Moto Guzzi

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MOTO GUZZI

Repubblica, 4 febbraio 2004

Da poco più di due anni e mezzo la Moto Guzzi è passata sotto il controllo della veneta Aprilia che l'ha rilevata, dopo una lunga crisi, per rilanciarla come merita una marca con 85 anni di prestigiosa storia alle spalle. Piccoli ritocchi alla gamma esistente, la presentazione di due interessanti prototipi al Salone di Monaco del settembre scorso, un intenso programma di evoluzione totale dei modelli in produzione (ma per il nuovo motore bisognerà attendere ancora non meno di un anno) e una logica quanto utile operazione di rilancio dell'immagine Guzzi sono stati i primi atti del rinnovamento intrapreso…
Oggi la Moto Guzzi riconquista un ruolo da protagonista tornando a conciliare tecnologia, impegno e passione attorno alla carismatica guida imprenditoriale dell’ingegner Ivano Beggio, fondatore dell’Aprilia. Acquisita nel corso del 2000, la Moto Guzzi entra così a far parte a pieno titolo nel progetto avviato dall’ingegner Beggio per la costituzione di un grande polo motociclistico che, forte della tradizione italiana ed europea, saprà competere sui principali mercati internazionali.

Avvenire, 27 Febbraio 2004

Al Vittoriano una rassegna sul «sogno italiano» della Moto Guzzi
I NOSTRI WEEK END
L'Aquila con due ruote

Nata in dialetto lombardo su «quel ramo del lago di Como» nel 1921, ha saputo conquistare la polizia d'America. Una marca dai molti allori, ma che punta all'essenza. E forse per tale unione di genio e regolatezza piace alle istituzioni
La guidava il «vigile» Alberto Sordi, ma anche Sean Connery in giacca e cravatta in 007. Ne ha possedute ben 16 Antonio Ligabue, il felicissimo pittore delle mattane(persone pazze), ma non la disdegnarono affatto nemmeno Tazio Nuvolari, Pier Paolo Pasolini, Roberto Benigni, Mike Buongiorno e Giovanni Guareschi (l’autore di don Camillo e Peppone): tutti a vario titolo ebbero a che fare con Falconi, Galletti, Aironi o Stornelli... Il mito della Guzzi sta forse racchiuso in questi estremi: un po' d'Italia e un pezzetto d'America - non per nulla uno dei suoi modelli più esaltati si chiama California. Potenza non esibita e affidabilità assoluta. Artigianato ed evoluzione. La casa lariana fu in assoluto - avvenne nel 1969 - la prima moto straniera adottata dagli esigentissimi poliziotti di Los Angeles, ma soprattutto nessun'altra marca nostrana rappresenta, in rombo e cromature, una possibile fraterna concorrenza con l'altro mito d'Oltreoceano: l'Harley Davidson. La Guzzi rappresentò lungo i decenni l'America dei desideri, l’oggetto dei sogni e dei risparmi, il simbolo di una modernità frenetica e nel contempo casalinga: una moto capace di vincere 3329 gare in 36 anni di corse (tra cui 11 spericolati Tourist Trophy e 14 titoli mondiali), ma nello stesso tempo in grado di caricarsi un'intera famiglia con valigia - anni Cinquanta - per tornare d'estate dai parenti. Fa dunque piacere che oggi, nel tempio della patria qual è il Vittoriano della Capitale, si celebri la Moto Guzzi come «un sogno italiano»; essa però è più internazionale che non sembri (come dimostrano i tantissimi e tenaci fans accumulati in Europa, in America e in Giappone), e insieme è tanto più locale. Perché fin dagli esordi del 1921 - col denaro dell'armatore genovese Parodi e l'ingegno del motorista Guzzi - e sino all'ultimo modello intitolato «Breva», proprio come il vento lariano, la più antica casa motociclistica ancora in attività dello Stivale nasce lombarda. Nessun pericolo infatti di scambiare il rombo bradicardico della Guzzi con quello più argentino e scoppiettante delle bellissime dueruote emiliano-romagnole. Anche il rosso della Guzzi è più cupo e sobrio del brillante «rosso corsa» della Ferrari. D'altronde a Lecco il genio (come altro chiamare, sennò, l'invenzione mondiale del telaio elastico, il fantastico 8 cilindri che detenne il record di velocità dal 1955 al 1987, i leggeri motori che spingevano anche gli aerei-spia Usa nella guerra del Golfo?) s'accasa con la regolatezza, ovvero razionalità, durata, essenzialità. La prima moto prodotta a Mandello, per dire, si chiamava «Normale»: fors'anche per questo la fabbrica all'ombra della Grigna è sempre tanto piaciuta alle istituzioni, al punto che poté far indossare ai suoi prodotti la divisa di quasi tutti i corpi militari d'Italia: dalla Polizia stradale ai corazzieri, dall'Alce-mulo dell'Esercito alle solide ed eleganti carenate blu dei Carabinieri (ce l'hanno tuttora i soldati italiani in missione in Iraq). Anche così l'Aquila divenne italiana. Dunque, come un tempo si accese la discussione se la Guzzi fosse maschio e femmina, oggi la parabola di una motocicletta nata in dialetto e giunta a parlare benissimo inglese va a pieno titolo inscritta in una matura, consapevole italianità. Sì, «Guzzi: sogno italiano». E dagli col gas.

POPOTUS
Avvenire, 28 Febbraio 2004

L’Italia in sella: storia di un mito
Una mostra celebra la Moto Guzzi, il sogno su due ruote

In Italia era nata Aquila, negli Stati Uniti divenne un’«oca». Ma sempre con lo stesso, caratteristico battito del cuore: tum-tum-tum... La Moto Guzzi è così: capace di adattarsi ovunque, ma sempre se stessa, sempre inconfondibile. Per questo al Vittoriano di Roma una mostra celebra la marca di motociclette più antica d’Italia, tra quelle ancora in attività: la Moto Guzzi infatti nacque nel 1921 a Mandello del Lario (un paese sul lago, poco lontano da Lecco) dalla capacità meccanica del lombardo Carlo Guzzi e dai finanziamenti del genovese Giorgio Parodi. Da allora ne ha fatta parecchia di strada, a volte di corsa (fino al 1957, anno in cui si ritirò dalle competizioni, aveva vinto ben 3329 gare e 14 titoli mondiali), ma spesso anche con la tranquilla andatura dei suoi modelli più popolari.
L’Airone, il Falcone, il Cardellino, lo Zigolo, il Galletto, il Condor, lo Stornello... Avevano quasi sempre a che fare con un volatile i nomi delle moto uscite dalla fabbrica che scelse un’aquila (quella dell’aeronautica militare, in cui avevano militato sia Guzzi sia Parodi) come stemma; per questo nessuno si offese più di tanto allorché – nel 1969, quando la marca di Mandello fu la prima motocicletta straniera ad entrare nel garage della polizia di Los Angeles, sbaragliando la concorrenza della «mitica» Harley Davidson – gli americani cominciarono a chiamarla «goose», ovvero «oca». Non riuscivano a pronunciare il cognome Guzzi.
Negli anni Cinquanta quando pochi possedevano un’automobile, moltissimi italiani scelsero proprio la «(h)onda del Lario» come unica vettura familiare; e lei non li tradì mai, aggiungendosi persino una ruota (erano indistruttibili i motocarri della Guzzi, sul cui cassone si poteva caricare davvero di tutto...) pur di dare una mano a ricostruire l’Italia che aveva voglia di dimenticare la guerra. E la leggenda continua ancora, nonostante l’assalto commerciale delle moto giapponesi magari più brillanti e scattanti.
Il marchio. Perché quell'aquila? Quando nel 1917 Carlo Guzzi e Giorgio Parodi si accordano per avviare, una volta terminata la guerra, la produzione di una piccola serie di motociclette, nei loro piani iniziali avrebbe dovuto partecipare anche un terzo socio, Giovanni Ravelli, famoso pilota di moto del periodo. Ravelli però morì per un incidente aereo, ed è in suo ricordo che il marchio Moto Guzzi venne poi caratterizzato dal simbolo dell'Aeronautica: l'Aquila ad ali spiegate.

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