L'oscilloscopio

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Testo

Istituto Tecnico Industriale Statale “F. Viola”
Sede di Badia Polesine
___________________________________
Quaderni di T.D.P.
L’OSCILLOSCOPIO
A cura di Andrea Ghirelli

1997-98
Argomenti trattati
Cap.1 - Struttura fisica dell’Oscilloscopio
1. - Il tubo a raggi catodici (CRT)
1.1 - lo schermo
1.2 - il sistema di formazione del fascio elettronico
1.3 - il sistema di deflessione del fascio
1.3.1 - sensibilità
1.3.2 - sensibilità statica
1.3.3 - sensibilità dinamica
1.4 - Limiti di frequenza
Cap.2 - L’oscilloscopio
2.1 - L’oscilloscopio analogico
2.2 - L’oscilloscopio a doppia traccia
2.3 - Approfondimenti
2.4 - L’oscilloscopio numerico
Cap. 1 - Struttura fisica dell’Oscilloscopio
1. - Il tubo a raggi catodici (CRT)
Elemento fondamentale della struttura fisica dell’oscilloscopio è il tubo a raggi catodici (CRT – Catode Ray Tube), costituito da un involucro in vetro al cui interno è realizzato un "vuoto" pneumatico in modo che gli elettroni possano muoversi liberamente sotto l’azione di un campo elettrico prodotto da opportuni elettrodi.
Il tubo a raggi catodici (CRT – Catode Ray Tube) a sua volta si può considerare costituito da tre parti:
1) lo schermo
2) il sistema di formazione del fascio elettronico
3) il sistema di deflessione del fascio
1.1 - Lo schermo
La parte divergente del CRT termina con una superficie sferica (schermo) rivestita, all’interno, da un materiale fosforescente che, qualora sia colpito da elettroni dotati di una sufficiente energia cinetica, emette fotoni illuminandosi.
In particolare, gli elettroni dello strato di materiale fosforescente di cui è rivestito internamente lo schermo, passano nello stato eccitato di fluorescenza quando sono colpiti dal fascio elettronico (cioè da elettroni ad alta energia). Gli stessi elettroni eccitati, passano poi dallo stato di fluorescenza al loro normale stato orbitale, e questa seconda transizione di assestamento si chiama fosforescenza.
Si ha emissione di luce sia durante la fluorescenza che durante la fosforescenza (in genere la fosforescenza dura di più ed è pertanto questa transizione che in realtà permette la visione ottica del segnale tracciato sullo schermo).
1.2 - Il sistema di formazione del fascio elettronico
Il sistema di formazione del fascio elettronico è costituito da un catodo che emette elettroni, e da diversi anodi e griglie che accelerano e focalizzano il fascio stesso.
In particolare, gli elettroni che costituiscono il fascio elettronico e colpiscono lo schermo vengono estratti dal catodo mediante il fenomeno della termoionizzazione prodotto da un idoneo resistore posto in vicinanza del catodo e percorso da corrente. (Generalmente il catodo è alimentato internamente con una corrente che viene dissipata su una resistenza, in modo da essere riscaldata, potendo così emettere elettroni senza il bisogno di venir sottoposto a campi elettrici eccessivamente intensi.)
L’elevata differenza di potenziale (alcuni kilovolt) che si viene a creare tra il catodo e lo schermo del CRT crea il campo elettrico assiale del CRT che impone un’accelerazione agli elettroni facendoli muovere verso lo schermo. (1)
Per questo motivo la differenza di potenziale (indicata con –Va) fra catodo e schermo viene chiamata "potenziale acceleratore".
In un tubo catodico sono presenti un catodo, due griglie (G1 e G2) e due anodi (A1 e A2) che si trovano a potenziali elettrostatici ben precisi.
La struttura fisica del tubo catodico è la seguente:
Il catodo, le griglie e gli anodi hanno simmetria cilindrica per assicurare un fascio elettronico cilindrico.
La griglia G1 è mantenuta al potenziale più negativo (comunque poche decine di volt) per controllare il numero di elettroni del fascio. Variando il suo potenziale si riesce quindi a variare la luminosità, perché si varia l’intensità del fascio di elettroni.
Bisogna poi focalizzare il fascio di elettroni per fare in modo che essi colpiscano una piccola e ben definita regione dello schermo; a tale fine viene inserito nel CRT, lungo il percorso degli elettroni, un dispositivo costituito dagli elementi G2, A1, A2 detto “lente elettronica convergente” che permette la focalizzazione del fascio sullo schermo. In effetti è necessario che il punto sullo schermo sia il più piccolo possibile per migliorare la qualità del segnale visivo.
La griglia G2 serve a rendere insensibile il numero di elettroni che escono dal cannone rispetto ai potenziali variabili dell’anodo A1. Se non ci fosse G2 al variare del potenziale di A1 non varierebbe solo il fuoco, ma anche la luminosità del fascio.
Inoltre la griglia G2 fa da schermo separatore tra G1 e A1, così agendo sui comandi INTENSITY (potenziale di G1) e FOCUS (potenziale di A1), si provoca una variazione dei potenziali di G1 ed A1 che non si disturbano a vicenda.
Non si possono immettere diaframmi sull’anodo A1 perché gli elettroni respinti da questi, andrebbero in gran parte ad essere raccolti dal circuito di alimentazione alterando le cadute di potenziale tra le varie prese.
L’anodo A2 è a potenziale di massa (come la griglia G2) e serve per accelerare gli elettroni. A2 deve essere ad un potenziale nullo perché diversamente esisterebbe un campo elettrostatico disuniforme fra A2 e le placche di deflessione essendo queste a potenziali simmetrici rispetto a massa (bilanciati).
Questa scelta permette di avere un fascio a simmetria cilindrica anche tra le placche.
(1) Gli elettroni che superano la griglia di controllo continuano ad accelerare ed acquistano una velocità assiale il cui valore può essere determinato considerando che al momento dell’urto dell’elettrone con lo schermo l’energia potenziale fornita dal potenziale acceleratore si è interamente trasformata in energia cinetica. Indicando con:
Va : potenziale acceleratore,
e: carica dell’elettrone,
m: massa dell’elettrone,
va: velocità dell’elettrone lungo l’asse del CRT
possiamo esprimere l’uguaglianza fra le due energie come:
da cui si ottiene l’espressione della velocità assiale in funzione del potenziale acceleratore:
1.3 - Il sistema di deflessione del fascio
Terminato l’allineamento del fascio gli elettroni sono sottoposti al campo di deflessione (prima verticale e poi orizzontale) prodotto dalle placche di deflessione.
Variando il potenziale che esiste fra ciascuna coppia di placche di deflessione è possibile imprimere agli elettroni una componente di velocità nel piano verticale oppure orizzontale in modo da portare il fascio a colpire i diversi punti dello schermo per tracciare la forma d’onda del segnale sotto analisi.
Le considerazioni che si possono fare per le placche di deflessione verticale valgono anche per quelle di deflessione orizzontale e viceversa.
La sensibilità (2) di una coppia di placche di deflessione si valuta mettendosi al centro delle placche stesse, e valutando il rapporto D/Vd, essendo D = DM/2 il massimo spostamento che il pennello può accettare a causa della geometria del sistema, e Vd la d.d.p. che è necessario dare alle placche per avere tale spostamento.
Essendo Vd una grandezza continua, si definisce più precisamente sensibilità statica il rapporto
S = D/Vd
S non dipende soltanto dalla geometria del sistema, ma anche dal potenziale acceleratore va dell’anodo A1, ed in particolare S è proporzionale a 1/va, in quanto il valore di va condiziona proprio Vd.
Come si può quindi notare, un’elevata sensibilità statica esigerebbe una bassa va e quindi una bassa energia cinetica degli elettroni del fascio (il medesimo valore di D si raggiunge con Vd inferiore se gli elettroni sono meno veloci).
Si ottiene però una maggiore luminosità se si hanno elettroni più veloci.
Esistono quindi due esigenze contrastanti e si arriva ad un compromesso consistente nel mandare a massa l’anodo A2 realizzando così velocità e sensibilità statica accettabili.
Per sensibilità dinamica indicata con Sn si intende la capacità che le placche hanno di deflettere un fascio di elettroni che cambia posizione con frequenza f = /2/, e le cui particelle elementari impiegano un tempo , ad attraversare la zona delle placche.
La sensibilità dinamica è esprimibile così:
SS = S(sin /2)/ ///2
(2) Si definisce "sensibilità del CRT" il rapporto fra lo spostamento del punto in cui gli elettroni colpiscono lo schermo che consegue alla inversione del campo elettrico di deflessione ed il corrispondente valore assoluto della differenza di potenziale fra le placche di deflessione.
Indicando con
DM lo spostamento del punto colpito dal fascio di elettroni;
L la distanza fra il punto centrale delle placche e lo schermo;
d la distanza fra le placche;
l la lunghezza delle placche lungo la direzione assiale del CRT;
Vd la differenza di potenziale fra le placche;
va la velocità assiale degli elettroni;
vt la velocità trasversale acquisita dagli elettroni con la deflessione.
è possibile determinare la sensibilità dopo avere espresso due ipotesi semplificative:
ipotesi 1:
consideriamo il campo elettrico fra le placche di deflessione come uniforme ed esente da fenomeni di bordo.
ipotesi 2:
consideriamo la traiettoria degli elettroni come una spezzata concentrando tutto l’effetto del campo di deflessione nel punto centrale delle placche.
Per determinare lo spostamento del punto dello schermo colpito dagli elettroni sfruttiamo la similitudine del triangolo delle velocità e del triangolo avente come vertici il punto in cui la traiettoria viene deviata, il punto in cui l’asse del CRT interseca lo schermo, il punto colpito dagli elettroni deviati.
L’espressione della velocità assiale in funzione del potenziale acceleratore Va è già stata ricavata e con semplici calcoli di elettrostatica e dinamica possiamo ricavare:
intensità del campo elettrico di deflessione:
forza coulombiana trasversale agente sull’elettrone
accelerazione trasversale dell’elettrone
tempo di permanenza dell’elettrone nella regione spaziale in cui è presente il campo elettrico di deflessione (tempo di transito)
velocità trasversale acquisita per effetto della deflessione
Dalla similitudine dei triangoli otteniamo:
per cui, sostituendo alle velocità le espressioni già trovate:

Raccogliendo e semplificando:
da cui si può esplicitare la "sensibilità" del CRT:
Come si nota la sensibilità aumenta
• al diminuire della distanza d fra le placche (problema: interferenza geometrica fra placche ed elettroni deflessi)
• al diminuire del potenziale acceleratore (problema: bassa intensità della traccia, limitazione di banda del CRT)
• all’aumentare della lunghezza l delle placche di deflessione (problema: limitazione di banda del CRT)
• all’aumentare della distanza L fra placche di deflessione e schermo (problema: ingombro del CRT).
Dalla espressione della sensibilità si nota che una buona sensibilità richiede un basso valore del potenziale acceleratore, ma questo comporta, come fattore negativo, la bassa intensità della traccia lasciata sullo schermo. Per sopperire a tale negativo fenomeno si dotano gli schermi di un dispositivo di "post-accelerazione" che introduce, nella parte divergente dello schermo un campo elettrico le cui linee di forza devono essere disposte secondo dei coni con vertice al centro del dispositivo di deflessione. Normalmente questo potenziale di post-accelerazione ha valori anche 3 volte superiori a quelli del potenziale acceleratore.
1.4 - LIMITI DI FREQUENZA
I limiti di frequenza e di sensibilità di un oscilloscopio coincidono in pratica con quelli degli amplificatori dei canali X e Y nei confronti dei segnali di ingresso.
Un tipico limite di frequenza è di 20 MHz per gli amplificatori, volendo aumentare tale limite aumenta di molto il costo dell’oscilloscopio.
Tuttavia anche se gli amplificatori avessero una banda passante infinita esisterebbero dei limiti di frequenza dovuti alla placche di deflessione.
In effetti tali placche sono in pratica dei condensatori e la serie costituita dalle placche e dai condensatori ad esse collegati costituisce un circuito LC serie la cui influenza cresce al crescere della frequenza di lavoro (esiste cioè una frequenza di risonanza).
L’esistenza di una frequenza di risonanza relativa a segnali che arrivano alle placche, implica un limite massimo della frequenza di deflessione delle placche, che è dell’ordine di centinaia di MHz.
Infatti, dato il valore del potenziale acceleratore resta fissato il valore della velocità assiale va pertanto si può determinare il tempo di attraversamento della coppia di placche di deflessione (verticale).

Supponiamo ora di applicare alle placche di deflessione verticale un segnale sinusoidale di periodo T.
Se il periodo T del segnale di cui si vuole tracciare la forma d’onda risulta esattamente uguale al tempo di attraversamento il raggio elettronico subisce una deflessione nulla (a parte un modesto spostamento dell’asse parallelamente a se stesso).
E’ allora evidente che per non avere riduzione della deflessione, e quindi distorsione, il segnale che si applica alle placche di deflessione deve avere periodo molto maggiore del tempo di attraversamento.
La riduzione della lunghezza assiale delle placche non è perseguibile in quanto provoca una riduzione della sensibilità del CRT; per lo stesso motivo non è possibile aumentare il potenziale acceleratore.
Una soluzione consiste nel frazionare il dispositivo di deflessione in più coppie di placche poste in cascata l’una all’altra con la interposizione di linee di ritardo. Queste ultime devono introdurre un ritardo fra ingresso ed uscita pari al tempo necessario agli elettroni del fascio per attraversare una singola coppia di placche.

In questa maniera il campo elettrico di deflessione "insegue" gli elettroni accompagnandoli nel loro tragitto entro il dispositivo di deflessione.
Il limite inferiore al periodo del segnale visualizzabile viene pertanto modificato e risulta essere costituito dal tempo di attraversamento della singola coppia di placche elementari (da notare che il tempo di attraversamento della coppia di placche elementari è lo stesso per tutte le coppie).
Normalmente un oscilloscopio ha un’impedenza d’ingresso dell’ordine del Mohm ed è presente un altro ingresso per alte frequenze con resistenza di ingresso di 50 ohm.
Per visualizzare segnali in alta frequenza si ricorre ad oscilloscopi campionatori che ricostruiscono il segnale qualitativamente ad una frequenza più bassa, eseguendo il campionamento del segnale ad intervalli di tempo leggermente variabili (le variazioni sono pari a sottomultipli del periodo del segnale da campionare):
Con questa tecnica è possibile visualizzare anche segnali che hanno frequenze dell’ordine del GHz (al massimo).
Cap. 2 - L'oscilloscopio
Due sono le famiglie di oscilloscopi: quelli analogici e quelli digitali.
I primi sono stati originariamente sviluppati ed hanno trovato larga diffusione per la visualizzazione dei segnali periodici mentre i secondi, più recenti, sono particolarmente adatti per la visualizzazione dei segnali non ripetitivi.
2.1 - L’oscilloscopio analogico
L'oscilloscopio è fondamentalmente un dispositivo di visualizzazione per segnali in tensione, tuttavia usando opportuni trasduttori si possono visualizzare segnali di qualsiasi origine.
L'uso più comune che se ne fa riguarda misure qualitative, non quantitative, e soprattutto si analizzano le forme d'onda di segnali periodici nel tempo.
Un limite dell'oscilloscopio è proprio quello di poter funzionare per segnali ripetitivi. Questa limitazione non è dovuta ad un problema di sensibilità dell'oscilloscopio di fronte a segnali non ripetitivi, ma soltanto al fenomeno di limitata persistenza dell'immagine luminosa sullo schermo fluorescente. Infatti se il segnale è periodico, il pennello elettronico percorre ripetutamente lo stesso percorso sullo schermo, ad ogni spazzolata orizzontale; se il segnale è invece di tipo transitorio, non si passano far compiere al pennello elettronico diverse spazzolate, perché la traccia cambia in continuazione, ed allora è necessario far compiere al pennello elettronico un'unica spazzolata in modo da visualizzare il segnale transitorio che si vuole rilavare; la limitata persistenza della luminosità dalla traccia sullo schermo, e l’impossibilità di rinfrescarlo ad ogni spazzolata successiva, fa si che in pratica non si riesce a visualizzare il fenomeno transitorio che ci interessa.

Tuttavia, per ovviare a questo inconveniente, basta mandare il segnale transitorio prima ad un registratore transiente di tipo numerico che memorizza il segnale, e lo mandi (di nuovo in forma analogica) periodicamente all'oscilloscopio.
In sostanza il registratore transiente riceve all’ingresso un segnale non ripetitivo in un certo intervallo di tempo, mandando poi all'oscilloscopio ripetutamente questo segnale (che ora è quindi ripetitivo).
In questo modo, dunque, l'oscilloscopio può visualizzare sia segnali periodici che non periodici.
La visualizzazione della forma d’onda dei segnali è un’importantissima funzione svolta dall’oscilloscopio. Lo schema a blocchi di un oscilloscopio è il seguente:
Come si vede l'oscilloscopio ha in generale due ingressi, in quanto due sono i sistemi di deflessione: placche per la deflessione orizzontale e placche per la deflessione verticale. In genere dunque si ha un segnale y presente alle placche di deflessione verticale ed un segnale x presente alle placche di deflessione orizzontale.
I due tipi di funzionamento possibili sono pertanto i seguenti:
a) y = f(x)
b) y = f(t) quando x = x(t)

Il funzionamento per il quale si ha y = f(t) offre l’andamento nel tempo di un segnale, cioè la sua forma d’onda, ed è l’uso più comune che si fa dell’oscilloscopio, come si è già detto. Per far funzionare l’oscilloscopio in queste condizioni si manda il segnale da visualizzare all'ingresso dal segnale y (segnale Vy) e si disconnette l’ingresso esterno del canale x (cioè Vx=0). Si aggancia però il canale x con la base tempi, che è in pratica un generatore di rampa, ottenendo x=Kt.
In questo modo al variare dell'ampiezza del segnale y, ci si sposta sullo schermo orizzontalmente e proporzionalmente al tempo, visualizzando perciò il segnale y(t). E’ necessario collegare i1 canale y con la base dei tempi per sincronizzare la partenza delle varie rampe successive, con il segnale periodico Vy(t).
In particolare; per avere un'immagine ferma sullo schermo, è necessario che il pennello elettronico percorra la stessa traccia ad ogni spazzolata, per cui è necessario fare in modo che la rampa parta ogni volta che il segnale Vy si trova in un arbitrario punto iniziale.
Ad esempio, se si vuole visualizzare un segnale sinusoidale Vy=V sin =t è necessario fare in modo che si verifichi la situazione seguente:
Scegliendo arbitrariamente come inizio del segnale l'istante T=0, è chiaro che la rampa deve durare per un tempo T e deve partire una rampa ad ogni istante t=nT dove n=0,1,2,3,4,....
In questo modo sullo schermo viene visualizzato il segnale seguente:
Ovviamente per fare in modo che il segnale visualizzato sia contenuto nello schermo (quando è molto ampio) o che sia ben visibile (quando è molto debole) è necessario che il canale y sia provvisto sia di dispositivi di amplificazione sia di dispositivi di attenuazione.
Nel funzionamento y=f(t) è inoltre necessario poter regolare anche la pendenza della rampa, regolando così la velocità dello spazzolamento orizzontale dello schermo.
Ciò equivale in pratica alla possibilità di poter visualizzare il segnale y(t) a frequenza diversa da quella del segnale originario Vy(t). Questa possibilità permette di estendere il segnale visualizzato dal lato sinistro al lato destro dello schermo. Con riferimento all'esempio fatto, ciò significa che TT' in generale.
In pratica bisogna tener conto di diversi problemi che si hanno per garantire questo tipo di funzionamento.
In primo luogo bisogna notare che alla fine di ogni rampa, il pennello elettronico deve spegnersi e ritornare alla sua posizione iniziale per poi e compiere un'altra spazzolatura.
La rampa reale non va però a 0 istantaneamente per cui se si interrompe rampa alla fine dell'intervallo di tempo T', il ritardo che ha la rampa per tornare a 0, implica la perdita di un periodo del segnale ogni 2 perché la rampa, finché funziona, resta insensibile ai segnali di sincronismo che arrivano dal canale y.
Per questi motivi si preferisce spegnere la rampa un po' prima dell'intero tempo di spazzolamento dando così ad essa il tempo di spegnersi (anche il pennello si spegne in questo intervallo di tempo), dopodiché si ha un intervallo di tempo relativo all'attesa del nuovo segnale di sincronismo.
Sempre con riferimento ad un segnale Vy = sin t, si deve verificare la seguente situazione:
t1 è il tempo assegnato alla rampa per tornare a 0, a t2 è i1 tempo di attesa del nuovo segnale di sincronismo.
In questo modo si trascura la visualizzazione dell’ultima parte del segnale, ma se invece di visualizzare sullo schermo un solo periodo se ne visualizzano di più consecutivi, è chiaro che questa soluzione non provoca nessun inconveniente.
I segnali di sincronismo provenienti dal canale y ed ogni periodo di Vy, non disturbano assolutamente l’immagine relativa a più periodi di Vy in quanto la rampa è insensibile ai segnali di sincronismo per tutto il tempo di spazzolamento dello schermo.
Negli esempi fatti fino ad ora gli impulsi di sincronismo venivano fatti partire in corrispondenza del livello 0 del segnale sinusoidale relativamente alla pendenza positiva dello stesso; ed è importante notare che esiste la possibilità sia di scegliere il livello di pendenza del segnale, sia la pendenza iniziale del segnale rispettivamente agendo sulle manopole TRIGGER LEVEL e TRIGGER SLOPE.
Il trigger level è in pratica una manopola che agisce sulla soglia di scatto di un comparatore, mentre la manopola trigger slope seleziona gli impulsi derivati dal comparatore prendendo o quelli positivi o quelli negativi.
La catena circuitale è quindi la seguente:
Ad esempio, sempre per un segnale Vy = sin t prendendo un livello positivo ed un fronte positivo per inizio del segnale, si ha la seguente situazione:
In questa situazione il segnale visualizzato nello schermo è del tipo seguente:
Il segnale Vo è il segnale che sincronizza il canale y con la base dei tempi. Questi impulsi eccitano un monostabile che scatta garantendo una tensione negativa costante per un tempo arbitrariamente prefissato (tempo di spazzolamento orizzontale). Mandando questo segnale ad un integratore si ottiene una rampa.
La durata della rampa è determinabile e controllata a retroazione tramite il circuito di HOLD OFF.
Il monostabile è insensibile ad eventuali impulsi che gli arrivano durante la sua permanenza nello stato metastabile.
La regolazione della pendenza della rampa si effettua variando R e C.
Se non si vuole prendere il sincronismo del canale y, è anche possibile offrire all’oscilloscopio un segnale di sincronismo esterno, che si chiama EXT TRIGGER che decide la partenza della rampa.
Il sincronismo esterno può qui essere indipendente dal segnale Vy.
Un terzo modo passibile per sincronizzare la partenza delle rampe è quello di utilizzare la frequenza di rete (50 Hz) e può essere utile quando si analizzano segnali a tale frequenza.
Esistono pertanto tre modi per sincronizzare la partenza delle rampe.
Molto importante è anche la manopola di TRIGGERING MODE che può essere commutata in posizione AUTO o NORMAL.
In posizione AUTO l’oscilloscopio fa partire autonomamente le varie rampe anche se non arrivano impulsi dall’unità di trigger, cioè anche se non arrivano gli impulsi di sincronismo.
In posizione NORMAL invece le rampe partono solo quando arrivano gli impulsi di sincronismo.
Inoltre è possibile il funzionamento in SINGLE SWEEP, cioè mandando una sola rampa, e ciò può essere utile quando si hanno segnali non ripetitivi (ovviamente per oscilloscopi in grado di mantenere l’immagine per un po’ di tempo). In questo caso la rampa può partire solo se si spinge manualmente il segnale o tasto di reset.
Nell’oscilloscopio si possono far entrare segnali sia continui che alternativi, attenuandoli o amplificandoli a seconda delle necessità contingenti. Queste operazioni sono possibili in quanto i due canali hanno grossomodo la struttura seguente.
L'attenuatore è realizzato tramite un partitore compensato per compensare gli effetti delle capacità di contatto. La manopola V/div regola l’attenuazione par cui determina in pratica la taratura dall'asse y. L'amplificatore Ay è un amplificatore a guadagno variabile ed è pertanto costituito da un amplificatore a guadagno fisso che lavora insieme ad una rete correttrice attenuatrice. I potenziali alle placche di deflessione sano bilanciati rispetto a massa, permettendo così di considerare i disturbi come segnali di modo comune e quindi riducibili (anche se non eliminabili).
Gli amplificatori Ax e Ay sono quindi amplificatori differenziali che ricevono, come si vede, un segnale riferito a massa, offrendo in uscita due segnali bilanciati rispetto a massa e che controllano la deflessione del fascio attraverso le placche.
Un oscilloscopio come quello fino ad ora descritto, se viene fatto funzionare escludendo la base dei tempi e mandando all’ingresso esterno del canale x un segnale Vx, visualizza un segnale y=f(x).
In particolare se si mandano due segnali sinusoidali isofrequenziali agli ingressi x e y, l'oscilloscopio visualizza in generale un’ellisse se l'ampiezza dei due segnali è diversa, ed un cerchio se la loro ampiezza è uguale. L’ellisse degenera in una retta inclinata se i due segnali hanno la stessa fase iniziale.
E' un metodo molto usato per ricavare, anche se con poca precisione, la fase di un segnale, avendo a disposizione una sorgente isofrequenziale a fase variabile.
2.2 - L’OSCILLOSCOPIO A DOPPIA TRACCIA
L’oscilloscopio a doppia traccia permette di visualizzare contemporaneamente due segnali con un solo cannone elettronico ed un’unica base tempi. Per poter effettuare la sincronizzazione tra i due segnali a disposizione e la base dei tempi (o altri trigger) è necessario che i due segnali siano isofrequenziali oppure che uno abbia la frequenza multipla di quella dell’altro.
Esistono due metodi diversi di funzionamento che permettono di visualizzare contemporaneamente due segnali:
a) Alternated
b) Chopped
ALTERNATED (alt) - Questo tipo di funzionamento va bene per frequenze medio-alte, in quanto consiste nel far descrivere al pennello alternativamente i due segnali, tramite spazzolate distinte. Ad alta frequenza è chiaro che la persistenza dell’immagine nella retina, ma anche nello schermo, permette di non avvertire l’attesa che si ha tra una spazzolata e l’altra del medesimo segnale. Usando quindi elevate velocità di scansione si visualizzano i due segnali senza problemi.
I seguenti grafici riportano le forme d’onda delle tensioni presenti nei punti più significativi del circuito e mostrano il funzionamento dell’oscilloscopio nel modo alternated:
Il primo grafico rappresenta l’andamento del segnale v1 nel tempo, il secondo rappresenta v2 ed il terzo è il controllo del selettore. Il quarto grafico rappresenta l’andamento temporale del segnale che viene applicato in ingresso al selettore di sincronismo ed all’amplificatore finale della deflessione verticale. E’ poi rappresentata la successione temporale delle rampe utilizzate per la scansione orizzontale dello schermo. Viene quindi riportata l’immagine che, in base alle regolazioni utilizzate per l’esempio fatto, apparirebbe sullo schermo.
Si deve notare che è venuto meno il legame di fase che intercorreva fra i segnali originali. Questa perdita di informazioni rappresenta il principale difetto del modo alternated e, vedremo, non è presente nell’altra soluzione adottata per realizzare un oscilloscopio a doppia traccia.
All’aspetto negativo costituito dalla alterazione nella fase relativa dei due segnali sopra ricordata si oppongono due caratteristiche positive:
1 - è possibile vedere ferme sullo schermo entrambe le forme d’onda anche se queste non dovessero avere lo stesso periodo
2 - in secondo luogo la frequenza di commutazione dl selettore è relativamente bassa e permette di visualizzare senza alterazioni anche segnali ad alta frequenza.
CHOPPED (chop) - Se i due segnali da visualizzare hanno una frequenza relativamente bassa, è possibile, all’interno di una stessa spazzolata orizzontale, far descrivere al pennello luminoso diversi pezzi dei due segnali. Se si fanno delle fette molto vicine dei due segnali, è chiaro che le linee sullo schermo appariranno continue:
I seguenti grafici riportano le forme d’onda delle tensioni presenti nei punti più significativi del circuito e mostrano il funzionamento dell’oscilloscopio nel modo chopped:
Il primo grafico rappresenta l’andamento del segnale v1 nel tempo, il secondo rappresenta v2 ed il terzo è il controllo del selettore: come ben si può vedere esso commuta a frequenza alta e più volte entro ciascuna spazzolata dello schermo. Il quarto grafico rappresenta l’andamento temporale del segnale che viene applicato in ingresso all’amplificatore finale della deflessione verticale. E’ poi rappresentata la successione temporale delle rampe utilizzate per la scansione orizzontale dello schermo. Viene quindi riportata l’immagine che, in base alle regolazioni utilizzate per l’esempio fatto, apparirebbe sullo schermo.
Si nota che in questo caso il legame di fase che intercorreva fra i segnali originali è stato conservato, a differenza di quanto accadeva nel modo alternated.
Per contro si hanno altri aspetti negativi:
1 - è non possibile vedere ferme sullo schermo entrambe le forme d’onda se queste non hanno lo stesso periodo
2 - la frequenza di commutazione da imporre al selettore è relativamente più alta della frequenza di scansione e limita il valore massimo di quest’ultima impedendo la visualizzazione dei segnali aventi le frequenze più alte.
Nel funzionamento chopped il pennello salta alternativamente da un segnale all’altro durante la medesima scansione orizzontale, mentre nel funzionamento alt il pennello attribuisce ad ogni segnale scansioni distinte alternative.
Date le diverse caratteristiche dei due modi "alternated" e "chopped" è normale che l’operatore possa scegliere quello più indicato allo specifico caso mediante un comando presente nel pannello frontale dello strumento.
L’oscilloscopio analogico
Inizieremo ad esaminare gli oscilloscopi analogici in cui possiamo vedere la presenza di due strutture complementari, chiamate "canale di deflessione verticale" e "canale di deflessione orizzontale", che forniscono le tensioni di pilotaggio delle relative placche di deflessione presenti nel CRT.
Il canale di deflessione verticale
Il segnale di ingresso viene elaborato da un circuito opportuno per ottenere il potenziale di deflessione che pilota le placche di deflessione verticale. Il circuito che opera questa elaborazione si chiama "canale di deflessione verticale".
[Image]
Lo schema a blocchi mostra un selettore di ingresso, un partitore resistivo in cui viene compensato l’effetto delle capacità parassite, un preamplificatore ed uno stadio finale di amplificazione dotato di due uscite bilanciate verso massa.
Il senale presente in uscita dal preamplificatore viene applicato, oltre che allo stadio finale, anche al circuito di trigger che sarà poi descritto.
Selettore di ingresso
Il selettore di ingresso è costituito da un commutatore a 3 posizioni e da un filtro passa alto realizzato dal condensatore presente nello schema e dalla resistenza di ingresso del partitore compensato.
[Image]
* nella posizione DC il segnale attraversa il selettore senza subire nessuna modificazione;
* nella posizione AC il condensatore che viene collegato in serie al circuito arresta la componente continua del segnale di ingresso (si realizza un filtro "passa-alto" che tipicamente ha una frequenza di taglio inferiore di 0,3 Hz);
* nella posizione GND si annulla il segnale che viene applicato in ingresso alla catena di amplificazione del canale verticale al fine di individuarne l’offset (di uscita) e l’ordinata dello schermo a cui riferire i valori dell’onda tracciata.
Partitore compensato
Il partitore compensato è costituito da un partitore resistivo regolabile utilizzato per adattare la intensità del segnale alle caratteristiche dei blocchi che seguono nel canale di deflessione verticale. Si usano infatti preamplificatori e amplificatori a guadagno fisso e non regolabile perché questi garantiscono migliori prestazioni (banda, guadagno, ecc.) rispetto ai dispositivi a guadagno regolabile. La figura successiva mostra lo schema di principio di un partitore compensato a tre livelli di attenuazione.
[Image]
A causa delle inevitabili capacità parassite ( Cp1, Cp2, Cp3 ) la funzione di trasferimento di un partitore reale non corrisponde con quella teorica (puramente reale e costante con la frequenza) pertanto è necessario
compensare gli effetti parassiti mediante l’uso di particolari condensatori regolabili (chiamati "compensatori") che vengono inseriti e regolati in sede di costruzione e taratura del partitore compensato.
Se infatti si realizza la condizione
[Image]
la funzione di trasferimento risulta essere ancora reale ed espressa, rispettivamente ai diversi morsetti di uscita, dalle:
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Preamplificatore
E’ già stato detto che il preamplificatore è un circuito amplificatore a guadagno fisso. Tale scelta è motivata dalla necessità di ottenere un guadagno costante in una banda estremamente ampia (dalla continua fino a molte decine o centinaia di MHz): per limitare la difficoltà di realizzazione di un tale circuito è indispensabile abbandonare l’idea di voler realizzare anche un guadagno variabile entro ampio campo.
Gli stadi amplificatori sono collegati in cascata con accoppiamento diretto per un duplice motivo:
è necessario che la componente continua del segnale venga riportata in uscita, è possibile valutare l’offset ed eventualmente annullarlo tutte le volte che lo si desidera agendo sul selettore di ingresso in modo da annullare il segnale di ingresso al circuito amplificatore (posizione GND del selettore).
Amplificatore finale
Caratteristica principale dell’amplificatore finale è quella di avere due uscite "bilanciate" ,cioè simmetriche rispetto alla massa, invece che una sola uscita.
Questa caratteristica è indispensabile per evitare una distorsione dell’immagine sullo schermo provocata dalla diversa sensibilità ai segnali positivi e negativi conseguente alla alterazione della geometria del campo
elettrico di deflessione.
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Se infatti si usasse un campo di deflessione sostenuto da un segnale unipolare la presenza dell’anodo acceleratore provocherebbe una distorsione del campo di deflessione che verrebbe ad avere una componente lungo l’asse del CRT. Nel caso di potenziale di deflessione positivo questa accelererebbe ulteriormente gli elettroni (esempio rappresentato in figura) facendo diminuire la sensibilità della deflessione mentre, nel caso di potenziale di deflessione negativo, si avrebbe una riduzione della velocità assiale con aumento della sensibilità di deflessione.
Con un potenziale di deflessione simmetrico le linee di forza del campo intersecano l’asse del CRT senza dare origine a componenti assiali.
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Il canale di deflessione orizzontale
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Il canale di deflessione orizzontale ha il compito di controllare la generazione della componente di moto orizzontale del fascio elettronico.
Esso genera il potenziale che viene applicato alle placche di deflessione orizzontale tramite un generatore di segnali a dente di sega sincronizzato con il segnale di ingresso oppure con un segnale ausiliario. Lo scopo della
sincronizzazione è quello di avere una immagine stabile sullo schermo in modo da poterla osservare con comodità.
Esaminiamo i vari blocchi che lo costituiscono.
Selettore di sincronismo
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Lo scopo del selettore di sincronismo è quello di selezionare il segnale rispetto al quale si desidera sincronizzare la spazzolata dello schermo: esso può essere lo stesso segnale da visualizzare sullo schermo oppure un segnale esterno o la tensione di rete e di ciascuno di essi si utilizza l’intero segnale oppure la sola componente alternativa.
Amplificatore di ingresso del trigger
Lo scopo dell’amplificatore di ingresso del trigger è quello di individuare il ripetersi di un particolare evento nel segnale fornito dal selettore di sincronismo già trattato.
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Ciò che si cerca di individuare è l’attraversamento, da parte del segnale utilizzato, di un livello di tensione (level) durante un ramo ascendente o discendente della forma d’onda (comando "slope").
Se il generatore del trigger viene attivato dal fronte di salita del segnale a lui applicato ed il commutatore slope è nella posizione indicata è l’attraversamento della tensione di level che porta il segnale in uscita dal selettore di sincronismo ad essere maggiore del level ad essere rilevato.
Generatore del trigger
Il generatore del trigger ha lo scopo di generare la rampa che pilota la deflessione orizzontale e sincronizzarla con il segnale selezionato dal selettore di sincronismo.
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Lo stadio di ingresso del generatore del trigger è costituito da un derivatore/raddrizzatore che fornisce un impulso positivo tutte le volte che l’uscita dell’amplificatore di sincronismo presenta un fronte di salita.
Se la tensione della rampa che pilota la deflessione orizzontale è minore di una soglia stabilita Ei l’impulso del derivatore/raddrizzatore "resetta" il flip-flop determinando inizio della rampa ascendente. Non appena la tensione di rampa supera la soglia superiore Es l’uscita del relativo comparatore "setta" il flip-flop, il FET entra in conduzione e scarica il condensatore presente nel ramo di retroazione dell’amplificatore operazionale. Quando la tensione residua sul condensatore è ritornata ad essere inferiore a Ei l’oscilloscopio è pronto per dare inizio ad una nuova spazzolata in corrispondenza del successivo impulso di trigger.
Cause di incertezza
Le cause di incertezza dell'ocilloscopio analogico sono molteplici e, combinandosi, fanno sì che la informazione fornita da questo strumento sia affetta da una incertezza non trascurabile che può essere valutata fino a
qualche parte per cento. Iniziamo dalla incertezza sull'ampiezza:
* La prima causa di incertezza è rappresentata dal circuito di condizionamento del segnale di ingesso (selettore/filtro, partitore compensato, preamplificatore) che può introdurre alterazioni al segnale sia per quanto riguarda l'ampiezza (errore di modulo), sia per quanto riguarda la fase relativa delle varie armoniche.
* L'amplificatore finale ed il dispositivo di deflessione possono introdurre ulteriori alterazioni determinando un errato posizionamento della traccia sullo schermo del CRT
* La determinazione della posizione della traccia sullo schermo del CRT è poi affetta dalle incertezze conseguenti al tipo di supporto che viene utilizzato per il tracciamento della forma d'onda.
La traccia luminosa che appare nello schermo fosforescente ha uno spessore non infinitesimo a causa della non perfetta focalizzazione e del fatto che l'energia scaricata dall'urto degli elettroni si distribuisce anche agli atomi vicini a quelli effettivamente colpiti.
Possiamo stimare in alcuni (4) decimi di millimetro la larghezza della traccia per cui, dato che la dimensione dello schermo è di 10 cm, si ha una incertezza percentuale di
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Dato poi che i 10 cm dello schermo vengono solitamente utilizzati per rappresentare segnali alternati, solamente 5 cm sono utilizzabili per ciascuna semionda ed il valore della incertezza di fatto raddoppia.
La determinazione della posizione della traccia si compie tramite una scala in cui sono riportate le divisioni che rappresentano il 1/40della dimensione dello schermo. Possiamo anche pensare che un operatore ben addestrato possa interpolare la scala di lettura fino ad apprezzare il 1/5 di divisione, comunque la incertezza "di quantizzazione nella lettura" risulta del 1/200 (anche questo dato deve essere raddoppiato in considerazione del fatto che lo schermo riporta sia la semionda positiva, sia quella negativa.
La scala di cui si è parlato viene poi tracciata su di uno schermo posto davanti a quello fosforescente pertanto l'errato punto di vista può introdurre un ulteriore errore "di parallasse" che si somma a quelli già descritti.
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L’oscilloscopio a doppia traccia
Per realizzare un oscilloscopio a doppia traccia si può replicare parzialmente la struttura del canale di deflessione verticale introducendo poi un selettore che commuta l’ingresso dell’amplificatore finale della deflessione verticale sui due segnali:
Modo alternated
Si possono avere due diverse soluzioni circuitale a cui corrispondo caratteristiche e prestazioni diverse: la prima prevede il succedersi alternato di spazzolate dello schermo relative ai due segnali: questo modo viene detto "modo alternated" ed utilizza un selettore che viene fatto commutare a frequenza relativamente bassa (una commutazione per ciascuna spazzolata).
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Il segnale che pilota il trigger viene prelevato dopo il selettore pertanto esso risulta alternativamente essere il segnale v1 oppure v2.
I seguenti grafici che mostrano le forme d’onda delle tensioni presenti nei punti più significativi del circuito mostrano il funzionamento dell’oscilloscopio nel modo alternated:
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Il primo grafico rappresenta l’andamento del segnale v1 nel tempo, il secondo rappresenta v2 ed il terzo è il controllo del selettore. Il quarto grafico rappresenta l’andamento temporale del segnale che viene applicato
in ingresso al selettore di sincronismo ed all’amplificatore finale della deflessione verticale. E’ poi rappresentata la successione temporale delle rampe utilizzate per la scansione orizzontale dello schermo. Viene quindi riportata l’immagine che, in base alle regolazioni utilizzate per l’esempio fatto, apparirebbe sullo schermo.
Si deve notare che è venuto meno il legame di fase che intercorreva fra i segnali originali. Questa perdita di informazioni rappresenta il principale difetto del modo alternated e, vedremo, non è presente nell’altra soluzione adottata per realizzare un oscilloscopio a doppia traccia.
All’aspetto negativo costituito dalla alterazione nella fase relativa dei due segnali sopra ricordata si oppongono due caratteristiche positive:
* in primo luogo è possibile vedere ferme sullo schermo entrambe le forme d’onda anche se queste non dovessero avere lo stesso periodo
* in secondo luogo la frequenza di commutazione dl selettore è relativamente bassa e permette di visualizzare senza alterazioni anche segnali ad alta frequenza.
Modo chopped
Nel "modo chopped" non si hanno più spazzolate che si succedono alternando il tracciamento completo dei due segnali, ma entro ciascuna spazzolata dello schermo il selettore viene fatto commutare a frequenza relativamente alta: ciascun segnale viene quindi riportato sullo schermo per un breve tratto.
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Il segnale che pilota il trigger viene prelevato prima del selettore pertanto esso risulta essere sempre il segnale v2 (come nell’esempio sopra riportato) oppure v1.
I seguenti grafici che mostrano le forme d’onda delle tensioni presenti nei punti più significativi del circuito mostrano il funzionamento dell’oscilloscopio nel modo chopped:
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Il primo grafico rappresenta l’andamento del segnale v1 nel tempo, il secondo rappresenta v2 ed il terzo è il controllo del selettore: come ben si può vedere esso commuta a frequenza alta e più volte entro ciascuna spazzolata dello schermo. Il quarto grafico rappresenta l’andamento temporale del segnale che viene applicato in ingresso all’amplificatore finale della deflessione verticale. E’ poi rappresentata la successione temporale delle rampe utilizzate per la scansione orizzontale dello schermo. Viene quindi riportata l’immagine che, in base alle regolazioni utilizzate per l’esempio fatto, apparirebbe sullo schermo.
Si nota che in questo caso il legame di fase che intercorreva fra i segnali originali è stato conservato, a differenza di quanto accadeva nel modo alternated.
Per contro si hanno altri aspetti negativi:
* in primo luogo è non possibile vedere ferme sullo schermo entrambe le forme d’onda se queste non hanno lo stesso periodo
* in secondo luogo la frequenza di commutazione da imporre al selettore è relativamente più alta della frequenza di scansione e limita il valore massimo di quest’ultima impedendo la visualizzazione dei segnali aventi le frequenze più alte.
Date le diverse caratteristiche dei due modi "alternated" e "chopped" è normale che l’operatore possa scegliere quello più indicato allo specifico caso mediante un comando presente nel pannello frontale dello strumento.
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Esempio