La crocifissione, fino al Masaccio

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

LA CROCIFISSIONE
INTRODUZIONE.
In seguito alla dominazione bizantina, l'arte italiana ha visto l'introduzione, nell'ambito della pittura su tavola dei CROCIFISSI.Tali dipinti su tavola rappresentano Cristo in croce e,contrariamente alla scena del Vangelo, il Cristo è raffugurato da solo.La croce è costituita da parti in legno unite tra loro che nei diversi autori e nei periodi artistici si evolvono includendo soggetti o scene. La aprte inferiore è detta CALVARIO,in cui ci possonoessere illustrati la passione di Gesù; il vertice opposto è detto CIMASA. All'estremità vi sono i TERMINALI sul lato,invece due scomparti. In tutto la storia della pittura della croce si distinguono due soggetti principali:
• IL CHRISTUS PATIENS. Cristo rappresentato morto, con le membra abbandonate e stremate come il corpo; è vicino alla tradizione bizantina.
• IL CHRISTUS TRIMPHANS.Raffigura Gesù ancora vivo. In tali rappresentazioni non compare alcuna sofferenza ed è assente la partecipazione umana al dolore.
Nella crocifissione il Cristo non appare più vestito con il COLOBIO, la tunica dei monaci cristiani, ma ha un panno che gli cinge i fianchi: il PERIZOMA.
IL CHRISTUS TRIMPHANS DI GUGLIELMO
L'opera del maestro Guglielmo è la più antica e risale al 1138 ed è la più antica crocifissione giuntaci.Il Cristo è rappresentato ancora vivo dal volto inespressivo,sguardo fisso ed arti rilassati in maniera irreale.la tipologia del Cristus triunphans ci è giunta dalla cultura bizantina.Da questa si possono notare il corpo che sembra staccarsi dallo sfondo grazie ad una linea di contorno nera e dai tratti con cui è realizzato il corpo.Negli scomparti,nei quali predominano il rosso e il giallo oro su sfondo nero,è raffigurato il passo del Vangelo in cui Giovanni dice a Maria,in presenza delle Pie donne:"Donna ecco tuo figlio!".Nella Cimasa e nel Calvario sono rappresentati la passione di Gesù e l'ascensione di Maria.L'opera dipinta su legno fu ritoccata nel XIIIsec.L'opera si trova nella cattedrale di Sarzana (La Spezia)
IL CHRISTUS PATIENS ANONIMO DEL XIII SEC.
L'affermarsi della rappresentazione del Cristo morto,con capo reclinato e corpo abbandonato,è sempre di provenienza bizantina ma di matrice neo-ellenistica.In tale rapresentazione,si vuole metter in risalto l' umanità più che la divinità.L'opera,che è la prima di quel filone pittorico che avrà successo nella Toscana del 1200-1300,è una pergamena incollata su legno e mostra un Cristo che esprime la sofferenza nel capo reclinato,le membra stremate e il suo volto esprime tutta la soferenza.Predominano il nero e il giallo oro e negli scomparti,che non si congiungono al calvario raffigurano e raffigurano la passione di Cristo in sei riquadri disposti tre per lato.Nella Cimasa vi sono rappresentati degli angeli.
IL CHRISTUS PATIENS DI GIUNTA PISANO ( 1250 )
Giunta Capitini detto Giunta Pisano,fu il maggor esponente della pittura toscana prima dell'avvento di Giotto e Cimabue.Fu istruito presso la scuola pisana e la sua pittura più profonda,quasi introspettiva è la prima delle future opere del 1200.La sua arte è fortemente influenzata dall'arte neobizantina e la sua influenza artistica giunse anche in Umbria ed Emilia oltre alla Toscana.Pisano rappresenta un Christus patiens ma questa scelta non è di origine puramente artistica,ma riflette un disagio interiore dell'autore che ha una visione negativa della vita.La sofferenza è sottolineata dalla marcata curva del corpo che presenta i muscoli addominali molto marcati e dall'atteggiamento della Madonna e Giovanna,la uniche due figure nei terminali che restano addolarati dal fatto.La croce non ha illustrazioni negli scomparti e presenta un'iscrizione nella Cimasa.
IL CHRISTUS PATIENS DI CIMABUE (1260 1270CA )
BENCIVIENI DI PEPO o BENVENUTO DI GIUSEPPE,detto CIMABUE,fu un pittore italiano operoso a Firenze negli ultimi tre decenni del XIII sec. fino ai primi anni del XIV sec.Abbiamo pochissime le notizie della sua vita: era a Roma nel 1272, e ancora vivo a Firenze nel 1302. Fu iniziatore della pittura italiana, alla sua grandezza di artista rese omaggio anche Dante (Purg., XI, 94-96).Delle sue opere ci restano l'enorme Crocifisso dipinto per la chiesa di San Domenico ad Arezzo, La più monumentale delle Madonne in trono che la critica concordemente attribuisce a Cimabue è quella dipinta per la chiesa di Santa Trinita a Firenze (oggi agli Uffizi) forse nel 1285, mentre Duccio di Buoninsegna creava in Santa Maria Novella : Madonna Rucellai. . Di poco anteriori o posteriori sono gli affreschi del transetto della basilica superiore di San Francesco ad Assisi. Cimabue dipinse la volta della crociera con gli Evangelisti, le scene apocalittiche col Giudizio e la Crocifissione nel braccio sinistro, due scene delle storie di San Pietro nel braccio destro, le storie della Vergine nel coro. Capolavoro assoluto, la Crocifissione . Un abisso separa queste immagini di Cimabue dalle interpretazioni bizantineggianti dei contemporanei. Nella basilica inferiore l'artista dipinse anche, ma non in quel giro di anni, una Madonna in trono tra angeli e san Francesco, in cui il ritmo compositivo si è fatto più raffinato (è il momento gotico dell'artista), e più umano il racconto sacro. Un sottile equilibrio prospettico regge gli elementi della composizione nel Crocifisso destinato all'altare maggiore di Santa Croce,meno rigido di quello di Arezzo.La Madonna consevata in Bologna risponde agli stessi rigidi canoni ai quali si avvicina il San Giovanni Evangelista "
dipinto a mosaico nell'abside del duomo di Pisa, allora il cantiere più famoso della Toscana. Si Dice che Cimabue, compiuto il mosaico pisano, fu chiamato a Firenze per lavorare con Arnolfo di Cambio nella fabbrica di Santa Maria del Fiore, e che lì fu sepolto
La cultura di Cimabue,radicata alla tradizione bizantina,mostra uno dei suoi più noti lavori,la Crocifissione.L'opera datata 1260/70 è una tempera su tavola ma,relativo alla tradizione pittorica del Christus patiens,straordinariamente innovativo.Il corpo non pende abbandonato ma pare simboleggiare l' ultima sofferenza dell'agonia e il distaccarsi dalla croce.Il disegno incisivo è ben delineato in forme e colori , che un'armonia quasi solenne.I tratti fisici del capo ricurvo, gli occhi a S,la tensione dei muscoli,gli addominali tripartiti,l'uso dei colori rosso a sottolineare il perizoma, il giallo oro e lo sfondo nero mostrano come in Cimabue sia forte l'influsso artistico romano-bizantino.

IL CHRISTUS PATIENS DI GIOTTO.

Giòtto di Bondone, ( 1267 1337)è uno dei più grandi artisti italiani. Le notizie sulla sua prima educazione artistica sono incerte. I più lontani segni della sua attività sembra si possano ricercare ad Assisi, dove avrebbe lavorato nell'ultimo decennio del secolo, eseguendo alcune delle Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento nei registri più alti della navata della basilica superiore. Gli affreschi tutti assai guasti, rivelano modi desunti da Cimabue e dai pittori romani, seguaci del Cavallini, succeduti a Cimabue nella decorazione della basilica, unitamente a elementi ancora bizantini nel sistema cromatico con lumeggiature sovrapposte e frastagliate. In alcune scene tuttavia già si realizza il sentimento nuovo di uno spazio concreto, attraverso la disposizione delle figure, chiuse entro fermi contorni, e il loro rapporto con gli elementi del paesaggio. È probabile che, dopo l'esecuzione di questo primo ciclo di affreschi, Giotto sia andato a Roma: nella serie dei ventotto riquadri con le Storie di san Francesco, dipinte nell'ordine inferiore della navata della basilica superiore d'Assisi, si avverte infatti una più diretta esperienza dei modi cosmateschi nelle architetture dipinte sugli sfondi e, soprattutto, si sente la suggestione dell'arte di Arnolfo di Cambio, che consentì al giovane artista di dare maggior vigore al risalto plastico delle sue figure. Alla realizzazione di queste forme monumentali si adeguano alcune residue consuetudini bizantineggianti, come il lumeggiare violento, che qui diviene "mezzo più energico alle impressioni di massa e di rilievo" .Giotto certamente ideò l'intero ciclo, ma per l'esecuzione si valse di collaboratori, tra i quali emerge il Maestro della Santa Cecilia. Nelle scene dipinte da Giotto, databili verso l'ultimo quinquennio del Duecento, vi sono pochi personaggi essenziali, le composizioni sono chiare e ordinate in modo da dare la massima evidenza al racconto degli episodi, condensati nei loro momenti più drammatici e significativi. Le immagini hanno potente risalto e il paesaggio, le architetture, i riferimenti ambientali non servono semplicemente da sfondo alle figure, ma si articolano con queste in modo da creare uno spazio commisurato ai moti e ai gesti dei personaggi e da conferire la maggior vivezza narrativa ai vari momenti della leggenda francescana, sottolineandone i più profondi significati. La Rinuncia ai beni terreni, il Miracolo dell'assetato, la Morte del cavaliere di Celano, la Predica davanti a papa Onorio, l'Apparizione al Capitolo di Arles sono i soggetti di alcuni tra i più bei riquadri di questo ciclo che segna, nel percorso stilistico di Giotto, la conquista della piena padronanza della forma, intesa come sintesi di spazio e di rilievo, e dà inizio così a una nuova tradizione figurativa. Importante in questo percorso è l'incontro con i modi del Cavallini, avvenuto a Roma, che rende meglio comprensibile il successivo passaggio a una modellazione delle forme più dolce e fusa rispetto a quella dei primi tempi. Le opere che documentano, nonostante i rifacimenti, questo contatto sono il mutilo affresco in San Giovanni in Laterano e ilmosaico della Navicella per il portico di San Pietro.
Degli stessi anni, intorno al 1300, dovrebbe essere il Crocifisso di Santa Maria Novella a Firenze, dal bellissimo modellato del corpo. Fra il 1303 e il 1305 Giotto era a Padova, dove decorò l'interno della cappella degli Scrovegni con le Storie della Vergine nell'ordine superiore, la Vita di Cristo in quello mediano, i Vizi e le Virtù, a monocromo, in quello inferiore, entro finte edicole, l'Angelo e la Vergine Annunziata nell'arco trionfale, il Giudizio universale nella controfacciata e, sulla volta a botte della navatella, Cristo benedicente, la Vergine e i Profeti entro medaglioni. Questi affreschi sono il frutto della maturità artistica di Giotto: c'è qui una compostezza e una maggior distensione delle forme che ad Assisi; . Per la cappella degli Scrovegni, in cui concorse l'opera di alcuni collaboratori, evidente in certe discontinuità dell'esecuzione, Giotto dipinse anche un Crocifisso, che nel rilievo e nella modulazione del chiaroscuro testimonia, insieme con gli affreschi, la maturità dello stile giottesco.
Nell'ultimo trentennio della vita, l'attività di Giotto si intensificò ulteriormente: oltre alla Dormitio Virginis (Berlino, Staatliche Museen), al polittico Stefaneschi (Roma, Pinacoteca vaticana) e ad altri polittici, pale e crocifissi, usciti dalla sua bottega e oggi smembrati in numerose collezioni, le opere più importanti sono la pala di Ognissanti (Firenze, Uffizi), nella quale i colori fusi in gamme luminose e i volumi dal rilievo netto esaltano l'immagine monumentale, architettonica della Vergine, e gli affreschi, eseguiti non prima del 1317, con le Storie dei santi Giovanni Battista ed Evangelista nella cappella dei Peruzzi e le Storie di san Francesco nella cappella dei Bardi in Santa Croce a Firenze. Nei secondi, meglio conservati, le figure stesse creano l'architettura e si identificano con essa in un perfetto equilibrio, raggiungendo una più spiegata e statuaria monumentalità. Nel 1334 Giotto venne eletto capomaestro dell'Opera di Santa Reparata (la cattedrale di Firenze) e iniziò la costruzione del campanile, definito con precisione ai quattro spigoli della sua struttura dai robusti contrafforti a sezione ottagonale. Sembra che alla morte dell'artista la costruzione del campanile fosse giunta alla prima cornice; fu continuata da Andrea Pisano e terminata nel 1357 da Francesco Talenti e Neri di Fioravante i quali abolirono la cuspide piramidale che l'avrebbe, forse, completata alla sommità. Nessuna diretta testimonianza ci è rimasta dei viaggi e dei soggiorni di Giotto d'importanza determinante per il corso dell'arte negli anni che seguirono oltre che ad Assisi, a Roma e a Padova, a Rimini, dove fu prima del 1313 ed eseguì il solenne Crocifisso del Tempio Malatestiano, a Verona, a Napoli, dove la sua presenza è documentata da carte d'archivio tra il 1329 e il 1332, a Milano, dove fu chiamato da Azzone Visconti nel 1335-1336.
Nella crocifissione che si trova in Santa Maria Novella,che appartiene alle prime esperienze individuali del pittore,Giotto rappresenta un Christus patiens.Anche questo si ispira alle precedenti pitture e presenta anch'esso il capo reclinato e le membra abbandonate.Il volto è totalmente inespressivo come se la sofferenza sia svanita.La geometria della croce è abbastanza elaborata nel calvario e nelle raffigurazioni i colori rosso e nero che predominano,servono a dare un maggior risalto al Cristo morto e all' aureola che spicca sul fondo nero.Gli scomparti sono rossi,privi di raffigurazioni e nei due terminali ricorrono la Madonna e Giovanni su sfondo oro.Nella tecnica pittorica Giotto suole dare molto rilievo alla luminosità come mezzo espressivo:in questa pittura la predominanza di gradazioni poco luminose sottolineano lasofferenza mentre nella sua stessa opera il Crocifisso di sanFrancesco,pur essendo usati gli stessi colori,sono più luminosi,infondendo un luce leggera ed ombre diffuse ad accentuare la drammaticità del fatto.Nel Cristo di Santa Maria Novella le ombre sono tutte concentrate sul volto di Gesù,a sottolinearne la morte come spegnimento dell'anima.
MASACCIO:LA CROCIFISSIONE NEL POLITTICO DI PISA (1496).
Tommaso di ser Giovanni di Simone Guidi, detto Masaccio,fu un pittore italiano (San Giovanni Valdarno, Firenze, 1401 - Roma 1428 ). Scarse sono le notizie sul grande pittore, compartecipe, con l'architetto Brunelleschi e con lo scultore Donatello, nella Firenze del terzo decennio del XV sec., di quella rivoluzione artistica cui fu più tardi dato il nome di Rinascita. Nacque il 21 dicembre 1401, giorno della festività di san Tommaso da cui gli deriva il nome di battesimo, a Castel San Giovanni in Altura (od. San Giovanni Valdarno) dal notaio Giovanni di Mone Casai e da monna Jacopa di Martinozzo, secondo quanto il fratello minore Giovanni raccontò nel 1472 ad Antonio Manetti. Nel 1406 morì il padre e nacque il fratello Giovanni, poi pure pittore e soprannominato lo Scheggia. Poco più tardi la madre si rimaritò con un vecchio speziale, vedovo e padre di due figlie. Nel 1417, anno della morte del patrigno, Masaccio probabilmente si trasferì a Firenze; nel gennaio del 1422 si iscrisse all'Arte dei medici e speziali come "Masus S. Johannis Simonis pictor populi Sancti Nicholai de Florentia"; nel 1424 risultava iscritto alla compagnia di san Luca e abitante nella parrocchia di San Michele Visdomini. Il 19 febbraio 1426 ricevette dal notaio ser Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto la commissione di una grande pala d'altare da destinarsi alla cappella, in costruzione, del committente della chiesa del Carmine di Pisa. È questa l'unica opera di cui siano documentate paternità e cronologia. Non sicuro è l'anno della morte: nel novembre del 1429 sul catasto di Firenze il nome di Masaccio risulta cancellato con la giustificazione "dicesi è morto a Roma"; si reputa che in quella città egli fosse stato chiamato dall'amico Masolino nel 1428 e che dopo pochi mesi fosse già morto, improvvisamente, sì da far nascere il sospetto, infondato, di avvelenamento. Del tutto taciuta da fonti contemporanee è la formazione di Masaccio, problema tra i più discussi dalla critica modema. Una delle tesi più accreditate, basata su un'asserzione del Vasari e poi ripresa, è che egli abbia compiuto il suo tirocinio presso Masolino da Panicale, anch'egli valdarnese. Ma la prima opera certa di questo, allora già quarantenne, la Madonna dell'umiltà della Kunsthalle di Brema datata 1423, lo mostra su posizioni "gotico-internazionali" di ascendenza del Ghiberti che nessun addentellato hanno con le opere, neppure le prime, di Masaccio. Altra ipotesi vorrebbe il giovane Masaccio avviato alla pittura nello stesso paese natale da pittori locali, come Mariotto di Cristofano, e, a Firenze, da Gentile da Fabriano e Arcangelo di Cola da Camerino. Altri ancora denunciando, invece, l'indipendenza di Masaccio dagli orientamenti tradizionali, insistono su un suo precoce orientamento verso i maggiori d'età Brunelleschi e Donatello, oltre che sul recupero della lezione dell'ultimo Giotto. Secondo un'ipotesi il primo dipinto di Masaccio dovrebbe essere il polittico con la Madonna col Bambino in trono tra due angeli nel pannello centrale, i Santi Bartolomeo e Biagio nel laterale di sinistra, i Santi Giovenale e Antonio Abate in quello di destra, nella chiesa di San Giovenale a Cascia presso Reggello (Firenze).
Subito dopo l'aprile 1422, data della consacrazione della chiesa ,Masaccio verosimilmente dipinse l'affresco con la Sagra nel chiostro del Carmine di Firenze, oggi perduto.Masaccio, avrebbe impostato quest'opera già con tutti i propri problemi i quali valsero nella contemporanea Firenze come rottura con gli indirizzi attuali, e nel contempo sollecitazione a una nuova visione dell'uomo, esaltato nella sua dimensione storica e dominatore della realtà, indagata e proposta nella sua sostanza razionale. Questi temi furono da Masaccio svolti e approfonditi nelle opere immediatamente seguenti, strettamente legate a Masolino: la Madonna col Bambino e Sant'Anna, dipinta per la chiesa di Sant'Ambrogio a Firenze e ora agli Uffizi, e gli affreschi celeberrimi della cappella Brancacci nella chiesa del Carmine, pure a Firenze. Probabilmente, subito dopo, Masaccio dipinse nella cappella Brancacci, ancora accanto a Masolino che con ogni verosimiglianza diede inizio all'affrescatura alla fine del 1424 o al principio del 1425, il Battesimo dei neofiti e aggiunse al centro della scena di Masolino con il Risanamento dello storpio e la resurrezione di Tabita le case popolane del fondo e due vicoli prospettici, dando così non solo unità ai due episodi in primo piano, ma inserendo anche, in prosecuzione con le idee espresse nella Sagra, nel tono aneddotico dei due miracoli di Pietro, l'accento rude e veritiero di uno squarcio urbano della Firenze contemporanea. Secondo un'ipotesi recente ma non concordemente accolta dalla critica, nel 1425 Masaccio si sarebbe recato con Masolino a Roma; insieme i due pittori avrebbero iniziato gli affreschi nella chiesa di San Clemente e il trittico a doppia faccia per Santa Maria Maggiore, commemorativo della fondazione della chiesa stessa. L'opera risulta già smembrata nel XVII sec. e dispersa poi in varie gallerie. Il pannello di sinistra della parte anteriore coi Santi Girolamo e Giovanni Battista è, quasi unanimemente, ritenuto di Masaccio, mentre discussa è la cronologia, che alcuni vorrebbero anticipare al 1423, altri spostare al più tardo e documentato viaggio romano. Partito nel settembre 1425 Masolino per l'Ungheria al seguito di Pippo Spano, Masaccio tornò a Firenze e vi riprese l'affrescatura della cappella Brancacci dipingendo, nell'ordine, il Tributo della moneta, la Cacciata dei progenitori, San Pietro che distribuisce ai poveri i beni della comunità; il San Pietro che risana gli infermi con la sua ombra, i tre episodi della Storia di Teofilo nel registro inferiore (dopo una cinquantina d'anni completata da Filippino Lippi), intervallandola nel corso del 1426 per attendere anche al polittico per la chiesa del Carmine di Pisa. Di questa mirabile opera, smembrata alla fine del XVIsec. e dispersa in varie collezioni pubbliche e private, sono noti soltanto undici elementi: la parte centrale con la Madonna col Bambino in trono e quattro angeli il soprastante Crocifisso tra Maria e San Giovanni Evangelista e con la Maddalena , San Paolo e Sant'Andrea del registro superiore, e quattro piccoli Santi (Agostino, Girolamo, due Carmelitani) probabilmente facenti parte dei pilastri; i Martiri di san Pietro e di san Giovanni Battista, l'Adorazione dei Magi, San Giuliano che uccide i genitori e san Nicola che dota tre fanciulle povere Il Tributo è l'opera chiave e generalmente la più ammirata: in un paesaggio scabro dove i tronchi degli alberi hanno il valore di commisurare la profondità dello spazio, di proporsi, nella loro nudità, quali essenziali volumi, di opporsi ai vaghi scenari fioriti del gotico internazionale e di precisare una dimensione temporale reale, gli apostoli si dispongono intorno al Cristo (la testa si reputa per ragioni stilistiche dipinta da Masolino), anch'essi creando rigorosi rapporti di spazio. Nei successivi riquadri Masaccio approfondì particolarmente l'intelaiatura prospettica con un rigore più razionale, che trova nella Trinità affrescata in Santa Maria Novella a Firenze, verosimilmente poco prima della sua partenza per Roma, l'espressione più alta, soprattutto per il vano della cappella, risolto con un'architettura classica arieggiante quella dell'amico Brunelleschi, che assai probabilmente vi collaborò, sia per la stessa invenzione architettonica, sia per l'audace inscenatura prospettica. La prospettiva illusionistica è applicata anche nel sottostante affresco della mensa, recentemente ritrovato, che inquadra un sarcofago sul quale giace uno scheletro.
La crocifissione del polittico di Pisa,oggi conservato nel museo di Capodimonte(1426) è una delle rappresentazioni in cui compaiono di più la drammaticità e la durezza della morte.Nell'opera c'è un forte realismo ben espresso dal corpo consumato dalla sofferenza con i muscoli in tensione in maniera evidente con il capo incassato nelle spalle per la tensione dei muscoli innaturale.La scena è piena di drammacità anche per la donne che piangono intorno alla croce e dà particolare importanza alla Maddalena,colorandole la veste con colori più vivi.La semplicità delle forme e il gioco di ombre accentuano il realismo partendo da una situazione più cupa in basso fino alla luminosità soffusa che applicò Giotto.I colori usati sono il rosso,il blù,il marrone e varie sfumature dal giallo all'oro che danno il gioco di luce.

ARTISTI A CONFRONT0.
In tutti gli artisti analizzati si può cogliere un influsso maggiore o minore che la cultura bizantina,madre di questa esperienza artistica,ha nel corso del tempo.Partendo dal 1138 per arrivare al 1426,vediamo che in quasi 300 anni si è andati pian piano modificando l'ideale bizantino.In quanto a colori l'uso è uguale in tutti i pittori,ma vediamo come in Masaccio ci sia un uso più licenzioso del colore e l'introduzione del blù che non compare in altre pitture.La novità nella nuova rappresentazione è anche nel panno che cinge i fianchi del Cristo: il perizoma;nei primi artisti è forte la matrice bizantina che lo vede più elaborato e più prezioso fino a Cimabue che lo tinge di rosso con tratti in oro;poi Giotto e Masaccio abbandonano tale particolare puntando più sul fatto umano che artistico. Inoltre si può osservare come la geometria della croce sia diversa nelle varie opere:Giotto e Giunta Pisano danno una forma elaborata ma estremamente pulita,l'anonimo,Cimabue e Guglielmo hanno una geometria più complessa mentre Masaccio rappresenta la crice semplice con i soli due assi incrociati.Si può notare inoltre, a mio avviso,come le decorazioni negli scomparti e nei terminali vadano scomparendo negli anni: Giunta,Guglielmo e l'anonimo rappresentano passi di Vangelo mentre gli altri artisti si limitano a piccole icone nei terminali.E' probabile che la presenza di tali immagini sia data da una religiosità più o meno sentita,o da uno scopo didascalico che l'artista voleva raggiungere e dal tipo di committenza.Tuttavia nei crocefissi i singoli artisti mostrano il loro rapporto con la religione e la visione che hanno della morte di Cristo,cercando di colpire nel segno chi osserva l'opera tramite singoli particolari:Guglielmo mostra una sorta di speranza e vuole diffondere Cristo creando un'opera accessibile a tutti per interpretazione;l'anonimo,con il Christus patiens illustra la sofferenza patita per l'umanità e con le raffigurazioni spiega a chiunque la vita spesa per l'uomo;Cimabue è il più fedele alla tradizione bizantina e con Giotto pongono in rilievo la sola morte creando un'opera che si documenta da sè e con Masaccio si completa l'idea di sofferenza e drammaticità che sembra essere molto sentita dal pittore,che in pochi tratti,semplici e quasi essenziali,cattura l'attenzione dell'osservatore e ne colpisce l'animo cristiano e non.

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