Goya, David e Canova

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

IL PARASOLE (1777)
MATERIALE E TECNICA DI ESECUZIONE: Dipinto ad olio su tela.
Il dipinto rappresenta due giovani intenti a un innocente gioco amoroso. La maja (ragazza del popolo), elegantemente vestita, è accovacciata sull’erba, un cagnolino le si acciambella sulle gambe, mentre il suo fidanzato le fa ombra con un parasole. Il soggetto, di per sé insignificante, è trattato dall’artista con grande raffinatezza sia compositiva sia cromatica. Le due figure compongono di fatto una piramide che si colloca geometricamente al centro del cartone. Il muro, sulla sinistra, blocca la fuga prospettica e guida lo sguardo sul limpido paesaggio di destra, la cui spazialità spinge in primo piano la giovane coppia. Il colore, usato con una spontaneità e una freschezza inconsuete per una pittura di corte, è steso in campiture larghe e squillanti, con l’uso della giustapposizione e con la soppressione quasi totale di qualsiasi effetto di chiaroscuro. L’arancio cangiante della gonna, ad esempio, cozza con grande violenza contro l’azzurro del corpetto, in quanto i due colori sono uno il complementare dell’altro. Tale contrasto vivacizza entrambi i colori, facendoli percepire più decisi e sgargianti. Vi è inoltre un raffinato gioco di luci e di ombre che contribuisce a dare immediatezza alla scena. Il volto della ragazza, essendo all’ombra del parasole, è pervaso da una luminosità diffusa, che mette in risalto i lineamenti regolari e lo sguardo vivace, mentre il volto del majo, al contrario, è esposto in pieno sole e risulta di conseguenza, profondamente solcato dall’ombra del naso. Goya, infine, tramite veloci pennellate di rosso puro, in corrispondenza del collare del cagnolino, il bavero del gilet del ragazzo e l’acconciatura della maja, crea sgargianti colpi di luce particolarmente efficaci. Goya iniziò la sua carriera di pittore, proprio fornendo alcuni cartoni - e tra questi, Il parasole - per l’arazzeria reale di Santa Barbara. L’imposizione di Carlo III di rinnovare radicalmente il repertorio tematico degli arazzi, favorendo così l’inserirsi di temi spagnoli, fece di Goya l’artista giusto al momento giusto. Grazie alla notorietà acquisita per aver dipinto questi cartoni, l’artista venne nominato vicedirettore di pittura della prestigiosa accademia di San Ferdinando ed in seguito diventò “primero pintor de camera del Rey”. L’enorme prestigio di cui Goya godeva, gli permise, nonostante la dipendenza dal re, di conquistare un’autonomia pressoché assoluta. Attualmente il dipinto è conservato nel Museo del Prado a Madrid.

IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI (1797)
MATERIALE E TECNICA DI ESECUZIONE: Disegno preparatorio a penna e inchiostro nero su tracce di carboncino.
La scena rappresenta un uomo addormentato (forse addirittura Goya) e intorno a lui quasi sprigionandosi dalla sua mente, prendono forma sinistri uccellacci notturni, diabolici felini e inquietanti volti ghignanti. Al di là della metafora, l’artista vuole metterci in guardia dalla tentazione di allentare il controllo della ragione sul nostro operato. Anche se la tecnica usata risulta talvolta meno raffinata di quella di molte opere successive, ne Los Caprichos risalta l’immediatezza del linguaggio espressivo affiancato dall’originalità dei temi rappresentati. Potrebbe sembrare un paradosso, ma proprio nell’opera grafica che sottolinea l’importanza della ragione, Goya si lascia andare a dei tratti più istintivi, spontanei, immediati. Caratterizzata da una satira pungente ed a tratti grottesca, Los Caprichos, la più conosciuta delle serie di incisioni dell’artista, descrive con grande lucidità tutti i mali, i pregiudizi, gli inganni e le menzogne della società spagnola di fine 700, non tralasciando nessuna classe sociale, da quella più povera, alla Chiesa, alla nobiltà, arrivando persino alla famiglia reale. Secondo Goya, l’unica salvezza alla depravazione umana sta nella ragione e questo concetto, profondamente influenzato dall’Illuminismo, viene appunto ribadito ne Il Sonno della ragione genera mostri. L’incisione rimanda all’intero significato della raccolta: l’assopirsi della mente è causa di superstizione, ignoranza e delle più grandi brutture e dei più terribili misfatti dell’umanità. Considerando che molti vi si riconobbero ritratti, non stupisce che la pubblicazione de Los Caprichos procurò immediato sdegno e risentimento in parte della popolazione spagnola, al punto che dovette intervenire la Santa Inquisizione impedendo la circolazione delle stampe ritenute blasfeme e scandalose. La serie non ebbe l'immediata fortuna auspicata dall'artista. Si narra infatti che Goya, che sperava in un ottimo guadagno dalla loro vendita, si vide costretto a cedere l'intera prima tiratura al Re Carlo IV, in cambio di una borsa di studio per il figlio Javier. Il successo della serie aumenterà con la seconda edizione, nel 1855. Oggi è considerata una delle opere grafiche più importanti e celebrate della storia dell'arte.

IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI (1784)
MATERIALE E TECNICA DI ESECUZIONE: Dipinto ad olio su tela.
Il soggetto appartiene alla storia della Roma Monarchica quando, sotto Tullio Ostilio, i tre fratelli Orazi, romani, affrontarono i tre fratelli Curiazi, albani, per risolvere una contesa sorta tra Roma e Albalonga. I tre Curiazi morirono e solo uno degli Orazi si salvò, decretando la vittoria della propria patria. Il soggetto vuole dunque indicare le virtù civiche romane: i tre giovani giurano di vincere o morire per Roma. L’intento di David è quello di spingere all’emulazione, essendo lui certo di aderire a tale ideale.
STILE: La composizione è larga e semplice. I personaggi, egualmente isolate attraverso una serie di vuoti, sono disposti in primo piano, mentre la luce mette in rilievo le figure, come se fosse un fregio. David insiste sulla geometria della sala. L’impianto prospettico è evidenziato dalle fasce marmoree che racchiudono i riquadri di pavimento. Nel fondo i due pilastri e due colonne doriche dal fusto liscio sorreggono tre archi a tutto sesto oltre i quali, immerso nell’ombra, un muro delimita un porticato, mentre un’ulteriore arcata lascia intravedere le stanze. Il carattere opposto dei personaggi è tradotto dall’utilizzo di forme differenti. David dota gli uomini di corpi energici costruiti su linee dritte e di tinte sgargianti. Alle donne, invece, riserva delle linee sinuose e dei colori più pacati. Ruolo principale lo interpreta il vecchio padre che si erge nel mezzo, il rosso del suo mantello richiama la nostra attenzione, come le spade che leva in alto. I raggi prospettici del quadro conducono proprio su quella mano tenuta stretta che coincide con il punto di fuga. Conformemente all’estetica neoclassica David decide di rappresentare il momento supremo del giuramento, piuttosto che quello cruento del combattimento. Per creare il linguaggio pittorico della Rivoluzione, David combinò la rigida moralità dell'arte classica con i principi essenziale del naturalismo. Anche se in seguito realizzò opere di stile e soggetti diversi, deve la sua fama soprattutto ai dipinti epici del Neoclassicismo. Il giuramento degli Orazi è il primo capolavoro del Neoclassicismo e sarà un modello di riferimento in tutta Europa per la pittura neoclassica. Il dipinto è attualmente custodito al Musée du Louvre di Parigi.

PAOLINA BORGHESE COME VENERE VINCITRICE (1804-1808)
MATERIALE E TECNICA DI ESECUZIONE: Scultura in marmo.
Il soggetto scolpito da Canova è Paolina Borghese, sorella di Napoleone e moglie di Camillo Borghese che viene raffigurata come Venere vincitrice. Infatti con gesto grazioso tiene in mano il pomo della vittoria offerto da Paride alla dea giudicata da lui la più bella. Nella rappresentazione di un personaggio storico a lui contemporaneo, Canova raffigura Paolina Borghese attingendo dalla mitologia greco-romana, seguendo il gusto ed i principi del neoclassicismo. La giovane donna è rappresentata adagiata su un divano con una sponda rialzata. Il busto sollevato e appoggiato a due cuscini, è nudo fino all’inguine, mentre la parte inferiore del corpo è coperta da un drappo che, evidenziando e sostituendo le pieghe inguinali, carica il ritratto di evidente erotismo. Erotismo che sarebbe mancato tuttavia, se la statua fosse stata scolpita completamente nuda. I contorni ben definiti del velo che la copre ricordano volutamente il drappeggio bagnato della statuaria antica greca, così come il volto idealizzato e le sembianze divine che collocano Paolina al di fuori della realtà terrena. Il Canova per restituire la scultura al mondo umano, spalma della cera rosata sulle parti nude della statua, inoltre un ingranaggio situato dentro il letto di legno su cui poggia il marmo consentiva alla scultura di ruotare, in modo da essere più o meno ombreggiata, variando l’aspetto all’infinito. La scultura è attualmente custodita alla Galleria Borghese di Roma.

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