Romanizzazione della Franciacorta

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LA ROMANIZZAZIONE DELLA FRANCIACORTA
I Cenomani sebbene fossero divenuti «civitas foederata» di Roma (196 a.C.) assieme agli altri Celti della Transpadania conservarono il proprio legame verso l’Europa alpina piuttosto che verso l’Italia peninsulare, sentendosi cittadini della grande comunità celtica secondo le cui leggi e tradizioni erano organizzati.
Tuttavia la loro condizione di stato-satellite di Roma andò sempre più accentuandosi, fattasi evidente dal I° sec. a.C. quando si trasformarono in classe dirigente gli immigrati o gli elementi locali ormai latinizzati e quasi del tutto estranei alla cultura celtica.
Questa evoluzione fu ufficialmente riconosciuta con la concessione della cittadinanza latina (89 a.C.) ai Transpadani, disposizione che legandosi a successivi interventi mirava ad un inserimento organico e generale delle Gallie nell’ordinamento romano, sebbene realizzato a tappe:
— 78 a. C.: Creazione della Provincia Gallica Cisalpina.
— 49 a.C.: La «Lex Roscia» concedeva ai Cisalpini la cittadinanza romana.
— 42 a.C.: «Lex Iulia de civitate Transpadanorum» faceva cessare lo stato di provincia di tutta la Vallepadana.
— 16-14 a.C.: Conquista delje Genti Alpine ad opera di Augusto.
La società si romanizzava gradatamente e variamente in tutti i campi,ma sempre più profondamente col passare del tempo, soprattutto le classi più agiate e influenti delle città che a loro volta assumevano anche il tipico aspetto romano.
Le popolazioni rurali restarono invece legate ancora a lungo agli antichi fatti culturali, mentre le campagne erano oggetto di sfruttamento e utilizzazione e così si formava una società semiautonoma sebbene animata da notevoli traffici economici.
Rileviamo tracce di questa evoluzione culturale specialmente nelle tombe dove dal I° sec. a.C. tendono a scomparire tutti gli elementi caratterizzanti la dimensione di uomo libero (spade, lance, umboni di scudo) restando invece ancora a lungo i coltelli mentre fanno la loro comparsa strumenti di lavoro, lucerne, monete e più avanti oggetti di vetro; la tomba fatta di embrici con ceneri spesso deposte in anfore segate ci pone di fronte ad una romanizzazione così evidente da rendere quasi impossibile la distinzione delle due culture.
Mentre per le città la Transpadania appartiene ormai alla provincia romana salvo alcune eccezioni locali e affioramenti di sostrato, nelle campagne il contrasto si conservò più duraturo e per certi elementi si manterrà ancora per secoli. Vediamo alcuni aspetti della nostra appartenenza al mondo di civiltà romana.

L’organizzazione del territorio
Con la conquista delle Genti alpine, Brescia assunse l’aspetto proprio di un centro progredito tra i più ordinati ed importanti dell’intera Transpadania anche perchè controllava importanti comunicazioni con l’Europa settentrionale, le valli del Reno, del Danubio e del Rodano. Attraverso le valli bresciane, si svilupparono ulteriormente i commerci interagerìdo con la crescita industriale, mineraria, edilizia ed agraria donde la sistemazione dei fiumi, la bonifica delle aree paludose e l’irrigazione.
La rapida crescita economica e l’esigenza di accelerare la romanizzazione della Transpadania convinsero Roma a riordinare la rete stradale, elemento insostituibile di unificazione politica ed economica. La stessa posizione geografica della città al limite settentrionale della pianura, in prossimità dello sbocco di diverse valli, presentava condizioni particolarmente adatte perchè si affermasse un importante nodo viario, costituito dalla grande strada pedemontana su cui si innestavano o convergevano le strade risalenti dalla pianura e discendenti dalle valli.
Quando nel I° sec. a.C. fu necessario rettificare la grande rotabile pedemontana (via Gallica) per congiungere aree o città in piena espansione, ci si rese conto che non era possibile variare correnti di traffici o deviare linee di comunicazione plurisecolari: vi si opponevano gli interessi vitali connessi come i proventi dai transiti e trasporti per cui le pressioni esercitate localmente conservarono immutata nella linea fondamentale la viabilità precedente, pur abbreviandone i percorsi.
Parallelamente col crescere di Brescia prima e di Milano poi, anche la Franciacorta si dimostrò importante area agricolocommerciale,stradale, militare, artigianale ed amministrativa,per cui fu giocoforza conservare e ristrutturare le fortificazioni precedentemente orientate verso l’Oglio sull’antico confine degli alleati assegnando ora ad esse un carattere di presidio militare, locale e in rapporto alle appena sottomesse Genti alpine. La riorganizzazione militare del territorio aveva impreteribili caposaldi topografici come il monte Orfano, il monte Alto di Adro, il monte di s.Onofrio di Capriolo e i due blocchi costituiti da Coccaglio e Rovato. Ancora oggi possiamo individuare in profonde fondamenta ed in alcune enormi mura (note a Cologne, Coccaglio, Rovato, Adro, Capriolo, Iseo) resti di costruzioni realizzate con la tecnica romana (calce, mattoni, pietre) che tuttavia da noi potè avvalersi con facilità di varianti usando anche grossi tronchi che qui abbondavano, per la costruzione di edifici o loro parti.
L’approvvigionamento idrico oltre che dai numerosi ruscelli locali fu assicurato anche da cisterne di cui esiste traccia a Rovato (bivio Bonomelli) e forse da acquedotti discendenti dai colli a nord di Rovato. Ancor oggi abbiamo resti di architetture romane riconoscibili nonostante i due millenni trascorsi, i rifacimenti, le distruzioni e gli adattamenti sopraggiunti. Mi riferisco in particolare a:
Cologne: l’area di s. Giacomo reca segni di interventi romani e altomedievali nei suoi bastioni, muraglie, grotte-magazzino, cisterne terrazzamenti, con la notevole base di una torre massiccia, in ceppo del monte Orfano (m. 6x6x3 di altezza).
Coccaglio: senza dubbio questi sono i più importanti e meglio conservati resti di fortificazione romana di tutta la zona, con un possente quadrilatero in cui si distinguono tre torri, simili a quella del monte Orfano di Cologne.
Rovato: l’area del Municipio e della Chiesa richiama elementi propri delle città sviluppate su fortificazioni stabili con notevoli fondazioni e tracce sotterranee (fino a 4-5 metri sotto i livelli viari attuali) nonostante trasformazioni, sovrastrutture e distruzioni. L’area del Convento e di s. Michele risulta invece completamente trasformata da demolizioni, ricostruzioni, rovine naturali ma anche perchè essendo un luogo di vigilanza era il più esposto alle violenze degli eventi militari.
Capriolo: l’imponente castello, più volte distrutto e ricostruito nel medioevo, non solo sorvegliava l’accesso al lago, alle valli Ca-monica e bergamasche, ma in stretta connessione con la Mussiga protesse per secoli il vitale ponte romano sull’Oglio, forse il più antico di questa zona.
Erbusco, Adro, Nigoline, Cazzago, Iseo, Rodengo, Ome... ogni centro conserva vestigia più o meno importanti della presenza ed attività militare, civile, religiosa romane.
Interventi per l’agricoltura
La complessa organizzazione dell’area e la presenza di tanti uomini ed animali, richiedevano un’agricoltura intensa e fiorente. Prima di colonizzare un territorio i Romani solevano suddividerlo in appezzamenti quadrati, delimitati da linee rette costituite praticamente sul terreno da fossi, strade rurali, sentieri e filari di piante, equidistanti fra loro e parallele a due strade pubbliche intersecantesi ad angolo retto nel punto centrale della limitazione stessa.
Le parti del terreno risultanti dal reticolato di tali linee rette erano dette «Centuriae» (centuriatio, quindi, la suddivisione) e ciascuna in genere misurava 200 iugeri: il lato della centuria era generalmente di 20 actus (=710 metri).
Le aree centuriate del bresciano risultano limitate secondo orientamenti diversi, ma con maglie rettangolari tipiche di 20x22 actus (710x781 metri). La limitazione ai piedi del monte Orfano che si allarga anche per poco oltre il fiume Oglio pare centuriata sul decumano

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