Baco da seta

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Testo

La seta è prodotta dai bruchi di quasi tutte le farfalle notturne; ma la più pregiata è quella prodotta da alcune specie di saturnidi e bombicidi, in particolare dai bruchi del bombice del gelso.
Il baco appena nato è un verme, in 3/4 settimane diventa adulto e inizia a creare un posto dove preparare il bozzolo. Da un’apertura situata sotto la bocca il baco prepara una bava sottilissima che a contatto con l’aria si solidifica e che, guidati ad otto della testa forma il bozzolo. Il baco impiega 3/4 giorni per prepararlo formato da circa 25 strati costituiti da un solo filo.
All’interno del bozzolo si trasforma in crisalide e poi in farfalla. In genere la farfalla vive qualche giorno per poi deporre da 300 a 800 uova prima di morire.
La larva è anche chiamata filugello; poiché essa fila un filo di seta.
Narra la leggenda cinese che la seta fu scoperta intorno al 2700 a.c., l’esportazione dei bombici e delle loro uova fuori dal territorio cinese era punibile con la morte; però al tempo dell’imperatore Giustiniano il baco da seta fu importato a Bisanzio, di là esso si diffuse poi in tutta Europa. In essa la seta continuò ad essere un prodotto ricercato e costoso, anche dopo che gli Arabi ebbero introdotto la bachicoltura in Spagna e in Italia.
L’allevamento del baco richiede cure particolari: per rinnovare a intervalli le foglie di gelso di cui si nutrono le larve, per garantire le condizioni le condizioni adatte di temperatura, luce, aerazione e umidità dell’ambiente dove si compie l’allevamento, e per prevenire, con opportuni accorgimenti, il manifestarsi di epidemie. Le malattie più comuni del baco da seta sono: il calcino, dovuto a un fungo parassita, l’atrofia parassitaria o pebrina, provocata da un microrganismo trasmissibile dalla farfalla infetta dal caldo e dall’umidità e che attacca soprattutto le razze indigene, indebolite dall’eccesso di domesticità. Il calcino si combatte bruciando zolfo nei locali prima dell’allevamento: infatti i vapori di anidride solforosa uccidono le spore del fungo. I danni della flaccidezza sono molto diminuiti da quando le razze indigene sono state sostituite con razze più robuste incrociando i ceppi nostrani con ceppi orientali, meno pregiati e produttivi, ma più vigorosi.
L’allevamento in Cina e in altri Paesi dell’Oriente si attua all’aperto, sulle piante di gelso, e si ripete due o tre volte dalla primavera all’autunno; in Italia, invece, esso si pratica al chiuso e di solito una sola volta all’anno, in maggio, sopra stuoie di graticci in ambienti ben areati, asciutti e a temperature comprese fra i 20° all’inizio e i 26° alla fine. Le uova che si acquistano dagli appositi stabilimenti di confezione del seme-bachi (nome commerciale delle uova) sono lunghe circa un millimetro. Da ciascun uovo esce una larva cilindrica che alla nascita è nera, ma poi schiarisce assumendo una tinta grigio biancastra (vi sono però razze “a baco moro”, cioè scuro, e altre anellate o zebrate). I bacolini si nutrono voracemente di foglie di gelso, che si somministrano ben asciutte, dapprima tirate e poi intere. La larva per muoversi, più che delle tre paia di corte zampe toraciche (vere zampe, che diverranno quelle della farfalla), si serve delle cinque paia di zampe carnose addominali (pseudozampe, assenti nella farfalla). Il baco ha presso l’estremità dell’addome un’appendice dorsale a forma di cornetto. Il baco muta quattro volte la pelle, che ogni volta diventa più chiara. Successivamente “va al bosco”, cioè sale cu rametti di erica, di vimini o di ginestra preparati in precedenza su graticci, e qui fila il bozzolo fino a restarvi chiuso all’interno.
Il filo di seta costituente il bozzolo è continuo e, in certe razze può essere lungo anche oltre mille metri: esso è detto “bava” serica ed è formato dalla riunione delle due “bavelle” provenienti l’una dalla ghiandola sericigenea di destra, l’altra da quella di sinistra: difatti i condotti escretori delle due ghiandole si uniscono in un unico cataletto mediano; qui le due bavelle confluiscono e sono unite in un solo filo quando attraverso il tratto terminale ispessito del canale escretore: questo mette capo alla base di una piccola filiera, che è situata sul labbro inferiore e che si apre all’esterno con un forellino. Il foro d’uscita del filo non è dunque in rapporto con la bocca.
La bava serica è costituita di due parti: un asse interno di fibrina, ch’è la sostanza essenziale della seta, utilizzata industrialmente, e un rivestimento di sericina, sostanza gommosa, destinata a essere eliminata dalla seta greggia con l’operazione della sgommatura.
Nel bozzolo, la larva subisce la metamorfosi in crisalide e poi quella in insetto perfetto. Per uscire dal bozzolo, la farfalla, chè sgusciata dalla crisalide, non spezza il filo, ma soltanto ne divarica gli avvolgimenti col capo dopo averli rammolliti e sgommati con un liquido alcalino di colore rossiccio, emesso da una particolare “vescica aerea” annessa all’esofago. La farfalla è di aspetto molto modesto, biancastra, con qualche evanescente disegno grigio sulle ali. E’ incapace di volare perché è troppo pesante; ha l’apparato boccale rudimentale senza spiritromba, per cui non si può nutrire. Vive qualche giorno e prima di morire depone da 300 a 800 uova, secondo le razze e le modalità di allevamento. Per impedire che i bozzoli sfarfallino e risultino inadatti alla trattatura, perché l’acqua della bacinella penetrerebbe nel foro rendendo impossibile il regolare dipanamento, essi sono sottoporti alla srufanatura, cioè prima che ne esca la farfalla sono posti per 12 ore in appositi forni la cui temperatura (80-90°) uccide la crisalide. Per l’utilizzazione della seta i bozzoli sono sottoporti alla trattatura o filatura nelle filande, alla torcitura nei filatoi e infine alla territura. Ognuno di queste operazioni alimenta speciali rami dell’industria serica. La grattatura comincia con la macerazione dei bozzoli in acqua bollente: in tal modo le sostanze gommose (sericina) che tengono uniti i giri del filo si rammolliscono permettendo il dipanamento. I capi di cari bozzoli vengono poi svolti in bacinella, uniti e attorcigliati in un unico filo che si avvolge in matassa attorno all’aspo. A seconda delle caratteristiche del filo e del tipo di tessuto voluto, alcune delle matasse di seta greggia che escono dalla filanda si prestano a essere direttamente tessute (sete per telaio); altre invece, prima di passare alla tessitura, devono essere ritorte con speciali apparecchi in appositi opifici detti filatoi o torcitoi. Le filande e i torcitoi, in tempo largamente diffusi nell’Italia settentrionale e centrale, sono attualmente alquanto ridotti e prevalentemente accentrati in Lombardia, dove sorgono anche le nostre più importanti fabbriche di tessuti di seta.
Qualcos'altro
La seta riflette la luce con uno splendore inimitabile e assorbe facilmente le tinture con grande ricchezza di sfumature.
L’elasticità del filo di seta dà al tessuto una particolare resistenza ed il semplice contatto dell’aria gli consente di mantenere la sua freschezza. La seta è molto morbida e liscia. Non resiste alla luce solare e si macchia con il sudore. È anallergica e trattiene il calore del corpo. La vera seta si riconosce al tatto e al peso, ma in caso di incertezza basterà bruciare un filo per accertarsene. Se è seta brucerà lentamente .
È meglio lavare la seta a secco. In caso di lavaggio in acqua, è opportuno bagnare un angolo per verificarne la solidità dei colori.
I capi si lavano con acqua tiepida e sapone neutro. Si sciacquano e si stendono in un luogo ventilato e lontano da fonti di calore. Infine si strano con ferro tiepido.
Il crepe-de-Chine è un tessuto in seta che si stringe con il lavaggio, ma ritorna come prima con la stiratura.

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