Michelangelo: Artista a tutto tondo

Materie:Tesina
Categoria:Storia Dell'arte

Voto:

1 (2)
Download:444
Data:20.03.2007
Numero di pagine:12
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
michelangelo-artista-tutto-tondo_1.zip (Dimensione: 21.94 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_michelangelo:-artista-a-tutto-tondo.doc     80.5 Kb


Testo

MICHELANGELO BUONARROTI
(Caprese 1475 – Roma 1564)
“Piuttosto Celeste che Terrena cosa”
Di
Jury Grazzini – Maria Salvati – Filippo Biagetti
Tesina di Storia dell’arte
Istituto Statale d’Istruzione Superiore per il commercio ed il Turismo “R. Magiotti”
Classe: V T.A.
Professoressa: Cutini Giovanna
SOMMARIO
• Pag. ___ : Il rinascimento maturo: Roma 1500
• Pag. ___ : Michelangelo: Pittore – Scultore – Architetto
• Pag. ___ : Le Opere: La pietà
• Pag. ___ : Il David
• Pag. ___ : La Sacra famiglia
• Pag. ___ : Lo schiavo Ribelle & Lo schiavo Morente
• Pag. ___ : Gli affreschi della Cappella Sistina
• Pag. ___ : Il Giudizio Universale
• Pag. ___ : Le ultime pietà
INDICE DELLE FIGURE
Opera Pagina
La Pietà __ Il David __ La Sacra Famiglia __ Lo Schiavo Ribelle & lo Schiavo Morente __ Gli Affreschi della Cappella Sistina __ La Creazione di Adamo __ Il Giudizio Universale __ Le ultime Pietà __
Capitolo 1
IL RINASCIMENTO MATURO: ROMA 1500
CONTESTO STORICO E RAGGIUNGIMENTO DELLA PERFEZIONE
Nei primi decenni del 1500, in tutta l’Europa, si determina una svolta radicale nella cultura e nella produzione artistica. Il secolo è segnato dal conflitto tra Francia e Spagna per il controllo della penisola. Solo la politica papale cerca di contrastare l’affermazione delle potenze europee in Italia attuando un sottile gioco di alleanze. Nei campi della cultura e dell’arte trovano piena maturazione i principi dell’Umanesimo, attraverso l’opera di veri e propri maestri del pensiero, operanti nei primi decenni del secolo, e in modo particolare nel mondo artistico come: Raffaello, Michelangelo, Tiziano e lo stesso Leonardo. Sotto il profilo artistico svolge anche un ruolo molto importante la diffusione in quel periodo della Controriforma Cattolica. La nuova dottrina promuove le catechizzazione dei fedeli e gli artisti devono fornire, con le immagini, i motivi della fede. Mentre nella seconda metà del 1500 sarà messo in rilievo dagli artisti in modo particolare la grandezza del principe e quindi del sovrano con la diffusione dell’arte manierista.
Nel 1500, si avvia la seconda parte del rinascimento, che nel 1400 si era diffuso in modo particolare a Firenze con i tre grandi maestri ed amici: Donatello, Masaccio e Brunelleschi. Nella seconda parte del rinascimento, il così detto rinascimento maturo, il centro del movimento si sposta da Firenze ad altre due grandi importanti città come Roma e Milano. Nel rinascimento maturo, come afferma Vasari, l’artista raggiunge il vero scopo del movimento artistico e letterario, la visione della natura e il raggiungimento della perfezione; una perfezione che viene fatta partire da Leonardo da Vinci, passando da Bramante, Raffaello e Michelangelo. Per essere definito un buon artista quindi occorreva essere addirittura essere maestri, passando da artigiano ad intellettuale. Se il 1400 aveva visto il ritorno dell’Antico e con esso il recupero degli ideali e della cultura classici, con il conseguente formarsi, in specie a Firenze con i Medici, di collezioni di antichità, è tuttavia a Roma nel Cinquecento che l’arte raggiunge il suo massimo splendore per quanto riguarda la sua perfezione. Si riesce a raggiungere quell’equilibrio ed armonia tanto cercata anche dagli antichi greci, grazie anche al sempre più importante disegno preparatorio, in modo particolare per un architetto.
Capitolo 2
MICHELANGELO: PITTORE – ARCHITETTO - SCULTORE
UN ARTISTA COMPLETO
Michelangelo Buonarroti nasce a Caprese, presso Arezzo, nel 1475. La sua formazione artistica si svolge a Firenze, presso la bottega di Domenica Ghilandario, poi presso la corte di Lorenzo il Magnifico, dove può studiare le opere antiche delle collezioni medicee. Opera alternativamente a Firenze e a Roma, dove i papi gli affidano prestigiosi incarichi come: l’affresco della volta della Cappella Sistina, il completamento della Basilica di San Pietro, la sistemazione dei Piazza del Campidoglio e la Pietà.
Nel corso della sua lunga vita Michelangelo, ritenuto la figura dominante di tutto il 1500, mutò alcune elle proprie concezioni sull’arte, sia per una logica e naturale evoluzione, sia per la realtà storica che si trovò ad affrontare, come l’affermazione della Riforma Protestante e della Controriforma. Artista sensibile e interessato a tutte le forme espressive (egli infatti si afferma come pittore, architetto ed scultore) vive questi eventi in prima persona, ponendosi come il “principale interprete del culmine e della crisi dei valori del Rinascimento”. Michelangelo sintetizza i valori dei grandi maestri del 1400 (Giotto, Masaggio & Donatello) con un linguaggio monumentale, sempre alla ricerca dell’intensità espressiva. A Michelangelo tuttavia non bastava la fedele imitazione della natura; egli credeva infatti, che da questa occorre scegliere le cose migliori, e che inoltre la fantasia dell’autore, quest’ultimo sarebbe stato capace di superare il frutto della natura stessa. Per Michelangelo la cosa più bella del creato è l’uomo, e questo lo dimostra anche nei suoi bozzetti e disegni preparatori, in quanto specchio della bellezza divina.
Successivamente, nel corso dell’affermazione della Riforma Protestante, darà meno importanza all’estetica, è più invece ai valori religiosi. La bellezza fisica diviene secondaria rispetto a quella spirituale, e infatti l’arte di Michelangelo in questa parte della sua vita viene messa al servizio della Chiesa. Verso la fine della sua vita, la bellezza del corpo umano diventa per Michelangelo un qualcosa addirittura che distoglie l’uomo dalla spiritualità e, ormai anch’egli avvolto nel clima controriformistico, teme che la sua arte e la sua fantasia possono averlo condotto addirittura verso la dannazione ed il castigo eterno. Lo stile che maggiormente si vede di Michelangelo nei dipinti e negli affreschi e quello di una linea netta e decisa nei contorni, al contrario di Leonardo Da Vinci, che sembra quasi che i personaggi fuoriescano dal muro.
Capitolo 3
LE OPERE
LA PIETA’:
“UN SADDO DA PRINCIPIO SENZA FORMA NESSUNA, ADESSO RIDOTTO A QUELLA PERFEZIONE, CHE LA NATURA A FATICA SUOL FORMAR NELLA CARNE”

La pietà è un gruppo marmoreo commissionata nel 1498 da un cardinale romano a Michelangelo, conclusa in un solo anno. L’iconografia dell’epoca de tema della Pietà consisteva nel rappresentare la Vergine Maria che tiene fra le braccia il corpo senza viga del Figlio deposto dalla croce. Tale composizione ebbe forse origine come riduzione della scena del compianto sul “Cristo morto”. Ma il particolare della pietà michelangesca è la Vergine Maria, rappresentata come una fanciulla dal volto appena velato di tristezza che sorregge amorevolmente il corpo del figlio, invitando chi guarda a provare per lui il suo identico dolore, e questo perché appunto lo scopo di Michelangelo in quel periodo della sua vita era soltanto rappresentare la perfezione e l’armonia, due elementi che sono presenti ed evidenti in questo gruppo marmoreo. L’ampio panneggio con le sue ombre profonde, è il mezzo di cui l’artista si serve affinché, per contrasto, il corpo nudo, liscio e perfetto del Cristo abbia maggior risalto. È così che Michelangelo propone di contemplare degli esseri giovani e senza imperfezioni nei quali si riflette la bellezza di Dio.
La composizione ha uno schema piramidale, accentuato dall’ampio panneggio della veste di Maria. Ripiegandosi appena all’indietro, ella si oppone con grazia al peso del figlio, riportando l’insieme ad uno schema compositivo unitario.
La Pietà 1498 -1499 Città del Vaticano Basilica di San Pietro

DAVID
“UN SIMBOLO CIVILE E DI FORZA”
Al suo ritorno a Firenze da Roma nel 1501 l’Opera del Duomo lo incarica di scolpire per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore una statua di David, ma in realtà fu deciso che per le sue qualità morali che questo nudo incarnava, rappresentando pienamente quei principi di libertà e di indipendenza che i Fiorentini stessi vedevano nelle proprie istituzioni repubblicane, che la statua fosse collocata non più in Duomo, ma dinnanzi a Palazzo Vecchio.
Il David rappresenta il giovane pastore, futuro re d’Israele, colto nel momento che precede l’azione: la sua fronte è leggermente aggrottata in un atteggiamento che indica allo stesso tempo concentrazione e valutazione delle proprie forze rispetto a quelle dell’avversario. I suoi muscoli sono in tensione e le mani nervose e scattanti, con le vene in superficie, sono pronte a far roteare la fionda per dar luogo all’azione. Il rapporto cistico delle membra è di ascendenza classica, e in modo particolare ai Greci. La superficie della scultura è perfettamente levigata.

LA SACRA FAMIGLIA
Sempre a Firenze, Michelangelo dipinse intorno al 1504 l’unica tavola finita che di lui conosciamo, La Sacra Famiglia, ispirandosi anche un po’ allo stile di Leonardo e di Raffaello nelle loro Madonne, ovvero lo stile piramidale centrale. In primo piano, infatti, possiamo notare che Michelangelo ha raggruppato, saldandoli in un solo blocco, i componenti della Sacra Famiglia: Maria, Giuseppe e il piccolo Gesù. Al di là del muretto, alle spalle di Giuseppe, emerge, sulla destra, la figura di San Giovannino dietro il quale, disposti a semicerchio su un rilievo roccioso stanno dei giovani nudi. A Michelangelo interessa poco il paesaggio. Ciò che gli preme, infatti, è la raffigurazione del corpo umano: è l’uomo al centro della sua attenzione e delle sue riflessioni. La scena familiare segue un andamento elicoidale, d’avviamento verso l’altro, mentre i giovani nudi accennano, invece a dei movimenti orientati in senso orizzontale. Le ginocchia di Maria in primo piano e il blocco compatto e spinto indietro del Figlio e dello sposo configurano una superficie emisferica. Una seconda emisfera è accennata in profondità dagli ignudi. Complessivamente, il dipinto suggerisce uno spazio pittorico perfettamente sferico contenuto entro la cornice circolare.
La sacra famiglia rappresenta il mondo cristiano, i nudi al contrario quello pagano e San Giovannino costituisce l’elemento di mediazione fra l’uno e l’altro, essendo colui che è chiamato a preparare la strada alla predicazione del Cristo. I colori sono vivaci e cangianti, i corpi sono trattati in maniera scultorea, chiaroscurati e spiccati dal fondo della tavola tramite una linea di contorno netta e decisa, il contrario di quello che veniva fatto nei dipinti di Leonardo, che frantumava e sfumava il contorno, qui invece i corpi sembrano quasi aggettanti verso l’osservatore. D’altra parte Michelangelo pensava che la migliore pittura fosse quella che maggiormente si avvicinava alla scultura, ovvero quella che possedeva un maggiore senso di plasticità possibile.
LO SCHIAVO RIBELLE E LO SCHIAVO MORENTE
“PRIGIONIA DEL CORPO & VOGLIA DI LIBERTA’”
Una volta a Roma Michelangelo visse un breve periodo di esaltazione per la commissione ricevuta dal papa do progettazione di un suo monumento funebre. Ma il progetto per varie ragioni subì vari ritardi e varie modifiche, e proprio alla seconda versione del progetto appartengono il Mosè e in modo particolare Lo Schiavo Ribelle e lo Schiavo Morente. Nelle due statue marmoree, conservate a Parigi nel Museo del Louvre, si fa concreto il tema dell’anima prigioniera del corpo e anelante della libertà. Ma essi sono anche un pretesto per formare dei corpi perfetti, ora tesi nello sforzo, ora abbandonati nel languore dello sfinimento.

GLI AFFRESCHI DELLA CAPPELLA SISTINA
Una delle opere più maestose e conosciute di Michelangelo sono gli affreschi della Cappella Sistina in Vaticano, commissionate del 1508 da Giulio II. La Volta venne organizzata fingendo delle membrature architettoniche alle quali l’illusione prospettica conferisce un realismo sconcertante. Infatti essa si presenta attraversata in senso trasversale da arconi che appoggiano su una cornice corrente poco al di sopra delle vele triangolari e sorretta da pilastri che affiancano i troni di sette Profeti e cinque Sibille. Gli arconi e la cornice ripartiscono la superficie centrale in nove riquadri con scene tratte dal libro della Genesi, cinque dei quali sono di dimensioni minori poiché lasciano spazio a dieci grandi coppie di Ignudi che reggono altrettanti medaglioni a monocromo con scene bibliche. Nelle vele e nelle sottostanti lunette sono raffigurate le quaranta generazioni degli Antenati di Cristo, e infine, nei pennacchi angolari trovano posto le raffigurazioni di quattro eventi miracolosi fondamentali per la salvezza di Israele in pericolo (Giudittta e Oloferne, Davide e Golia, il Serpente di bronzo, la Punizione di Amon)
L’intera rappresentazione è caratterizzata da colori accesi e cangianti, distribuiti con grande libertà di accostamenti. Inoltre, come già detto precedentemente, la linea netta di contorno dei personaggi e dell’anatomia dei corpi, studiata quasi perfettamente, che rende i personaggi quasi aggettanti verso chi li guarda, come vere e proprie sculture. La più giustamente famosa delle scene dipinte nei grandi riquadri della volta è quella della Creazione di Adamo. A destra notiamo Dio Padre in volo, sorretto da numerosi angeli ed avvolto da un manto rosa-violaceo che si gonfia al vento, richiamando il contorno di un cervello, simbolo su sapienza e razionalità. A sinistra Adamo, disteso, si solleva attratto dalla potenza vitale che si sprigiona dalla mano destra di Dio. I due non si toccano, solo le loro dita si sfiorano, al centro della composizione, stagliandosi contro un cielo chiarissimo. Sia qui che negli Ignudi, pare proprio che lo scopo dell’artista sia quello di dar vita al suo ideale estetico; realizzare corpi perfetti, proporzionati, atletici e maestosi nei quali si rifletta la bellezza stessa della divinità.

IL GIUDIZIO UNIVERSALE
Realizzato tra il 1536 e il 1541, nella Cappella Sistina, commissionato da Papa Clemente VII è l’immenso affresco rappresentante il Giudizio Universale, e dipinge l’intera superficie senza ricorrere all’organizzazione architettonica che aveva razionalizzato le storie della Genesi. Il giudizio è come una visione: sparita come d’incanto la parete, gli eventi ultimi della storia dell’umanità si mostrano agli occhi rapiti dell’osservatore contro un profondo sfondo azzurro oltremarino. Qui, al contrario di tutte le altre opere, l’artista non cerca più la bellezza ideale, ciò che lo interessa ora è il senso tragico del destino dell’uomo. I corpi sono tozzi e pesanti. I salvati, posizionata a sinistra, sono attoniti e disorientati, come foglie portate dal vento, volano verso l’alto. Faticosamente conquistano il cielo aggrappandosi alle nuvole, quasi fossero solide rocce, o con affanno vi vengono issai. Con angoscia e disperazione pari alle loro colpe i dannati, posizionati a destra, vengono a loro volta trascinati in basso da creature diaboliche. Invano tentano l’assalto verso il Cielo, quasi fossero novelli Giganti, ma gli angeli, con forza, li respingono e così precipitano pesantemente verso l’inferno rosseggiante di fuoco. Altri vengono ammassati in quel luogo di dolore da Caronte, che li percuote con un remo. Il mitologico traghettatore delle anime agli Inferi è però dipinto da Michelangelo non tanto pensando alla creature immaginaria dai pagani, quanto seguendo la descrizione di Dante nella Divina Commedia.
L’ascesa dei salvati e la discesa dei dannati seguono il gesto imperioso e terribile delle braccia di Cristo-giudice, posizionato al centro dell’affresco, con la Vergine Maria alla sua destra, e attorniato da una moltitudine di santi l di sopra dei quali sono dipinti due gruppi di angeli che recano i simboli della passione (la croce, la colonna della flagellazione, la corona di spine). A questa rinvia simbolicamente anche il braccio sinistro di Cristo piegato e tenuto all’altezza delle ferita sul costato. Nei volti dei salvati, non c’è gioia, ma al contrario solo cupo terrore fra i dannati verso i quali si svolge il Giudice divino. È il giorno della sua ira tremenda, quello in cui tutti saranno giudicati e il movimento vorticoso dei corpi si somma alle grida disperate, agli urli dei demoni, all’assordante suono delle trombe degli angeli che, com’è scritto nell’Apocalisse annunciano l’arrivo di Cristo.
LE ULTIME PIETA’
Negli ultimi anni della sua vita Michelangelo riconsidera il tema della Pietà, che è poi della contemplazione della morte. Se ventitreenne aveva potuto pensare ai giovani corpi della Madre e del Figlio dando vita alla Pietà di San Pietro, ora, ormai vecchio e sofferente, non può che meditare sul mistero della morte. I personaggi rappresentati aumentano, alla Vergine e a Gesù altri se ne aggiungono (la Maddalena e Nicodemo) e il corpo del Cristo, non più cullato dalla Madre è verticale, sorretto da tutti e scompostamente abbandonato. Solo nella pietà Rondanini, quella a cui lavora quando lo coglie la morte, l’artista torna alle due figure essenziali della composizione. Il gruppo del quale è oggi in corso il primo restauro, ci è pervenuto nello stato di abbozzo in cui venne abbandonato. Il corpo eretto affusolato, quasi infantile, del Figlio è sorretto amorevolmente, ma a fatica, dalla Vergine che lo stringe a sé accostando il proprio viso a quello di lui in un abbraccio tenero, mesto e senza fine. Il marmo inoltre non è più lucido, come nella prima Pietà, ma è grezzo...

MICHELANGELO BUONARROTI
“Piuttosto Celeste che Terrena cosa”
i
MICHELANGELO BUONARROTI
“Piuttosto Celeste che Terrena cosa”
3
v
4

Esempio