Serse

Materie:Appunti
Categoria:Storia
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Testo

SERSE
Il giudizio della storiografia moderna su questo personaggio è stato molto influenzato dal ritratto che ce ne hanno lasciato le fonti greche: per i Greci, Serse è il prototipo del despota brutale, che volle rendere schiave le libere città greche, che inflisse alla Grecia lutti e devastazioni, che distrusse Atene. Un cupo sovrano barbaro che per giunta non riuscì a tradurre la sua enorme potenza in successo e finì sconfitto e umiliato. Le parole di Eschilo al suo riguardo suonano come una condanna eterna: “Zeus veglia e punisce la superbia, esige il conto, giudice severo”.
Al di là della rappresentazione, inevitabilmente di parte, che ne lasciarono i Greci, non si può negare che Serse, a differenza dei suoi predecessori, agì spesso in modo eccessivamente violento. Lo mostrò già nella sua prima grande impresa, quando domò con grande crudeltà una rivolta esplosa in Egitto, lasciandosi alle spalle una scia di odio e di rancore. Non meno duramente fu trattata, sempre per una rivolta, Babilonia: Serse non tenne in nessun conto il fatto che Babilonia era una città santa, e ne distrusse le mura, i templi, le statue degli dèi.
Sembra che questo sovrano non avesse una forte vocazione militare. Consolidato l’ordine all’interno dell’impero, si dedicò infatti soprattutto alla costruzione di palazzi e monumenti. No resistette tuttavia alla tentazione di riprendere l’espansione verso Occidente avviata da suo padre Dario e organizzò l’imponente spedizione contro la Grecia. Il Gran Re assunse personalmente il comando dell’armata composta dai soldati di quarantasei popoli.
Come sempre, in ogni catastrofe bellica è difficile stabilire il peso rispettivo degli errori degli sconfitti e dei meriti dei vincitori. La tenacia e il valore dei Greci è fuori discussione, ma non meno evidente appare l’impreparazione dei Persiani. Le centinaia di migliaia di uomini che componevano il loro esercito venivano schierati a seconda del paese di origine e non secondo il tipo di armamento; i servizi di approvvigionamento erano carenti, perché il re faceva affidamento soprattutto sulle risorse dei paesi attraversati, non tenendo nel debito conto la limitatezza delle risorse agricole dei Greci; la flotta inquadrava numerosi contingenti forniti dai Greci della Ionia d’Asia, molto riluttanti a combattere contro i fratelli del continente.
Queste inefficienze, che rivelano l’impreparazione e l’arroganza di chi aveva organizzato la spedizione, furono aggravate dal carattere fragile del re. Questa debolezza emerse chiaramente dopo la battaglia di Salamina. Serse, che aveva assistito personalmente alla catastrofe, perse letteralmente la testa: fece giustiziare l’ammiraglio fenicio, provocando in tal modo l’abbandono della flotta da parte dei Fenici, e partì immediatamente per l’Asia, lasciando in Grecia Mardonio con un terzo delle truppe. Eppure la situazione era tutt’altro che compromessa: l’esercito era ancora integro, mentre i Greci erano numericamente inferiori e avevano perso gran parte del loro territorio.
Rientrato in Persia, Serse si dedicò con accanimento alla costruzione di edifici pubblici grandiosi, quasi a compensare, in questo modo, i suoi fallimenti di conquistatore. La sua fine fu tragica come la sua esistenza: morì infatti assassinato in una congiura di palazzo.

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