Operette morali

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Testo

OPERETTE MORALI

Introduzione

Le Operette Morali, progettate sin dal 1820 in un progetto "vago e sovrabbondante", con l'idea di riprendere il genere dei Dialoghi dello scrittore greco Luciano, vengono scritte nel 1824 (le prime venti) e stampate a Milano dall'editore Angelo Stella nel 1827, dopo che tre di esse erano uscite nel 1826, due sul numero di gennaio dell'Antologia (Dialogo di Timandro e di Eleandro, Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare e Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez) del Viesseux e successivamente su due numeri del Nuovo Ricoglitore.

L'edizione completa con l'aggiunta delle ultime quattro scritte negli ultimi anni, uscirà nel 1835 a Napoli presso l'editore Saverio Starita, un'edizione che non ottenne il permesso di pubblicazione ufficiale, ma che ebbe lo stesso un buon successo. Nelle Operette Leopardi esprime la sua diagnosi della realtà, trattando la sua visione con assoluta libertà proprio assumendo le vesti più disparate dei personaggi dei suoi Dialoghi, che discutono con i morti o sono semplicemente animali domestici come il gallo silvestre; guida i suoi lettori verso traguardi noti a lui solo, a scoprire la vera essenza del quotidiano, quasi anticipando l'analisi umoristica pirandelliana, facendoci vedere l'altro aspetto della realtà, non quello più nascosto, ma quello più difficile da cogliere se si analizzassero le cose col solito modello di pensiero. Invita i lettori a svestorisi del proprio modo di pensare per vedere non dentro le cose (un'operazione che tutti fanno), ma dalla parte opposta e simmetrica, a sentire l'altro suono della campana.

Il ricorso alla fantasia della rappresentazione non si scontra mai con l'analisi della realtà, non è un'operazione dell'immaginazione, ma della logica seguendo strutture di ragionamento diverse, come diverse sono le epoche in cui sono situati i personaggi, come diversi sono i modi di pensare e di vedere: ma tutti dovrebbero condurre a una sola unità d'intenti, a una sola visione, agli stessi valori ed ideali, eliminando arrivismi ed egoismi che tutto distruggono. Analizzando proprio il Dialogo cancellato dal poeta possiamo capire come i grandi valori sociali (la patria, l'onore) siano diventati la ricchezza sfrenata, i divertimenti, la voglia di primeggiare. Le Operette esprimono la meditazione leopardiana sulla condizione umana sospesa tra passato e presente, tra aspettative naturali e realizzazione pratica, sul destino, sull'aspirazione di ogni uomo a una felicità che sembra raggiungibile nella prima giovinezza ma che si rivela ad ogni anno che passa (Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere) sempre più un sogno impossibile; non a caso si aprono con la Storia del genere umano, in cui Leopardi rappresenta la successione delle tappe della sua storia spirituale che riflette quelle della storia del genere umano in generale, e si chiudono con il Dialogo di Tristano e di un amico che rappresentano la "virile attesa della morte, solo rimedio all'inutile miseria della vita... sottolineando così la sua solitudine e il coraggio con cui ricercava il vero, fra gli uomini che preferivano banali e confortanti illusioni. Scritte nel 1824, rappresentano la presa di coscienza del crollo delle sue illusioni giovanili, tornando a Recanati, il "natìo borgo selvaggio", dopo che fiducioso tre anni prima era corso incontro al mondo allontanandosi da casa, in cui gli sembrava impossibile vivere e raggiungere un'accettabile condizione di vita felice.

L'ironia che le pervade non sono una ricerca spirituale di distacco dall'amarezza che la materia trattata gli infonde, ma sono la scoperta del senso fondamentale della vita che si nasconde dietro le banali apparenze quotidiane della cultura e dei modi di vivere. Proprio questa scoperta sarà alla base della sua grande poesia a partire dal 1827. É una scoperta dolorosa, ma rappresenta anche l'accettazione del male della vita, esclusa da ogni speranza di bene o contento, come dirà nel Canto notturno, che altri forse avrà, ma che lui non potrà mai raggiungere perché questa è la condizione umana. Le domande che si pone, e che scaturiscono dai Dialoghi, rimangono senza risposta; il dialogo stesso diventa fittizio e apparente, perché resta un monologo che scaturisce dai due aspetti della realtà che lo affascina e lo intristisce, una, quella dell'apparenza, che l'uomo vive nella fiduciosa giovinezza, nel momento in cui le cose appaiono, e l'altro che si afferma all'apparir del vero.
Per questo le Operette rappresentano un punto di partenza fondamentale per la formazione umana e sociale dell'uomo moderno, lontano da tutto ciò che impoverisce l'esistenza umana, appiattendola su apparenze vuote o sospingendola verso chimeriche forme di vita ultraterrena; in esse il poeta tocca e rivela i più profondi motivi del nulla, della noia- angoscia, della vita come morte, senza mai cadere nel patetico, ma sempre stimolando l'energia virile dell'uomo ad affrontare l'esistenza con il coraggio che deve portare alla ricerca della verità.

La stesura

Il 1824 è dedicato alla stesura delle venti Operette stampate a Milano presso l’editore Angelo Stella nel 1827( ma il dialogo di Timandro e di Eleandro, il Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Guitierrez e il dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio Familiare erano già usciti sull “antologia” di Vieussex nel Gennaio del 1826 e poi i due numeri del “Nuovo Ricoglitore” dello stesso anno. Proprio Stella offre a Leopardi di pubblicare le Operette, ma l’autore non lo consente: nel libro che ha preso forma egli sente di aver versato gli esiti di un’indagine che, partendo dalla sua propria condizione, riguarda non solo tutti gli uomini presenti e passati, me il perché delle cose, le ragioni della vita, le condizione, il fine di tutto esiste. Scrive infatti Leopardi all’editore:«…..un libro di argomento profondo e tutto filosofico e metafisico, trovandosi in una biblioteca per dame, non può scadere infinitamente nell’opinione, la quale giudica sempre dai titoli più che dalla sostanza……..Finalmente all’uscir fuori a pezzi di 108 pagine l’uno, nuocerà sommamente a un’opera che vorrebb’esser giudicata dall’insieme, e dal complesso sistematico, come accadde a d ogni cosa filosofica, benchè sia scritta con leggerezza apparente»
Al 1832 risalgono le ultime due Operette, Il Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un Passeggero e il Dialogo di Tristano e di un Amico, che compaiono per la prima volta nella seconda edizione, stampata nel 1834 a firenze presso l’editore Piatti. l’edizione postuma del 1845, pubblicata Firenze dall’editore Le Monnier, fu curata da A. Ranieri, che seguì la volontà la dall’autore, documentata dalle copie superstiti di un ‘edizione del 1835, bloccata dalla censura: Leopardi vi aggiungeva tre nuove operette (Frammneto apocrifo si Stratone di Lampasaco, Il Copernico, dialogo e il Dialogo di Plotino e di Porfirio), in realtà già composte nel 1825 e nel 1827, e toglieva il Dialogo di un Lettore di munamità ei Dallustio, portando il numero totale a 24. Il pessimismo di leopardi si è negli anni radicalizzato, anche attraverso le letture degli autori più radicalmente materialisti, antispiritualisti e anticattolici dell’illuminismo, il suo dissenso ideologico dall’ambiente fiorentino dall’ “antologia” si è acuito ed è sfociato in aperta polemica, come testimonia il Dialogo di Tristano, che nel libro funziona quale apologia, commiato, e insieme testamento spirituale.

I contenuti

La raccolta è aperta dalla Storia del Genere Umano, che ha carattere di “introduzione” all’opera intera e ne anticipa i motivi conduttori (e questo ne giustifica le dimensioni notevoli). Il racconto avviene in un tempo remotissimo in cui ci sono dei riferimenti alla mitologia. La storia del genere umano si rivela nella sostanza una storia fantastica dell’infelicità umana, definitivamente sancita quando alla fantasia e all’ignoranza si sostituiscono la ragione e la conoscenza.
Segue il Dialogo d’Ercole e di Atlante che è ricco di spunto polemici contro il “secol morto”: ma si incontra anche il tema, della fine dell’umanità del mondo, considerati come un nulla nell’immensità del tempo e dello spazio.
Il Dialogo della Moda e della Morte è una meditazione sulla fragilità delle cose umane, di cui la Moda è espressione tra le più significative.
Nella Proposta di premi fatta dall’Accademia di Sillografi, una confraternita di fanatici sostenitori del progresso, convinti che il secolo decimottavo possa definirsi “età delle macchine”, promette premi a che ne costruisce per il miglioramento morale dell’uomo. Il significato è sempre quello di dimostrare come i progressi scientifici possono cambiare poco o nulla della condizione immutabile dell’uomo.
Il Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo ripropone in toni fiabeschi il motivo dell’estinzione dell’umanità e dell’incoscienza del genere umano, che da un momento all’altro potrebbe sparire senza lasciare segno.
Il Dialogo di Malambrumo e Farfarello un mago evoca un diavolo egli pone domande sulla felicità dell’uomo. Torna il grande tema del piacere, negato al genere umano: la privazione dell’infelicità è sempre meglio dell’infelicità e dunque la morte è meglio della vita, conclude Farfarello, il diavolo, invitando Malanbruno a seguirlo nell’oltretomba.
Nel Dialogo della Natura e di un’Anima; l’Anima chiede inutilmente ragione alla natura dell’incomprensibile suo destino, che è quello di dare la vita a esseri di necessità infelici.
Il Dialogo della terra e della Luna; la terra e la luna si interrogano, ma parlano un linguaggio diverso: sono e restano due estranei, due realtà incomunicabili.
La scommessa di Prometeo è un’operetta mista di dialoghi, scene mitologiche, paesaggi primitivi e ambienti di vita moderna. Ma solo uno è il filo conduttore e solo una la conclusione: l’ignoranza e la malvagità contraddistinguono il genere umano, sia antico che moderno, senza risparmiare neppure la società primitive.
Nel dialogo di un Fisico e di un Metafisico si discute degli sforzi intrapresi dalla scienza per prolungare la vita umana. Il parere è del tutto negativo (come al solito) del Metafisico-Leopardi che dice che “la vita deve essere vera vite e che la morte viene superata con incomparabile pregio”.
Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare; con questa operetta entra in scena un personaggio storico (poeta), chiuso in un ospedale come pazzo, e confortato dal suo Genio che promette sogni in cambio dell’oscura e ingrata realtà e suggerisce, quale rimedio all’infelicità, il ricorso a qualche “liquore generoso” che lo inebria.
Dialogo della Natura e di un Islandese; un islandese desideroso di trovare un posto sulla terra dove la vita umana possa risultare meno felice, appare improvvisamente, in un deserto africano, la Natura in persona, con il suo «bello e terribile». Ma alle sue accorate domande sul senso della vita e del dolore la Natura non oppone che la sua suprema indifferenza.
Con il Parini, ovvero della Gloria; un altro poeta è masso in scena (Foscolo) per rinnegare il mito della gloria che dona immortalità: i doni dell’intelligenza e della sensibilità sono una maledizione per chi li riceve che conduce a vivere una “vita simile alla morte”; e tuttavia a chi sono destinati questi doni deve affrontare la vita con animo forte e grande.
Nel dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie il risveglio delle mummie allo scadere del misterioso «grande anno matematico»dà occasione allo scienziato di approfondire il tema del trapasso e del rapporto tra la vita e la morte.
I Detti memorabili di Filippo Ottanieri si presentano come la bibliografia di un (prodigo di massime bizzarrie e di giudizi pessimistici del mondo) in cui è facile riconoscere un alter ego dell’autore.
Il dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez dice che l’attesa di rivelazioni e di scoperte è incomparabilmente migliore della scoperta, della conoscenza concreta di nuove terre e di nuovi mondi.
L’Elogio degli uccelli è una prosa fantastico sul mondo dei volatili come sfera di una perfetta felicità, forse l’unica presente in natura, e però completamente impedita dall’uomo.
Il Cantico del gallo silvestre è un’operetta in cui un misterioso portavoce del fato annuncia agli uomini, ristorati dal sonno, la loro condanna alla vita.
Il Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco; in questa operetta a Stratone Leopardi attribuisce una concezione materialistica e di ascendenza illuministica e ne fa un profeta della fine del mondo, non già della materia, destinata a perpetuarsi in nuove forme e in nuovi “ordini delle cose”.
Il Copernico, Dialogo torna a toccare il tema della nullità del genere umano, qual è una volta di più dimostrata dalle scoperte del grande scienziato, che svela una pluralità di mondi non più soggetti alla centralità della terra.
Il Dialogo di Plotino e di Porfirio tocca il tema del suicidio per negare il valore di atto di ribellione alla condizione imposta dalla natura all’uomo. “La vita è cosa di poco rilievo che l’uomo, in quanto a sé, non dovrebbe essere molto sollecito né di ritenerla né di rilasciarla”

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