Cortina d'Ampezzo. Al suo interno sono ricompresi alcuni dei più noti massicci rocciosi delle Dolomiti orientali (Tofane, Fanes, Croda del Béco, Croda Rossa, Cristallo). Esso confina inoltre con il Parco naturale di Fanes, Senes e Braies, istituito dalla Provincia Autonoma di Bolzano, assieme al quale costituisce di fatto una grande area protetta di 37.000 ettari dalle caratteristiche ambientali omogenee. Il territorio del parco è in gran parte proprietà indivisa delle Regole d'Ampezzo, le antiche comunioni familiari montane nate all'epoca dei primi insediamenti fissi nella valle, ma tuttora vitali e giuridicamente riconosciute, fondate dalle antiche famiglie originarie per garantire un uso collettivo dei boschi e dei pascoli ampezzani. Ciò, unitamente al fatto che all'interno dell'area a parco sono praticamente assenti insediamenti abitativi stabili, ha consentito la conservazione, fino ai giorni nostri, di un ambiente naturale di grande bellezza e integrità.
Il paesaggio del parco presenta i caratteri tipici della montagna dolomitica, con torri e imponenti pareti verticali formate per la maggior parte di Dolomia principale, accanto alle quali troviamo però anche ambienti carsici, modellati nei calcari grigi più corrodibili della dolomia, come gli altipiani di Fòsses e di Rudo, ricchi di grotte, doline ed altre manifestazioni di carsismo. Ai piedi delle pareti rocciose si estendono fitte foreste di conifere e praterie d'alta quota ricche di flora con numerose specie endemiche. Ricca è la presenza di fauna, con le principali specie tipiche dell'ambiente alpino, tra cui la marmotta, la pernice bianca, il gallo cedrone, il gallo forcello, l'aquila reale, il camoscio e un'importante popolazione di stambecco.
Per la visita della zona l'appassionato ha a disposizione un'ottima rete di sentieri e mulattiere (che molto spesso, assieme ad altri manufatti, costituiscono testimonianze della Prima guerra mondiale) accuratamente segnalati, oltre a numerosi rifugi e bivacchi fissi del Club Alpino Italiano o privati, che vanno però utilizzati nel più rigoroso rispetto dell'ambiente. In particolare, occorre evitare l'attraversamento di zone o percorsi non segnalati di cui si è voluto maggiormente preservare l'integrità naturale.
11.2
Il Parco
• Ente gestore: Parco Naturale Regionale delle Dolomiti Friulane
• Sede: Via Vittorio Emanuele - 33080 Cimolais (PN)
• Tel: 0427/87333
• Superficie: 36.950 ha
• Province: Pordenone e Udine
• Istituzione: 1996
• Ulteriori informazioni: http://www.regione.fvg.it/aree/aree.htm
Il Parco Naturale Dolomiti Friulane si estende su una superficie di 36.950 ettari, e comprende i territori della Valcellina (Andreis, Cimolais, Claut, Erto e Casso), dell'alta Valle del Tagliamento (Forni di Sopra, Forni di Sotto) e della Val Tramontina (Frisanco e Tramonti di Sopra).
Geograficamente è inserito tra l'alta Valle del Tagliamento a Nord ed iL corso del Torrente Cellina a Sud, tra la Valle del Piave ad Ovest e le alte valli dì destra orografica del Torrente Meduna ad Est. Il paesaggio predominante è quello caratteristico delle Prealpi Orientali, determinato da un contorno dolomitico e da vallate strette e lunghe.
La catena dei Monfalconi con il Campanile di Val Montanaia, le praterie di alta quota di "Campoross", i pascoli di malga Senons e la solitudine del Canale di Meduna, ne fanno un ambiente unico.
Le difficoltà conferite dal tipo di orografia presente, hanno reso minimo l'impatto causato dalla pressione antropica e hanno garantito, allo stesso tempo, la sua naturale conservazione ad opera delle popolazioni locali.
Priva di agevoli strade e centri abitati al suo interno, quest'area è caratterizzata da un alto grado di "Wilderness" (selvatichezza) difficilmente riscontrabile in altre zone dell'intero arco alpino e prealpino.
L'asprezza e la severità dell'ambiente, assieme all'assenza di strutture ricettive attrezzate in quota, scoraggiano il turismo di massa per favorire quello degli alpinisti, degli escursionisti e degli, appassionati della natura.
Le strutture presenti sono infatti essenziali e proporzionate.
Di notevole interesse naturalistico sono senz'altro i recenti ritrovamenti di Impronte di dinosauro, che in questi ultimi anni hanno arricchito la curiosità e l'interesse per la zona.
La cultura e la storia di questi luoghi si possono ancora scoprire con le testimonianze delle attività tradizionali che hanno caratterizzato l'economia locale dei tempi passati.
FINALITA'
Nell'ambito delle disposizioni della Legge Regionale n. 42/1996, istitutiva dell'area protetta, le finalità del Parco si possono riassumere in:
-Conservazione, tutela e ripristino degli ecosistemi
-Promozione sociale ed economica
-Ricerca scientifica
-Didattica educativa e formativa
- Sperimentazione
ASPETTI NATURALISTICI
La geomorfologia di questi monti rivela una notevole e continua evoluzione del territorio testimoniata dalla presenza di faglie, sovrascorrimenti e fratture che si contrappongono a morene e piramidi di terra determinate dall'escavazione e dal deposito di antichi ghiacciai; guglie e torrioni dolomitici, nonché stratificazioni rocciose dalle svariate caratteristiche (i libri di San Dalniele) indicano inoltre un'intensa erosione alpina.
La zona è interessata da tre grandi linee tettoniche: "linea dell'Alto Tagliamento", Sovrascorrimento Monte Duranno-Alto Meduna" e "Sovrascorrimento (o faglia) Periadriatica". Quest'ultima è facilmente individuabile nella zona di Andreis a Sud del Monte Raut, dove determina un singolare paesaggio. Ulteriore fattore che ha caratterizzato l'aspetto geomorfologico delle zone più interne, è stata la presenza diffusa dei ghiacciai, protratta fino ad alcune migliaia di anni fa, in tutte le valli del comprensorio prealpino.
Le testimonianze si evidenziano da alcune sezioni vallive e dai grandi e piccoli "circhi" glaciali modellati nei fianchi montuosi. Bisogna inoltre ricordare i grandiosi depositi della Frana del Monte Toc (o del Vajont), che evocano la catastrofe del 1963 e costituiscono un esempio unico di colossale evento franoso.
FAUNA
Il patrimonio faunistico del Parco è interessante: ciò dipende soprattutto dalla variabilità ambientale di questa fascia alpino-montana. Stabilmente possiamo trovare: camosci, caprioli, marmotte, galli cedroni, galli forcelli, cervi e una consistente colonia di stambecchi in continua espansione. Segno dell'elevato grado di naturalità dell'ambiente del Parco è la consistenza dell'aquila reale; in ogni vallata si stima la presenza di una coppia nidificante.
L'esistenza di una popolazione ben strutturata e vitale di aquila reale, rilevabile dall'occupazione di tutti i territori disponibili, è indice di salute ambientale e della presenza di una fauna ricca.
FLORA
La notevole ricchezza floristica di tutto il comprensorio del Parco, dipende soprattutto dall'occasione di rifugio e di sopravvivenza che è stata data da questi territori ad innumerevoli specie durante il periodo di espansione dei ghiacciai. Oltre quindi alla molteplicità di specie tipiche della fascia temperata, sopravvivono degli autentici endemismi, cioè organismi differenziatisi in loco in tempi lontani e rimasti oggi isolati in aree originarie circoscritte.
Tra questi endemismi evidenziamo: l'Arenaria huteri la Gentiana froelichi, la splendida Pianella della Madonna (Cypripedium calceolus), la Daphne blagayana (un esemplare di Timeleacea rinvenuto in Italia nella zona del Raut e del Tramontino solo nel 1989).
12. Parchi del PIEMONTE
12.1 PARCO NATURALE DELL' ARGENTERA
Il Parco naturale dell'Argentera è il più vasto parco regionale del Piemonte e uno dei più grandi d'Italia. Il suo territorio comprende l'alto bacino del Fiume Gesso, con la caratteristica configurazione a ventaglio e le numerose valli che incidono profondamente i pendii settentrionali delle Alpi Marittime.
Il Monte Matto, l'Argentera (che dà il nome al parco) e i Gelas (caratteristici i suoi ghiacciai di tipo "pirenaico", i più meridionali delle Alpi) sono i massicci che si incontrano da ovest verso est, tutti con cime che superano i tremila metri.
Il parco condivide 30 chilometri di confine con il Parco nazionale del Mercantour. Nel 1993 entramhi hanno ricevuto il Diploma Europeo, riconoscimento che il Consiglio d'Europa conferisce annualmente ai parchi che si distinguono per il valore dell'opera di tutela e protezione. Gemellati dal 1987, i due parchi conducono da anni ricerche, iniziative e progetti comuni come la reintroduzione dello stambecco e, ultimamente, del gipeto.
Molti inoltre sono i legami storici e geografici fra il Parco dell'Argentera e quello del Mercantour. Derivano entrambi dall'antica riserva di caccia di Vittorio Emanuele II, re d'ltalia, creata nel 1857. Già molto prima, però, gli abitanti del massiccio Argentera - Mercantour avevano stretti legami, condividevano lingua, tradizioni e costumi della cultura occitana. Non ultimo, pastori dell'eta del Bronzo, lasciarono testimonianze straordinarie nelle incisioni rupestri della Valle delle Meraviglie, il secondo sito più importante delle Alpi, vivevano anche sul versante italiano come hanno mostrato le recenti scoperte del vallone del Vej del Bouc.
Scheda sull'Argentera
- Superficie : 25.883 ettari
- Altitudine minima : 870 m
- Altitudine massima : 3297 m.
- Anno di istituzione : 1980
- Ambienti : La superficie è occupata da rocce, ghiacciai e laghi (72%) da boschi di latifoglie (15%), da boschi misti e arbusteti (8%) e da pascoli (5%). Da segnalare all'interno del parco stesso due Riserve naturali speciali (Faggeta di S. Giacomo e Bosco della Valletta) e due Riserve naturali integrali (Meris e Bars).
- Flora : Elevato numero di piante endemiche, tra queste di notevole interesse la Saxifraga florulenta, pianta dell'era terziaria considerata quasi un "fossile vivente". Boschi dl conifere abete bianco, abete rosso, larice e pino cembro. Le faggete occupano quasi l'80% della superficie boscata del parco. Inoltre vegetazione tipica delle torbiere di alta quota.
- Fauna : Grandi ungulati come camosci Stambecchi e mufloni; mustelidi quah faina1 martora, donnola ed ermellino, marmotte, volpl, tassi e lepre bianca. Tra gli uccelli vanno ricordaTi i rapaci (aquila reale, falco pellegrino poiana gheppio e sparviere), i notturni (allocco, civetta e gufo) e altri quali iI picchio muraiolo, il picchio nero, il gracchio corallino e il corvo impenale.
- Comuni : Entracque, Valdieri e Aisone
- Accesso : Valdieri, sede del parco, si raggiunge da Cuneo percorrendo la provinciale che si stacca da Borgo San Dalmazzo. Dopo Valdieri la strada si biforca: a destra si raggiunge Terme di Valdieri,: a simstra Entracque. Da Borgo San Dalmazzo si prosegúe sulLa SS 21 per il Colle della Maddalena e si àrriva ad Aisone, unico comune della Valle Stura il cui territorio rtentra nel parco.
12.2 RISERVA NATURALE BOSCO E LAGHI DI PALANFRE'
Localizzato nel settore sud occidentale del Piemonte, il territorio della riserva occupa la testata della Valle Grande di Vernante, affluente di sinistra della Val Vermenagna. Inizialmente comprendeva solo il bosco di faggi, ma, dal 1979, su proposta del Comune di Vernante, fu estesa anche al Vallone e ai Laghi degli Albergh (che, nella parlata locale, significa "ultimi pascoli di alta montagna").
La peculiarità della riserva rimane comunque la suggestiva faggeta posta alle pendici della Costa del Colombo proprio alle spalle dell'abitato che le dà il nome. L'attuale esistenza della faggeta di Palanfrè è dovuta alla sua insostituibile funzione di protezione dalle valanghe dell'abitato omonimo.
Nell'archivio comunale di Vernante, infatti, sono presenti dei Bandi Campestri che risalgono al 1741 nei quali è sancito il divieto del taglio degli alberi proprio a causa della loro specifica funzione. Così anche se il divieto fu sempre rispettato - disboscamenti per procurarsi il legname o per creare spazi coltivabili furono operati in varie epoche - si possono ammirare degli esemplari vetusti che risalgono a circa 320 anni fa. Le condizioni climatiche difficili, la quota elevata, la prolungata copertura nevosa e la forte pendenza del terreno sono fattori che molto hanno influenzato la crescita dei faggi. Per questo i loro fusti sono corti, tozzi e ramificati a breve distanza dalla base dando loro un portamento forestale molto caratteristico.
Anche se la riserva occupa un territorio abbastanza limitato, si incontrano ambienti assai diversificati: dagli ampi pascoli alle conche carsiche, dal terreno calcareo caratterizzato da ripide falesie ai circhi glaciali che ospitano limpidi laghetti alpini.
Scheda sul Bosco e sui Laghi di Palanfrè
- Superficie : 1.068 ettari.
- Altitudine minima : 1.400 m.
- Altitudine massima : 2.637 m.
- Anno di istituzione : 1979.
- Ambienti : Anche se il territorio protetto è al quanto limitato, è di particolare interesse la successione degli strati rocciosi - depositatisi in epoche via via piu remote - che si incontrano procedendo verso la testata del vallone.
- Flora : Malgrado la faggeta caratterizzati fortemente il territorio, è presente, grazìe alla varietà dei substrati geologici, una flora molto ricca e varia.900 circa sono le specie di piante individuate: nella riserva e fra di esse sono presenti numerose entità notevoli per rarità e bellezza. Una fra tutte la Saxifraga florulenta, pianta che risale all'era terziaria.
- Fauna : Sono presenti tutti gli animali tipici della fauna alpina.
12.3
Il Parco
• Gestore: Ente Parco Nazionale Gran Paradiso
• Sede: Via della Rocca, 47 - 10123 Torino
• Tel: 011/8606211
• Fax: 011/8121305
• E-mail: [email protected] (Servizio Comunicazione e Turismo)
[email protected] (Servizio Segreteria)
• Segreteria Turistica del Parco: via Umberto I n. 1, 10080 Noasca (TO), tel. e fax 012/4901070
• Superficie: 70.000 ha circa
• Province: Torino, Aosta (Piemonte, Valle d'Aosta)
• Istituzione: 1922
La storia
Le vicende del Parco sono indissolubilmente legate alla protezione dello stambecco. Già nel 1856 il re Vittorio Emanuele II aveva dichiarato Riserva Reale di Caccia una parte dell'attuale territorio del Parco, salvando in questo modo dall'estinzione lo stambecco che in quegli anni aveva ridotto la sua popolazione a livelli allarmanti. Il re aveva poi formato un corpo di guardie specializzate e fatto costruire sentieri e mulattiere che ancora oggi costituiscono la migliore ossatura viaria per la protezione della fauna da parte dei guardaparco e formano il nucleo dei sentieri escursionistici. Nel 1920 il re Vittorio Emanuele III donava allo Stato italiano i 2.100 ettari della riserva di caccia. affinché vi creasse un parco nazionale. Due anni dopo, il 3 dicembre, veniva istituito il Parco Nazionale del Gran Paradiso. il primo parco nazionale italiano. L'area protetta fu gestita fino al 1934 da una commissione dotata di autonomia amministrativa. quindi direttamente dal ministero dell'Agricoltura e foreste fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale (subendo purtroppo gravissimi danni durante la guerra) e ancora da un ente autonomo a partire dal 1947. Nel 1991 è stata promulgata una legge quadro sui parchi, uno strumento legislativo indispensabile per regolare la nascita e la vita delle aree protette in Italia, compreso il Parco del Gran Paradiso.

L'ambiente
ll territorio del Parco. a cavallo tra Piemonte e Valle d'Aosta. si estende su circa 70.000 ettari in un ambiente di tipo prevalentemente alpino. Le montagne del gruppo del Gran Paradiso sono state in passato incise e modellate da grandi ghiacciai e dai torrenti fino a creare le attuali vallate. Nei boschi dei fondovalle gli alberi più frequenti sono i larici, misti agli abeti rossi, pini cembri e più raramente all'abete bianco. Man mano che si sale lungo i versanti gli alberi lasciano lo spazio ai vasti pascoli alpini, ricchi di fiori nella tarda primavera. Salendo ancora sono le rocce e i ghiacciai che caratterizzano il paesaggio, fino ad arrivare alle cime più alte del massiccio che toccano i 4.000 metri proprio con quella del Gran Paradiso.

Geologia
Il gruppo del Gran Paradiso è costituito da rocce di varia età e provenienza. In particolare vi si trova un complesso di gneiss stratificati (rocce metamorfiche derivate da graniti o da dioriti, ancora conservati qua e là). In alcuni casi gli gneiss hanno uno spesso ricoprimento di scisti calcarei variamente metamorfosati, derivati da sedimenti marini dell'era mesozoica. Da segnalare la presenza di ricchi filoni di minerale di ferro in Val di Cogne che ha notevolmente influenzato la vita delle popolazioni della vallata.

Fauna e flora
Simbolo del Parco, lo stambecco (Capra ibex) è piuttosto confidente e non è difficile osservarlo al pascolo nei prati alpini. I maschi, riconoscibili dalle lunghe corna ricurve, vivono in piccoli gruppi, mentre le femmine, dalle corna più corte, e i piccoli formano branchi separati.
Quasi sempre si ascolta il suo fischio prima di vederla: è la marmotta (Marmota marmota), un simpatico roditore degli ambienti montani. Con le forti unghie scava lunghe gallerie nel terreno che le consentono di nascondersi all'arrivo di un pericolo e di trascorrere l'inverno in letargo.
Scomparso dal Parco nel 1912, il gipeto (Gypaetus barbatus) sta ritornando sull'arco alpino grazie a un progetto di reintroduzione internazionale. Nella zona nidifica invece un altro grande rapace, l'aquila reale, non poi così difficile da osservare.
Come dice il nome, il crociere (Loxia curvirostra) è caratterizzato dal becco con le punte che si incrociano, peculiarità che gli permette di far leva sulle pigne per estrarne i semi. E' un uccello tipico dei boschi di conifere. L'unica conifera a perdere gli aghi in autunno, il larice (Larix decidua) è una pianta pioniera, capace di crescere in breve tempo anche sui terreni nudi dell'alta montagna, dove la vegetazione è quasi assente.
Simbolo dell'alta montagna, la stella alpina (Leontopodium alpinum) è diffusa dai 1500 ai 3200 metri di altezza. Piuttosto localizzata, questa pianta è caratterizzata da una soffice peluria che ricopre il lato superiore delle foglie.
Il giglio di monte (Paradisea Liliastrum) è stato scelto come simbolo per il giardino botanico Paradisia di Valnontey (Cogne), un'esposizione all'aperto della flora alpina.
13. Altri Parchi…
13.1
Il Parco

• Gestore: Ente Parco Nazionale del Pollino
• Sede: Via Mordini, 20 - Palazzo Amato - 85048 Rotonda (PZ)
• Tel: 0973 / 661692 - 661027
• Fax: 0973 / 661671
• Superficie: circa 196.000 ettari
• Province: Cosenza, Matera, Potenza
• Istituzione: 1993
Il Parco Nazionale Del Pollino è esteso sul massiccio omonimo negli Appennini meridionali della regione Basilicata, che nel 1980 ha costituito un gruppo interdisciplinare di studio per ridigere “ un piano territoriale di coordinamento “, connesso all’istituzione di Parco naturale Regionale nel 1986.
La zonizzazione prevede:
1. Aree a protezione speciale

- A, cuore del parco
- B, “ boschi di casa”
- C1, zone di rispetto monumentale
- C2, emergenze geologiche e zone instabili
- C3, paesaggi di rilevante interesse.
2. Aree a normativa urbanistica ordinaria
- C4, zone di servizio del parco
- C5, nuclei rurali
- C6, centri storici
- C7, aree agricole
- D1, insediamenti polifunzionali
- D2, insediamenti produttivi
L’AMBIENTE E LA FAUNA
Questo Parco presenta caratteristiche di spiccata unicità per la morfologia del paesaggio, per la fauna e per le formazioni vegetali.E’ possibile, ad esempio, le cosidette praterie di alta quota che rappresentano una rarità per l’Appennino meridionale.La presenza di specie animali quali il lupo, l’aquila, la poiana, il picchionero, fanno un’area dalle spiccate pecularietà faunistiche, anche se la consistenza piuttosto bassa non rispecchia in pieno le potenzialità biotiche dell’area.
Questo fatto, unito al bracconaggio, rende necessaria una più oculata azione di protezione.

LA FLORA
Anche dal punto vegetazionale il parco, presenta caratteristiche peculiari che lo collocano in una posizione naturalistica di primo piano rispetto ad altre aree dell’ Appennino meridionale.
E’ possibile infatti trovare sistemi vegetazionali come ad esempio quello costituito dalla convivenza di faggette ed abetine, inoltre si possono trovare specie sporadiche quali la Genziana,Pino loricato.

13.2
Il Parco
• Gestore: Consorzio di Gestione del Parco Regionale del Delta del Po
• Sede : Via Cavour, 11 - 44022 Comacchio (FE)
• Tel.: 0533-314003
• Fax: 0533-318007
• E-mail: [email protected]
• Superficie: 58.277 ha
• Province: Ferrara, Ravenna
• Istituzione: 1988
E' il più esteso fra i Parchi Regionali, occupa un importantissima porzione del territorio della Regione Emilia-Romagna a partire a nord dal corso del Po di Goro, si sviluppa sino a ricomprendere tutto il delta storico del fiume Po e le foci di alcuni fiumi appenninici quali il Reno, il Lamone. i Fiumi Uniti, il Bevano e zone umide salmastre site lungo la costa adriatica e nell'immediato entroterra quali la Sacca di Goro, le Valli di Comacchio, le Piallasse Ravennati, le Saline di Cervia, le zone umide interne di acqua dolce delle Valli di Campotto, boschi e pinete come il Bosco della Mesola e la Pineta di San Vitale. Ricchissima è anche la dotazione di importanti monumenti.
La Fauna
Le acque dei rami fluviali, dei canali e delle valli di acqua dolce, caratterizzate da decorso lento ed elevate temperature, e ricche di vegetazione palustre e materiali alluvionali ed organici in sospensione, sono popolate dalla tipica ittiofauna dulcacquicola di pianura. Le specie più numerose sono rappresentate dai Ciprinidi (Carpa, Tinca, Carassio, Barbi), in molte zone soppiantate da pesci introdotti dall'uomo, quali il Pesce gatto, il Persico sole e la Gambusia, meno diffusa. Tra i predatori è presente il Luccio, che svolge una indispensabile funzione equilibratrice di controllo dei soggetti più deboli o in sovrannumero.
La componente faunistica più spettacolare e conosciuta è certamente rappresentata dagli Uccelli, che attirano in ogni stagione ampie schiere di esperti ornitologi ed appassionati di "birdwatching". Per documentarne e registrarne la consistenza e le variazioni, vengono effettuati periodicamente censimenti dell'avifauna stanziale e migratoria. Sono soprattutto le zone umide, sia dolci che salmastre, nelle quali abbondano le possibilità alimentari, di rifugio e di nidificazione, ad ospitare in ogni periodo dell'anno ingenti popolazioni di uccelli. Il Delta del Po, infatti, si inserisce sulle rotte migratorie di diverse specie ornitiche, che dal Nord-Europa attraversano la nostra penisola per portarsi nei quartieri africani o Sud-mediterranei di svernamento.
La Flora
Nel delta del Po la varietà di ambienti dà origine a diversi tipi di vegetazione, ciascuno dei quali risulta strettamente legato alle caratteristiche del suolo, alle condizioni chimico-fisiche, al clima locale, all'influenza antropica. Partendo dalmare e addentrandosi nell'entroterra, le prime piante che si osservano sono quelle delle spiagge e delle dune sabbiose (piante psammofile o delle sabbie). In questo ambiente le condizioni di ventosità, presenza di sali, scarsità di acqua sono estremamente ostili alla vita delle piante.
Le poche che riescono ad adattarvisi sono le specie "pioniere", come il Ravastrello marittimo, il Convolvolo di mare, e le specie "edificatrici", come lo Sparto pungente, cui spetta il principale ruolo di formazione e consolidamento delle dune litorali. La zona delle valli salmastre è
caratterizzata da una elevata concentrazione di sali (soprattutto cloruro di sodio) nel substrato, che rende impossibile la vita alla maggior parte delle piante: solamente poche specie (piante alofile) popolano le barene e i dossi vallivi, sopportando anche variazioni del livello idrico. Queste assumono adattamenti particolari quali l'accumulo di acqua nei tessuti come le Salicornie, oppure la secrezione dei sali in eccesso come il Limonio. Gli unici arbusti che allignano sugli argini più elevati sono i Tamerici. Nel delta del Po l'unico esempio di formazione boschiva litoranea di rilievo è rappresentato dal Gran Bosco della Mesola, originatosi nell'Alto Medio Evo su cordoni dunosi alle foci del Po di Volano.
14. BIBLIOGRAFIA
De Agostini, 1991. “L’Italia in verde.”
Diviacco, 1995. “Indagine sulla zona costiera delle Cinque terre.”

Fabbri Editori 1995. “Enciclopedia delle Riserve e dei Parchi Naturali.”
Gambino, 1984. “I Parchi Naturali.”
Regione Liguria, 1986. “Sistema aree di interesse naturalistico-ambientale “ Bracco Mesco – Cinque Terre – Montemarcello.”
Regione Liguria, 1992. “Il Parco fluviale del Magra.”
Rossi, 1988. “I Parchi e le Riserve Naturali.”
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