Programma di italiano di quinta liceo

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Testo

GIACOMO LEOPARDI.
* il suo pessimismo non dipendete dalla deformità e dalla sua malattia, si può dire che grazie alla
* sua cognizione del dolore seppe guardare a fondo nella realtà che lo circondava e scoprirne aspetti
* e contraddizioni ad altri ignoti;
* nacque con una situazione salutare cagionevole e peggiorò il suo stato fisico con “uno studio
* matto e disperatissimo” condotto per anni nella biblioteca paterna;
* passaggio “dall’erudizione al bello”: valutò diversamente i valori della poesia e la traduzione del
* volgare, compose canzoni di stampo classicista di impegno civile e riflessione esistenziale;
* peggiorarono le condizioni della sua salute: la nuova disposizione dell’animo e la nuova visione
* della realtà si concretarono in numerose riflessioni (Zibaldone) e in particolare alla teoria del
* piacere, che avrebbe rielaborato e approfondito in tutta la vita “passaggio dal bello al vero”;
* compose Le Operette morali: segnarono il momento culminante nella concezione della natura, che
* ora gli apparve la principale colpevole dell’infelicità umana, approdo dal “pessimismo storico”
* (che reputava l’uomo e la ragione colpevoli dell’umana infelicità) al “pessimismo cosmico”( che
* reputa la natura colpevole dell’infelicità dell’uomo, per avergli instillato l’esigenza della felicità);
* trascorre gli ultimi anni della sua vita in un’ansiosa attesa della morte, quale definitiva liberazione
* dalle proprie sofferenze: elabora La Ginestra, che costituisce la summa della sua riflessione degli
* ultimi anni, in cui il radicale pessimismo si coniuga con un nuovo slancio utopistico, nell’appello a
* tutti gli uomini a consociarsi contro il comune nemico, la natura e in cui trova consacrazione la sua
* poetica non più orientata verso un linguaggio indefinito e vago.
L’evoluzione del pensiero leopardiano:
Il pensiero leopardiano non assume veste sistematica ma è un insieme di riflessioni diluite nel tempo e soggette a progressivi sviluppi, ripensamenti, aggiustamenti, riconsiderazioni sotto angolature diverse. E’ quindi difficile da ridurre a teoria unitaria e lineare.
1. constata la sua angoscia individuale, convincendosi di essere destinato anche in futuro alla sofferenza e alla infelicità, senza possibilità di scampo;
2. “pessimismo storico”: concepisce l’infelicità come una condizione propria dell’uomo, come un prodotto del divenire storico e del progresso; è l’uomo stesso che allontanandosi dal felice stato di natura ha in gran parte causato la propria infelicità; la natura è concepita come una madre provvida e benevola;
3. “teoria del piacere” in cui descrive l’infelice condizione umana: l’uomo sperimenta in sé un desiderio infinito di piacere, irrealizzabile per definizione; quando prova piacere si tratta di piaceri limitati e temporanei (cessazione di dolore) che non possono appagare l’infinito desiderio di piacere; la natura interviene benevola cercando di celare la verità all’uomo, nell’età primitiva o nell’infanzia l’uomo è meno infelice perché si illude essendo disposto all’immaginazione e alla fantasia, il progresso storico e l’età adulta sono epoche di disillusione infelicità e angoscia;
- difendendo i classici sostiene che solo gli antichi sono diretti imitatori della natura, perché più vicini ad essa;
- si accosta alle posizioni romantiche dicendo che all’uomo moderno è concessa una poesia sentimentale e filosofica e non d’immaginazione;
4. “poetica dell’indefinito e del vago”: ricerca di riprodurre mediante il linguaggio quella sensazione di indefinitezza e di vaga immaginazione propria essenzialmente della fanciullezza;
- grande funzione della memoria: consente di attenuare e rendere più vaga e poetica anche l’esperienza del dolore; ciò che è lontano nello spazio e tempo, ciò che è solo intravisto, ciò che è solo immaginato, esercita nell’uomo la facoltà poetica per eccellenza, l’immaginazione;
5. “tema della caduta delle illusioni e della vanità di ogni cosa”: di carattere personale, di trascrizione diretta moti dell’animo e disposizioni sentimentali senza meditazioni di persone storiche o mitologiche;
- Infinito: suggestiva trascrizione di un moto dell’immaginazione cui il poeta si abbandona dinanzi a una siepe che gli impedisce di osservare il paesaggio retrostante;
6. “pessimismo cosmico”: costituisce all’incirca l’assetto definitivo del suo pensiero e è l’approdo ad un rigoroso e doloroso materialismo. Da una concezione positiva della natura passa ad una concezione negativa di essa (abbandonando i presupposti rousseauani); non esiste uno stato felice di natura da cui l’uomo si sarebbe allontanato, il vizio è già nel fondo della natura umana e l’uomo nasce al solo scopo di morire. La ragione, precedentemente considerata causa dell’infelicità umana, tende ora ad apparirgli un efficace strumento conoscitivo, capace di svelare le contraddizioni del reale: non conduce alla felicità ma rende consapevole l’uomo della propria condizione di infelicità;
- Zibaldone: affronta le più svariate questioni intensificando la sua riflessione sulla natura e sul destino dell’uomo;
- Operette morali: prose per lo più in forma di dialogo che costituiscono una sintesi unitaria di tutte le riflessioni dello Zibaldone: esprime la volontà di guardare a fondo nella natura delle cose e di svelare l’aspra verità cui egli è giunto:
Dialogo di F. Ruysch e delle sue mummie:affronta un corollario della teoria del piacere, il problema se in punto di morte l’uomo provi piacere o dolore, per affermare che la morte stessa in quanto cessazione del dolore del vivere produce una sorta di piacere; attraverso i morti comunica il senso di assurdità della vita;
Dialogo di un folletto e uno gnomo: deride la presunzione antropocentrica dell’uomo, che si è creduto e si crede misura dell’universo;
Dialogo della natura con un Islandese: un islandese prima peregrina per il mondo alla ricerca di un luogo e di un clima che la natura abbia destinato come suo proprio all’uomo e poi, convintosi che un tal luogo non esista e che la natura stessa abbia destinato l’uomo alla sofferenza, cerca disperatamente di sottrarsi alla persecuzione della natura, finché s’imbatte proprio in essa con cui intesse un drammatico dialogo sull’esistenza umana, sui fini e sul senso della realtà;
7. “ poetica della ricordanza”: vige ancora la poetica dell’indefinito, del vago e della caduta delle illusioni:
- Quiete dopo la tempesta / Sabato nel villaggio: rappresentazione di momenti, sensazioni, esperienze e figure collocate in un presente ideale senza tempo da movimentati e colorati quadri di vita recanatese;
- Canto notturno: il pastore errante è un alter ego del Leopardi ma è anche un primitivo, la cui sofferenza e la cui riflessione sono testimonianza dell’universale sofferenza dell’uomo e della capacità degli antichi di intuire le verità essenziali intorno alla condizione umana; il pastore leva il suo lamentoso canto e scopre che non esiste un punto in cui si può attingere il senso ultimo delle cose;
8. “ultima stagione”: la constatazione della sofferenza universale di ogni individuo genera nel Leopardi un sentimento di pietà in tutti gli esseri viventi; il Leopardi appare più aperto al mondo, più combattivo, più disposto a difendere le proprie amare verità, sino all’aperta polemica: si spiegano le aspre prese di posizione contro l’ottimismo di un progresso tecnico - scientifico per una perfettibilità dell’uomo e contro lo spiritualismo cristiano di quanti si illudono dell’esistenza di un disegno provvidenziale o di una vita ultraterrena;
- Ginestra: vera e propria summa e vertice della meditazione e della poesia dell’ultimo Leopardi. Sotto l’incombente, minacciosa mole del Vesuvio cresce la ginestra; il poeta invita a verificare in questo luogo una volta abitato e ridente de ora desertico quanto è indifferente la natura; polemizza contro lo spiritualismo cattolico che ha rifiutato quelle verità che avevano liberato in parte l’uomo dalle barberie delle credenze medievali; il poeta si accende di sdegno per chi rifiuta di guardare in faccia la verità e poi si lascia prendere da un sentimento di pietà per l’uomo condannato all’insofferenza. Giunge a formulare quel progetto solidaristico utopico: solo solidarizzando fra uomini e confederandosi contro il comune nemico, gli uomini potranno fondare una convivenza civile più umana e salda.
Innovazioni del Leopardi:
* costituisce un unicum nel panorama letterario ottocentesco per la sintesi di elementi classici e romantici: dall’abbandono della mitologia ad una concezione della poesia moderna come
* sentimentale e filosofica, al primato della lirica pura; tipico del romanticismo è la ribellione;
* rinnovamento profondo del linguaggio poetico: esperienza della lirica pura, immediata trascrizione di un dato sentimentale ed emotivo, poesia della memoria, linguaggio aspro;
* fondamento del suo pensiero è una visione pessimistica e materialistica dell’uomo, inevitabilmente destinato all’infelicità, alla distruzione e all’annichilimento, non giunge a concepire ( Foscolo) la possibilità di una gloria duratura del tempo in virtù della poesia o d’altro.
* la Ginestra rappresenta una via “progressiva” per fondare una migliore convivenza sociale.
Zibaldone:
* si sofferma a meditare sul fine della poesia e sulle scelte tematiche e lessicali più adeguate;
* compito della poesia è suscitare nel lettore quel piacere dell’immaginazione che nasce dal vago, dall’indefinito, dall’indeterminato e può essere conseguito con alcune scelte tematiche e espressive;
* scelte tematiche:
- qualunque oggetto o luogo che susciti rimembranza, perché ogni ricordo ha contorni indefiniti;
- immagini e situazioni che comunicano impressioni di vastità, lontananza, indeterminatezza;
* scelte linguistiche:
- deve suscitare sentimenti vaghi e indefiniti, far scaturire da una parole molte sensazioni;
- parole come” notte” confondono gli oggetti così l’animo ne concepisce un’immagine indistinta;
- parole che si discostano dall’uso, parole arcaiche comunicano lontananza indeterminatezza.
LA SCAPIGLIATURA.
• la scapigliatura non elabora una poetica profondamente originale e si presenta come un fenomeno interessante ma anche limitato, specie se confrontato con quanto elaborato negli altri Paesi: Boudelaire;
• la scapigliatura è una propaggine del romanticismo, esasperata dalle delusioni risorgimentali, dalle storie personali spesso tragiche, dei protagonisti,
• al movimento va riconosciuta la funzione di recupero di modelli stranieri poco frequentati dai precedenti romantici e di alcune voci dell’attualità più scandalosa (poeti maledetti) → l’orizzonte si allarga;
• il termine è utilizzato per la prima volta da Arrighi per designare una classe: personificazione della follia che sta fuori dai manicomi, serbatoio del disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e opposizione;
• alle radici del movimento stanno:
- delusione per gli esiti del risorgimento;
- contraddittorio rapporto con l’industrializzazione incipiente;
- volontà di opposizione ai modelli di vita e alle mentalità borghesi;
• in ambito filosofico: accettano una concezione del mondo irrazionalistica e spiritualistica sia pur mescolata a superficiali suggestioni positivistiche;
• sul piano letterario si caratterizza per il rifiuto dei modelli letterari romantici e tardoromantici nostrani;
• la loro attività si concretizza in:
- affermazioni programmatiche;
- temi e moduli letterari esasperati, eccentrici.
GIOVANNI VERGA
* Opera fondamentale = “I Malavoglia”;
* Realtà del Meridione, società arcaico-agraria;
* Punto di vista della gente → non emerge un protagonista singolo ⇒ PUNTO DI VISTA DELLA GENTE;
* Evita il giudizio personale;
* LINGUA = nazionale arricchita di termini di origine dialettale, modi di dire, proverbi;
* RITMO = veloce → sintassi modellata sulla lingua parlata;
* IDEALE DELL’OSTRICA → l’ostrica (i Malavoglia) quando esce dal guscio (il paese) muore → inesorabilità del destino;
Autore fondamentale del VERISMO:
• rifiuto del Romanticismo a causa della sua impostazione sentimentale e della sua negazione della realtà oggettiva
• metodo dell’impersonalità → esclude interventi specifici del narratore nell’intreccio
• rifiuto del bello e ricerca del vero
• rivolto al concreto, realtà quotidiana nella sua essenza più nuda e dolorosa, canoni del darwinismo- positivismo e del realismo- naturalismo
• Tempo = quello della natura (stagioni, etc)
• Spazio = quello del paese
Tecniche:
• straniamento = soffoca il punto di vista singolo per dar voce alla collettività
• regressione = il narratore rinuncia ai propri metri di giudizio per adottare la prospettiva elementare del mondo rappresentato
EMILE ZOLA
Esponente + importante del naturalismo
Naturalismo N verismo → hanno avuto scambi interculturali, ma differiscono nel tempo
Uso del ROMANZO = nuova forma di indagine della società → non si parla di storia passata ma contemporanea
Parla del popolo, dei ceti bassi => è DIRETTO sempre AL POPOLO
Impegno metodologico → si impone i compiti della scienza => importanza dell’impegno sociale
Grande speranza e fiducia \nel metodo scientifico => scienza = soluzione a tutti i problemi
Determinismo
Meccanicismo
IL FUTURISMO.
* inizia con il manifesto di Marinetti del 1909 e ha una poetica ufficiale (no il crepuscolarismo);
* fenomeno globale che interessa svariati campi artistici ed extra-artistici (politica, costume, cinema, musica)
* approda ad una polemica “antipassatistica”, esaltano la civiltà delle macchine, inebriandosi delle sue realizzazioni e innovazioni: macchina, velocità, dinamismo, fervore della vita cittadina;
* il ribellismo e anticonformismo futurista intende colpire il decadente, retrospettivo e rinunciatario della loro epoca e abolire la psicologia;
* parte consistente della mitologia futurista confluisce nella mitologia del fascismo: esaltazione della guerra, sola igiene del mondo;
* ammette che l’arte del passato va distrutta, bandita → i primi a farne le spese sono: Poe, Baudelaire, Mallarmè, Verlaine, Pascoli, D’Annunzio;
* tematiche: vitalismo, dinamismo, macchinismo, modernismo sfrenato, accettazione dell’industrialismo;
* prevede: distruzione della sintassi, sostantivi a caso, privilegiare verbi e sostantivi, abolire aggettivi e avverbi, uso dei verbi all’infinito, sopprimere le similitudini, privilegiare l’analogia che condensa campi semantici lontani, introdurre l’onomatopea, segni matematici, il rumore, il peso e l’odore, abolire la punteggiature, la psicologia e la metrica classica, adottare il verso libero → parole in libertà;
* la mimesi del mondo contemporaneo proiettato dinamicamente verso il futuro giustifica le scelte formali e il rifiuto di tutte le forme chiuse, armoniche e regolari che apparivano statiche e “passatiste”;
* si distingue fra → futurismo prevalentemente tematico: affida il proprio sms alla rappresentazione abbastanza tradizionale di oggetti topici come l’auto (primo Marinetti)
→ futurismo formalizzato: applica appieno i dettami delle parole in libertà (Marinetti);
* si distingue tra → futurismi estremi: Marinetti e Covoni;
→ futurismi moderati: puntano su temi anche solo genericamente moderni e vitalistici, contaminando motivi d’annunziani e d’altra provenienza, Govoni, Palazzeschi;
* è un fenomeno di elaborazione formale e sperimentalismo linguistico e stilistico;
* teatro: importante no per le concrete realizzazioni ma per le indicazioni di nuove possibili strade da percorrere:
- gli autori devono preoccuparsi di un’assoluta originalità novatrice;
- rifiuto della tematica del teatro borghese, basato sulla vicenda d’amore e adulterio;
- teorizzazione di un teatro di varietà nel quale vengono utilizzati diversi tipi di spettacolo
I CREPUSCOLARI.
* non esiste una scuola ma esperienza diverse convergenti per comunanza di modelli, atteggiamenti e stile;
* hanno influenza esperienza nostrane come il languido, nostalgico ripiegamento ad idoleggiare i buoni sentimenti caratteristico del D’annunzio, e certe regressioni infantili tipiche del Pascoli;
* polemici nei confronti del poeta-vate e della poesia eloquente della linea Crucci- D’Annunzio;
* caratteri legati a motivi intimismo languido, malinconico, lacrimevole, che giunge all’autocommiserazione, a un morboso compiacimento della condizione di malattia, a un’intensa voluttà di dolore e di pianto;
* tinte e toni smorzati, malinconici, crepuscolari, propensione antieloquente, discorsiva e prosastica, musicalità languida e monotona, lessico quotidiano o appena arcaizzante;
* i luoghi e gli oggetti trascendono il significato puramente descrittivo e realistico per assumere il simbolismo;
* troviamo poeti stabili (Corazzini, Gozzano, Moretti) e poeti episodici (Palazzeschi e Govoni);
* Corazzini:
- la sua breve ed infelice esistenza appare conforme ai temi crepuscolari e ai toni dolenti e languidi della sua lirica;
- apertura alle novità formali: verso libero;
* Gozzano:
- nella sua lirica sono presenti temi del più tipico simbolismo crepuscolare (dagli amori languidi e infelici alla malattia inguaribile);
- presenza di una forte componente ironica ed autoironica, che mette in discussione il modello alto della tradizione dell’estetismo dannunziano;
- mette in scena semplici e genuini personaggi, che egli al tempo stesso mostra di ammirare per la loro genuinità e sente distanti da sé e insoddisfacenti per la loro mediocrità piccolo-borghese;
- sono ben rappresentativi gli alter ego del poeta (Totò Merùmeri): ironico rovesciamento del superuomo dannunziano, ma al tempo stesso perfetto esteta in tono minore;
- piano formale: processo di contaminazione di un lessico e di toni e stilemi alti dannunziani e di lessico , toni e stilemi bassi, quotidiani e prosastici.
GABRIELE D’ANNUNZIO.
Arte e vita.
• visse una vita ricca e varia: innumerevoli esperienze mondane e galanti, frequentando ambienti diversi;
• influenza in campo letterario, politico, costume e società italiana: detenne una vera e propria egemonia come modello di comportamento e gusti;
• grande capacità di vivere la sua vita come letteratura, opera d’arte e trasferire nell’opera d’arte la dimensione del vissuto;
• realizza nel modo più ampio e più vario quell’estetismo, che è una atteggiamento di fondo del decadentismo;
• trasmise a larghi strati della società il gusto e il senso di una “vita inimitabile” ardimentosa, disponibile perché non retta da altri valori che il culto della bellezza e l’affermazione dell’io;
• vita vissuta all’insegna dell’estetismo:
- 1881 – 1891: A Roma pubblica una raccolta di versi e vari bozzetti e partecipa alla rivista “Cronaca Bizantina”: ricca di pettegolezzi e indiscrezioni, spunti polemici, indovinelli a premio e cronache mondane: avvia una vita di brillante mondanità, sfrenato erotismo, lussi e debiti;
- compone “Il peccato di maggio” e innesca uno scandalo fra i giornali;
- compone “Il Piacere”, “Giovanni Episcopo” e “L’innocente”;
- scopre Nietzsche ricavandone suggestioni e nuovi orientamenti per il suo estetismo;
- intensa creatività di produzione teatrale;
- per sfuggire ai creditore fugge in Francia e ritorna in Italia per le “radiose giornate”: si tuffa nella politica su posizioni interventiste e partecipa alla guerra; il suo discorso non ha nessuna struttura argomentativi e si risolve nell’incessante fluire di letterarie rievocazioni del passato, di metafore e artifici;
- venne rinchiuso da Mussolini nel “ Vittoriale degli Italiani” , dove visse la quotidianità di 17 anni mirando sempre a collocarla nella dimensione della bellezza con rituali, decorazioni, lapidi, suppellettili, maniacale collezionismo di oggetti e ricordi della sua privata che insinuano più di un dubbio sul suo gusto, al di fuori dell’ambiente letterario;
• 1938: muore di emorragia cerebrale il 1° marzo.
Tappe di un itinerario.
• Nella prima produzione si rifà a 2 esempi dell’800: Carducci e Verga, ma presto si distacca da questi:
- Verga: ai temi apparentemente affini (vita paesana) si accosta non spinto dalla pietà umana o comprensione storica ma proteso alla ricerca della sensazione acre e violenta, affascinato dal violento;
- D’Annunzio: scrive con un atteggiamento di oggettiva freddezza e scrupolo documentario che potrebbe legittimare il riferimento con Zola e alle poetiche naturalistiche
- Disposizione di acceso sensualismo, bramosa celebrazione del godimento, sensibilità disponibile ad ogni sollecitazione della natura;
• “Il Piacere”:
- con esso viene introdotto l’eroe decadente come Dorian Gray: raffinato e gelido, cultore solo di quel bello che, attraverso l’artificio, sia riscattato dalla piatta dimensione naturale, aristocratico spregiatore;
- il sensualismo diventa lussuria, la disponibilità alle sollecitazioni sensoriali della natura diventa ricerca dell’artificio;
• Nuova fase con il “Poema paradisiaco”:
- è la stanchezza che segue alla realizzazione del piacere, il ripiegamento, la sazietà della carne che genera malinconici vagheggiamenti di bontà, di ritorno ad una vita pura, di sereni colloqui con la madre nella casa lontana;
- elabora una poesia colma di un languore voluttuosamente goduto e celebra con artificiosità ineffabili stati d’animo di convalescenza spirituale e di estenuazione preziosamente effusi in raffinati paesaggi;
• Lettura di Nietzsche: ne ricava non senza approssimazioni e fraintendimenti un certo tipo di indicazioni politiche e la morale del superuomo;
• Mito umano dell’esteta decadente si integra sul piano politico:
- Andrea Sperelli disprezza il suo tempo in base a motivazioni puramente estetiche;
- Claudio Cantelmo parte anche lui dal culto della bellezza ma per arrivare a conclusioni nuove: la difesa della bellezza va fatta contro il sistema parlamentare, è necessario pertanto che si formi un’oligarchia nuova per domare le moltitudini a suo profitto: ideologia antidemocratica;
• Atteggiamento che D’Annunzio innestava su un fondo di estetismo decadente contrassegnerà molta parte della sua produzione posteriore e la sua vita pubblica: inizia ora la sua carriera di superuomo-tribuno, diventando deputato per la destra, partecipando alla prima guerra mondiale.
• Nel “Alcyone” manca la dimensione superomistica in senso proprio che caratterizza tutti gli altri libri e la dimensione tribunizia, da poeta-vate che rievoca le glorie passate e celebra le gesta eroiche del presente: il poeta si immerge mirando a realizzare una fusione panica;
- D’Annunzio ha superato la carica di ritualistico sensualismo tipica della sua prima produzione e quella disposizione di languido e manierato abbandono che caratterizzava il “Poema Paradisiaco”
- ogni dato sensoriale si alleggerisce e trascolora, il paesaggio diventa stato d’animo, lo spettacolo della sera suggestivo volto femminile;
- segna un momento di tregua, un venir meno della tensione;
• Fase notturna: uso costante di brevi periodi, assenza di un vero e proprio disegno narrativo, prevalere di una prosa lirica e impressionistica e il tema di fondo è un senso cupo del finire delle cose;
- prose di confessione e ricordo, caratterizzate da una disposizione di interiore ripiegamento che sovente approda alla cupa malinconia di un fallimentare bilancio dell’esistenza
L’itinerario in breve:
• Periodo romano (1881-1891): pubblica Canto novo e Il Piacere;
• Periodo napoletano (1891-1894): pubblica L’Innocente, Poema Paradisiaco, Trionfo della morte e collabora con “Il Corriere di Napoli”;
• Periodo fiorentino (1898-1910): compone alcune opere teatrali e pubblica tre libri delle Laudi;
• Periodo francese (1910-1915): partecipa alla propaganda interventista e scrive il Notturno;
La sua poetica:
• Canto novo;
• Poema paradisiaco;
• Il Piacere;
• L’Innocente;
• Trionfo della morte (romanzo); La figlia di Jorio (tragedia);
• Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi; Le faville del maglio;
• Notturno (raccolta di meditazioni e ricordi in forma di prosa lirica)
In conclusione…
• Grandissima varietà degli atteggiamenti, delle opere, dei moduli artistici;
• La sua parola è priva di interiorità e non suscita nel lettore le risonanze proprie della vera parola poetica, la sua consumata perizia lascia il sospetto che tutto per lui si risolva in una perenne sperimentazione sensoriale e letteraria;
• Capacità di assimilare spunti e suggestioni dai contemporanei autori stranieri;
• Tendenza a servirsi della poesia come strumento per inventariare il reale con una disposizione enumerativa, con un susseguirsi di versi che suonano e non creano, con un abbandono a virtuosistici compiacimenti descrittivi;
• A D’Annunzio risale il primo esperimento su larga scala di metrica libera, di rottura di schemi strofici, riplasmati in sempre nuovi aggregati in cui il verso può finire per coincidere con una parola singola, dilatata nel suo potere evocativo.

GIOVANNI PASCOLI.
Esperienze biografiche:
• nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna;
• a 12 anni vive il luttuoso evento che peserà in maniera determinante sulla sua formazione umana e sulle condizioni di vita della famiglia: il 10 agosto viene ucciso il padre;
• alle difficoltà economiche si aggiungono altri lutti;
• partecipa a delle manifestazioni, viene arrestato e trascorre alcuni mesi in carcere: un’esperienza che si conclude con l’assoluzione ma che lo orienta verso una dolorosa rassegnazione e una morbosa chiusura nel cerchio degli affetti familiari;
• laureatosi, alterna la sua attività di docente a quella di poeta;
• comincia a costituire il suo “nido” familiare con le sorelle Ida e Mariù, che si dedicano interamente a lui;
• la sua vita è sconvolta dal matrimonio della sorella Ida, da lui vissuto come tradimento e violazione del “nido”: lui e Mariù vivono la loro vita di intensi e ambigui affetti.
Capisaldi ideologici.
• con Myricae (1891) avvia un programma di disintegrazione delle forme poetiche tradizionali;
• nell’ambito della produzione poetica Pascoli è da considerare di importanza fondamentale: è da considerare uno spartiacque che segna l’inizio del ‘900;
• i suoi rapporti col decadentismo sono meno vistosi di quelli di D’Annunzio ma più profondi;
• la sua influenza sulla posteriore poesia italiana sul piano del linguaggio sarà determinante;
• le novità di Pascoli derivano la loro importanza dal fatto che sono coerenti con una sensibilità e una visione della vita nuova, attuano cioè quella congruenza tra linguaggio e ideologia;
• la sua vita fu dominata da un particolare, morboso legame con la famiglia d’origine, sentita come nucleo di memorie e di sangue, come rifugio sicuro nel quale arroccarsi e dal quale è impossibile uscire;
• ossessionante ricorso all’immagine del “nido”e il ricorrere al motivo dei morti, delle dolorose esperienze familiari → deriva una visione della vita tutta raccolta nell’ambito primordiale e istintivo dei rapporti di sangue ai quali è affidato ogni legame, con la negazione di tutti i modi di contatto e di rapporto;
• l’idoleggiare del nido impedisce a Pascoli di crescere, maturare umanamente rompendo il cordone ombelicale con la famiglia d’origine e lo blocca di fronte ogni esperienza amorosa, di fronte alla donna e all’eros, in una situazione adolescenziale fatta di turbamenti e paure→ a livello poetico ciò viene trascritto in immagini di violenza e sangue;
• l’ideologia del nido si accompagna a un’angosciosa perplessità e sgomento di fronte alla realtà nella quale gli toccava vivere, a una vera e propria fuga dalla storia: molte pagine colme di angoscioso smarrimento, di panico per i tempi che si annunziano, per il disastro che sta per cogliere l’uomo, per il futuro → la scienza che, che è alla base di questo, non ha prodotto né felicità né liberazione dell’uomo;
• posizione pascoliana è in linea con quella del tempo, in quella progressiva crisi delle certezze positivistiche: il rifiuto della civiltà contemporanea era un dominatore comune degli esponenti più rappresentativi del decadentismo, ma mentre questi lo concretizzavano o nel vagheggiamento estetico di un mondo di pura bellezza e nella ricerca di un elitario edonismo(Huysmans, Wilde, D’Annunzio) o in una sperimentazione del nuovo sia sul piano biografico che su quello espressivo (Rimbaud), Pascoli lo concretizza o in un ripiegamento intimistico e vittimistico compiacimento o in nel malinconico idoleggiamento della campagna e delle cose umili.
La sua poetica:
• Myricae è la prima raccolta lirica ispirate alla vita di campagna:
- Pascoli voleva sottolineare la modestia e la quotidianità dei temi di queste liriche, che colgono la vita agreste nell’avvicendarsi delle stagioni e nel succedersi delle ore e pullulano di particolari e di aspetti quotidiani e dimessi;
- questa modestia e quotidianità di temi si accompagna con un atteggiamento linguistico caro al verismo, consistente nel frequente ricorso al termine preciso, tecnico e gergale → verismo solo apparente: ad una prima impressione sembrerebbe un susseguirsi di “quadretti di genere” ma con una lettura più meditata, tale impressione tende a scomparire;
- questo mondo rappresenta lo scenario sul quale proiettare inquietudini, smarrimenti, un senso di vivere fatto di ansiose perplessità;
- simbolismo nasce dalla carica attribuita all’oggetto, attraverso la quale torna a vivere il soggetto;
• Canti di Castevecchio;
• I Poemetti: Il Fanciullino: testo di poetica nel quale è espressa una concezione della poesia come operazione estranea al logos, alla razionalità, come perenne capacità di stupore tutta infantile, come disposizione irrazionale, che permane dentro di noi → prevalgono nessi di coordinazione su quelli di subordinazione, il ricorso alla paratassi e all’accostamento per asindeto;
• Poemi conviviali; Odi e Inni; Carmina;
Una poesia nuova:
• Nella sua produzione non c’è uno “svolgimento” o “sviluppo”;
• Egli gioca su diversi tavoli o più specificatamente sperimenta modalità poetiche differenti;
• Novità strutturale che riguarda l’impianto del componimento:
- Myricae: costituite da brevi componimenti, volti a fissare un aspetto del reale → dimensione statico- descrittiva;
- Poemetti e Canti di Castelvecchio: prevale un intento narrativo che comporta un’ampiezza maggiore del componimento → dimensione dinamico- narrativa;
• Novità nell’infrangere quell’ordine logico, quella coerenza tra un prima e un poi, quella nettezza di disegno e di definizione, tanto care a Carducci → PASCOLI = POETA ANTICLASSICO per eccellenza;
• È un tipo di narrare per allusioni, riprese, analogie verbali, catene di ripetizioni in trama: il nucleo del discorso non è mai esplicito interamente, ma la parola vi gira attorno, senza mai affrontarlo e chiarirlo appieno, lasciando un margine più o meno vasto d’ombra;
• Novità linguistica: viola le norme tradizionali della comunicazione fondata sull’adozione di una lingua codificata e chiara a tutti nelle sue valenze semantiche → oltre al linguaggio grammaticale ricorre ad un “linguaggio pre-grammaticale” (=costituito da onomatopee, il cui valore non è semantico ma fonosimbolico: sarà frequente nelle sperimentazioni del futurismo, dadaismo e surrealismo), ad un linguaggio “post-grammaticale” (=costituito da termini tecnici, gergali);
• Novità metrica: realizza un’operazione innovativa, che consiste nella dissoluzione dal di dentro nella loro compatezza armonica tradizionale del singolo verso o la struttura strofica, al posto della quale subentrano una versificazione e musicalità frantumate dalle censure, dilatate dagli enjambements, affidate a risonanze, utilizzate per il loro valore fonosimbolico, evocativo;
- in gran parte della produzione usa i metri della tradizione tenendo conto del contemporaneo Carducci;
- nella produzione più tarda si spinge ad un’oltranzistica sperimentazione e si impegna riprodurre le complicate strutture della lirica corale greca o a rifare con preziosismo antiquario moduli dell’antica poesia francese;
Continuità e varietà:
• i capisaldi dell’ideologia del Pascoli non subiscono variazioni:
- una dolente perplessità di fronte alla vita e al mondo dominato dalla violenza e dal male;
- un acuta coscienza del mistero;
- il vagheggiamento di un umbratile raccoglimento;
- il mito e il culto del nido con la conseguente fuga dalla storia che approda all’idoleggiamento della campagna e all’affettuosa ricognizione degli aspetti dell’umile realtà quotidiana;
• nei “Poemi Conviviali” questi temi sono proiettati nel mondo classico: Pascoli sceglie tematiche più alte e quindi eleva il tono e realizza risultati di parnassiana ricercatezza e linguaggio antiquario;
• nei “Carmina” questi temi sono proiettati nel mondo classico-romano, che è visto in controluce nei suoi aspetti di giornaliera, dimessa umanità; il latino utilizzato è linguisticamente costituito da un sapiente gioca di incastri e collages dai più disparati testi classici e sintatticamente caratterizzato da un andamento diseguale, frantumato;
• lo sviluppo dell’ideologia del nido:
- in un primo tempo il nido è concepito in dimensione familiare, come legame di memorie e sangue, come difesa contro il male del mondo, e all’immagine del nido è collegata quella della “siepe” come difesa del podere, della piccola proprietà contadina;
- in seguito il nido è concepito in dimensione non più familiare ma nazionale: egli si fa esaltatore del nido di tutti gli italiani “della nazione povera” i cui componenti, superata la lotta di classe, devono adoperarsi nella comune lotta contro le nazioni ricche → Pascoli approda al nazionalismo (La grande proletaria si è mossa).
L’ESPRESSIONISMO E “LA VOCE”.
L’espressionismo.
• Non è un movimento italiano ma si origina in Germania: fenomeno complesso e contraddittorio, i cui estremi sono “un’aspra rivolta nel grottesco e nel crudele” e l’aspirazione a una rigenerazione futura dell’umanità;
• Manifestazione polivalente e pluridisciplinare, che ha la sua genesi nel clima inquieto e aperto alla sperimentazione degli anni anteguerra, ma raggiunge il suo apice negli anni dopo la I guerra
• Caratteristiche: nuove forma, tematiche, e nuovo linguaggio (crudo, polemico, scandaloso);
• Sul piano ideologico-culturale è una violenta e radicale reazione all’ottimismo positivistico borghese e ai disastri e agli orrori della guerra;
• Si caratterizza per una visione cupa, pessimistica del mondo → è una poetica della vita tramontata, violentata, della disperazione, della morte e dell’assurdo;
• È una letteratura dell’urlo, della deformazione grottesca del reale naturalisticamente concepito;
• Punto di vista stilistico e tecnico: si fece sentire l’influsso futuristico come semplificazione e scarnificazione linguistica, nel senso di un radicale rifiuto della retorica e del linguaggio poetico ed espressivo della tradizione e di una radicale e violenta rivoluzione stilistica;
• Punto di vista formale: linguaggio violentemente espressivo, che si fonda sulla violazione dei normali istituti linguistici.
La “Voce”.
• Rivista di maggior prestigio letterario, che presenta tre fasi di evoluzione:
1. 1908 - 1911: rivista a carattere politico-ideologico: si pongono come una voce razionale nel caos del tempo;
2. 1911 – 1913: non interessante;
3. 1914 – 1916: non più a carattere ideologico ma letterario: autori e tematiche d’interesse:
- poesia: Ungaretti → poetica del frammento;
- prosa: molto curata, attenzione alla forma e grande labor-limae;
• Rinnovamento del linguaggio → Ungaretti è l’esempio più clamoroso: linguaggio asciutto, arido, incisivo, fortemente icastico, che mira a lasciare uno stato d’animo (anche in Gadda)
• Agì in direzione di un’intensificazione e concentrazione del lirismo e di un abbattimento dei confini tra poesia e prosa;
• Orientamento verso una concezione della letteratura moralmente impegnata e di carattere prevalentemente autobiografico.
• Autori più noti: Rebora, Campana e Sbarbaro (Prezzolini).
CLEMENTE REBORA:
* Motivo dominante è un insopprimibile bisogno di purezza, elevazione, idealità, senso, tensione a Dio;
* Motivo questo osteggiato da un grumo di debolezze, colpe e contraddizioni che incatenano l’individuo e l’io del poeta;
* Poesia concepita come manifestazione di un impegno esistenziale;
* linguaggio espressionista pienamente realizzato: allusioni e citazioni dantesche, uso di arcaismi e termini rari, fitta trama di assonanze con rime, sinestesie e uso analogico dei participi.
CAMILLO SBARBARO:
* linguaggio prosastico, disadorno, scabro, antimelodico e antieloquente →process
* sliricizzazione consapevolezza di 1 condizione del nulla (Leopardi – Sbarbaro – Montale) → senso del vuoto;
DINO CAMPANA
* l’ansia di liberazione e realizzazione esistenziale si esplica nella rappresentazione del viaggio e del vagabondaggio ritrovati nella memoria personale o sognati → evasione dal mondo reale alla ricerca di incontaminati e felici mondi immaginari, luoghi mitici o memoriali, simbolo di realizzazione personale;
* poesia trasgressiva, suggestiva, evocativa con tematiche notturne, oniriche, surreali e visionarie;
* la poesia aspira a riacquistare il suo antico potere magico-incantatorio, quasi divino;
* la sua poesia trae un diretto influsso da precisi e consistenti modelli letterari (Baudelaire, Verlaine, Rimbaud);
ITALO SVEVO.
La vita come binomio di affari e cultura:
• Ettore Schmitz, in arte Italo Svevo, nasce a Trieste nel 1861 da una famiglia di commercianti ebrei;
• Formazione in una scuola tedesca e all’Istituto Superiore Commerciale;
• Si impiega presso la Banca Union a malavoglia;
• Sposa la cugina Livia Veneziani e passa a dirigere la ditta di vernici del suocero: l’esperienza diretta del mondo impiegatizio picolo-borghese e di quello medio-alto-borgese filtra nell’opera letteraria di Svevo, che assume quindi una notevole componente autobiografica;
• Accanto agli affari si dedica costantemente alla letteratura:
- nel periodo di lavoro nella banca, inizia a collaborare al quotidiano irredentista “L’Indipendente” e con il quotidiano “Il piccolo di Trieste” scrive commedie e racconti: nel 1893 esce il primo romanzo Una Vita, che è un fiasco; nel 1898 pubblica Senilità, che ha un esito fallimentare;
- diventato dirigente industriale desiste pubblicamente per 20 anni all’attività letteraria non cessando però di scrivere; si dedica al violino come passatempo: nel 1923 pubblica La coscienza di Zeno, che gli dà la tanto attesa notorietà;
• Tra i primi ad accorgersi della sua fama furono: Debenedetti, Montale e Joyce;
• La sua opera risulta composta entro la Grande Guerra, ma essa entra attivamente nel sistema letterario con la metà degli anni venti: nel periodo in cui Svevo tace si impone la razione al dannunzianesimo, nella forma delle avanguardie, ma soprattutto in quella del crepuscolarismo e del vocianesimo;
• Rapporto tra letteratura ed affari non è semplice: l’assunzione di uno pseudonimo rappresenta un’intima scissione che vede l’impiegato e uomo d’affari Ettore Schmitz divergere nettamente dal letterato Svevo;
• Per Lavagetto il proposito di smettere di scrivere appare simile a quello di Svevo medesimo e il suo personaggio Zeno formulano a proposito del fumo: in particolare il tenere un diario, allo scopo dichiarato di conoscersi meglio per poteri definitivamente liberare dal vizio della letteratura, gli pare un surrogato della letteratura;
• 1928: muore in seguito ad un’incidente d’auto;
I primi romanzi, i racconti e le commedie:
• Svevo si risolve nei suoi romanzi, Debenedetti dice che in lui è innato il gusto del romanzo: un’assidua e penosa passione di scrutare l’uomo, nel suo interno e nel suo esterno;
• Narratore di racconti: sviluppa temi affini a quelli dei romanzi (amore, vita impiegatizia, affari, letterato di scarso successo, vita triestina, sogni, vita interiore, malattia, inettitudine, senilità) si ricordano: “La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e altri scritti”, “Vino generoso”, “Una burla riuscita”, ”Il Vecchione”;
• Commediografo: fu il genere prediletto da Svevo e ad essa si dedicò tutta la vita, dopo l’influssa del teatro naturalistico, agiscono su Svevo i modelli di Ibsen e di Pirandello, con cui mostra affinità tematiche e alcune caratteristiche strutturali; si ricordano: “Con la penna d’oro”, “La rigenerazione”, “Un marito”, “Inferiorità”;
• “Una Vita” (1892): mostra di aver intuito i motivi di fondo che caratterizzeranno tutta la sua successiva produzione e di essere precocemente orientato verso problematiche già “novecentesche”:
- risente del romanzo naturalistico e veristico che è ancora pienamente in auge: in particolare si possono definire naturalistici la struttura narrativa e il ruolo assegnato all’ambiente;
- racconta la vita di Alfonso Nitti, un modesto impiegato che cerca di uscire dalla mediocrità grazie alla pratica della letteratura e soprattutto al fortunato corteggiamento della figlia del principale: dopo averla sedotta non sa approfittare dell’occasione e tradurre il successo momentaneo in matrimonio vantaggioso e quindi riprecipita nella mediocrità;
- dato fondamentale è l’inettitudine di Alfonso: prima schiacciato dagli ingranaggi di una società ingiusta o spietata, poi si schiaccia da solo, è vittima di se stesso e delle sue tortuosità psicologiche ;
- la società e l’ambiente per lunghi tratti rimangono sullo sfondo per mettere in primo piano l’analisi interna di Alfonso: di lui si mette in evidenza le contraddizioni, i repentini cambiamenti di proposito e di stati d’animo, la frattura fra comportamenti esterni e sentimenti;
- ciò che fa di Alfonso un inetto (proiettato verso il ‘900) e non un vinto (di matrice naturalistica) è questa dissociazione profonda, acutamente intuita da Svevo e indagata con discreta ampiezza di strumenti analitici;
• “Senilità” (1898):riprende e approfondisce il motivo dell’inettitudine:
- si stacca dai moduli del romanzo naturalistico (senza però abbandonare la struttura del racconto a narratore esterno “impersonale”);
- l’analisi psicologica è approfondita e resa assolutamente prioritaria rispetto al meccanismo dell’intreccio e al rapporto individuo/ambiente;
- Emilio Brentani è un letterato mediocre che non ha raggiunto il successo cerca in un’avventura amorosa con Angiolina, di cui conosce la dubbia reputazione e i facili costumi, una sorta di riscatto alla mediocrità della propria esistenza → il suo modello è il Balli, pittore mediocre non gratificato dal successo, ma fortunato e spregiudicato dal successo;
- il Balli possiede la capacità di tuffarsi nel flusso della vita senza tentennamenti e ripensamenti (sinonimo di forza e saldezza), mentre Emilio presenta una tortuosità più intricata di quella di Alfonso;
- lo stato di Emilio è un perenne ondeggiare tra opposti sentimenti, propositi, azioni, tra illusione e disillusione, tra calcolo e ingenuità → condizione di lacerazione interiore, che Svevo indaga con grande analiticità e acume e sintetizza nell’immagine di due individui che vivono nell’intimo di Emilio;
- significativa è l’analisi degli autoinganni della coscienza di Emilio, allo scopo di mantenersi in un precario equilibrio tra opposti inconciliabili tra loro: da un lato il tenace attaccamento alla propria tranquilla inettitudine, dall’altro il pericoloso insorgere della passione, che non voleva suscitare e che una volta scatenata non sa controllare;
- Emilio vorrebbe una pienezza sentimentale e vitale ma sentendosi oscuramente inetto a viverla istintivamente se ne difende, cercandone un surrogato (l’avventura) e mettendo in atto tutta una serie di autoinganni, autocensure e esorcismi, che costituiscono l’aspetto caratterizzante della sua indole;
- con Alfonso e Emilio si può dire avviato quel processo di dissoluzione del personaggio unitario ottocentesco → avvento di una nuove cultura novecentesca piena di lacerazioni e contraddizioni ma con grande capacità analitica e spregiudicata indagine dei meccanismi profondi dell’animo umano;
La coscienza di Zeno.
• Pubblicato nel 1923 e l’indagine del profondo dell’animo trova una ratifica;
• Non più dipendenza dai modelli narrativi naturalistici: adozione della tecnica del narratore interno, che narra in prima persona la propria storia→ il narratore- protagonista è Zeno Cosini;
• Zeno ormai vecchio scrive le proprie memorie perché indotto dallo psicanalista presso cui è in cura, che a sua volta le pubblica per vendicarsi del fatto che Zeno a un certo punto ha interrotto la cura;
• Zeno scrive procedendo per grandi temi (fumo, morte del padre…) che ripercorrono verticalmente la sua vita → ciò consente una continua dialettica di punti di vista, ovvero i tanti Zeno che si succedono nel testo come personaggi e che noi vediamo agire tramite le parole dell’io narrante;
• Questa scelta narrativa, che taglia i ponti con la struttura lineare del romanzo tradizionale, mette in scena quella dissoluzione del personaggio unitario ottocentesco (Zeno si frantuma in una serie di identità);
• Al contempo si mette in scena la dissoluzione del tempo lineare e della causalità e consequenzialità logica degli eventi;
• La dialettica degli opposti stati d’animo e la dissociazione tra comportamenti e intenzioni e sentimenti si complica quasi indistricabilmente: Zeno giovane è un personaggio contraddittorio e mutevole, che mette in atto tutti i possibili autoinganni della coscienza, ma noi lo vediamo attraverso gli occhi dello Zeno vecchio che ricorda, deforma, sovrappone, commenta episodi, eventi, stati di coscienza;
• Zeno narratore è anche in evoluzione nei diversi tempi della scrittura: non è lineare, è malato, pur se ormai consapevole dell’ineluttabilità della condizione di malattia e quindi ironicamente distaccato da se stesso e dai problemi passati e presenti;
• Le cose sono complicate dall’ambiguità del rapporto tra Svevo e Zeno: molti materiali sono attinti dalla vita e dalle esperienza dello scrittore, anche se Zeno non è la controfigura di Svevo;
• Romanzo molto complesso e ambiguo ma affascinante;
• Augusta, la donna che sposa Zeno rappresenta la salute e la normalità borghese; Zeno invece è malato;
• Zeno è l’ultima incarnazione dell’inettitudine a vivere pienamente la vita senza ostacolarla e bloccarla tramite un’intricata serie di procedure di autoinganno e autocensur, di insicurezze;
• Qui l’inettitudine si dissocia dalla tragicità: la vita di Zeno è solo relativamente fallimentare perché priva di quei connotai di tragicità che caratterizzano i personaggi precedenti: a Zeno nonostante tutto le cose vanno bene, teme il fumo ma non ha problemi di salute, sposa Augusta per ripiego ma trova la felicità;
• La morale e la conclusione cui giunge l’autore è che la malattia di Zeno non è una condizione anormale eccezionale ma una condizione comune e inalienabile all’uomo, che solo una tragedia la può eliminare.
LUIGI PIRANDELLO.
Uomo d’ordine e inesorabile demistificazione.
• L’opera di Pirandello interessa 2 generi letterari: narrativa e il teatro;
• Opera definita “rivoluzionaria”: realizza un’azione di rinnovamento sul piano della tecniche letterarie e dei moduli espressivi (Il fu Mattia Pascal ha poco a che fare col romanzo ottocentesco) e sul piano ideologico con un’opera di continua, inesorabile demistificazione, attacca valori, convenzioni e istituzioni;
• Pirandello e Svevo vengono riconosciuti tardi, a metà degli anni ’20, quando gli interessi culturali italiani si aprono ai contatti con 1 letteratura europea che aveva espresso la crisi dei valori tradizionali;
• Nasce il 28/6/1867 a Agrigento: padre gestiva alcune zolfare e la madre era di famiglia di commercianti;
• Compie gli studi liceali, si laurea alla facoltà di lettere, si sposta a Roma, dove insegna stilistica italiana;
• 1934: gli viene conferito il premio Nobel → muore 2 anni dopo;
• produzione giovanile: testimonia la sua formazione patriottico-risorgimentale → le idealità liberali e risorgimentali si scontrano con la deludente realtà politica di fine ‘800 e lui partecipa a quella delusione post-risorgimentale, propria di altri autori (Carducci, Verga) ma la vive con una tensione e radicalità particolari;
• la moglie riporta una crisi nervosa destinata ad aggravarsi col tempo: si manifesta con un’ingiustificata, patologica gelosia → l’infermità di mente della mente della moglie pone dinnanzi a Pirandello problemi di vita sofferta che poi diventeranno materia di ispirazione artistica;
• nel 1924 chiede la tessera fascista: scelta, della quale non si riescono a capire le ragioni → forse è da collegare alle idealità patriottiche frustrate o alle posizioni antidemocratiche;
• Dimensione intellettuale “rivoluzionaria “ si accompagna con una vita regolata. “borghese”, da uomo d’ordine → contraddittoria coesistenza: è da interpretare come il tributo che Pirandello pagava alla propria convinzione della necessaria separazione tra vita e letteratura, alla propria refrattarietà ad accettare l’estetistica contaminazione tra arte e vita perseguita da D’Annunzio e da altri decadenti;
Principi di poetica e modalità di rappresentazione.
• Vasta produzione: varietà di vicende, situazioni, personaggi;
• I capisaldi sono:
➢ polemizza con l’estetica crociana, fondata sulla distinzione delle categorie dello spirito e dei vari momenti della conoscenza;
➢ valorizza il ruolo essenziale che nella creazione artistica gioca la riflessione;
➢ la componente riflessiva si pone dinnanzi al sentimento, lo analizza, ne scompone l’immagine: da questa scomposizione sorge il sentimento del contrario, da cui ne deriva la perplessità;
➢ il sentimento del contrario permette di cogliere attraverso la riflessione la complessità del reale, di scinderne ed isolarne le varie contraddittorie componenti, di percepire quale vita palpita e soffre dentro le strettoie delle forme, di andare ben oltre il fenomenico, al di là che in prima istanza cade sotto i nostri sensi;
➢ l’intervento della riflessione, mettendo in luce la molteplicità del reale e andando oltre l’apparenza fenomenica si risolve:
1. nel superamento, nella liquidazione di un principio essenziale del verismo: l’esistenza di una realtà oggettiva concepita come un autonomo dato di fatto da rappresentare;
2. nella negazione, tipica della cultura del decadentismo, del valore conoscitivo della ragione: introduce una visione non più statica ma dialettica del reale, rappresenta una realtà oppostamente interpretabile priva di una sua oggettiva consistenza;
- “L’esclusa”: primo romanzo, narra la storia di una donna che viene cacciata di casa dal marito perché ritenuta ingiustamente adultera e viene riammessa proprio quando l’adulterio lo ha commesso → storia sulla concezione non più univoca della realtà: ne deriva il contrasto tra apparenza e realtà, lo sfaccettarsi della condizione dell’uomo;
➢ l’esperienza della depersonalizzazione dei personaggi prandelliani consiste nella scoperta e nella consapevolezza del valore fittizio delle forme e delle impalcature che ci alienano da noi stessi, in una sorta di attonita coscienza dell’assurdo del vivere:
- “La carriola”: il protagonista di fronte alla targa sulla porta di casa, con il suo nome e cognome e altri titoli, ha un’illuminazione e vive questa situazione di “alienità”;
➢ mettere a nudo la convenzionalità dei valori accettati, dei ruoli assunti e subiti, dalle istituzioni che reggono la vita associata → opera pirandelliana è una continua e inesorabile demistificazione;
➢ due aspetti fondamentali, reciprocamente correlati, dell’arte pirandelliana: grottesco e pietà → la poetica dell’umorismo apre la via ad un ribaltamento di prospettive: l’accanimento grottesco volto a svelare i gusti prodotti dall’incongruenza delle convenzioni trascolora nella pietà, nella dolente comprensione per le grigie e dolenti esistenze stritolate da quei meccanismi, per la “pena di vivere così”;
➢ coesistenza di toni e atteggiamenti: dalla constatazione dell’assurdo di vivere Pirandello trae motivo di dolente fraternità con l’uomo, vittima di tale assurdo;
➢ la Sicilia è un costante riferimento: a differenza della tradizione veristica siciliana (Verga) che mira alla messa in luce dei meccanismi sociali, della fisionomia e della dinamica delle classi, Pirandello mirava ad altro: attraverso l’uomo della provincia siciliana, oppresso da una società angusta, costretto a muoversi entro una pania di pregiudizi arcaici, sofista per la necessità di aprirsi un varco attraverso la prigione dei tabù della collettività locale, insicuro e scettico per esperienza fallimentare di secoli, egli rappresentava la crisi dell’uomo moderno → sicilianità diventa paradigma della contemporaneità;
➢ gli atteggiamenti mentali, la concezione del mondo, la poetica di Pirandello trovano un’espressione artistica nella narrativa, soprattutto nei primi due decenni del secolo e dopo nel teatro;
➢ rapporto fra ideologia e modalità che regola nel complesso la produzione: la concezione che PIrandello ha della realtà , la perenne coscienza della polivalenza e della contraddittorietà degli avvenimenti comportano forme narrative diverse da quelle del romanzo ottocentesco, che si fondava sul presupposto di una realtà oggettiva e certa, sul rapporto di causalità;
➢ le posizioni pirandelliane, testimonianza e nel contempo coscienza di una crisi comportano una destrutturazione delle forme narrative tradizionali e la conseguente adozione di modalità atte a rendere sul piano artistico la perplessità dell’autore e la contraddittorietà, la molteplicità e l’indecifrabilità del reale;
➢ personaggio scisso, alienato, che non più capace di un fiducioso e operoso rapporto con la realtà, finisce col configurarsi come inetto, come incapace o impossibilitato a realizzare la propria identità: Mattia Pascal, Uno nessuno, centomila (approda al rifiuto integrale del suo stato sociale e dei suoi obblighi);
➢ modalità narrative: la prosa non spicca per armonioso equilibrio ma si segnalano dissonanze, modulazioni ellittiche ed imprevedibili, sottesa da una contaminazione di registri linguistici e da asprezze sintattiche, si ricorre al discorso indiretto libero per metter a nudo l’aggrovigliata interiorità dei personaggi, lo scardinamento della successione cronologica, la contaminazione dei generi letterari → prosa espressionistica;
➢ nelle novelle subentrano sempre più temi più specificamente pirandelliani: l’angosciosa inconoscibilità del reale, la folgorante coscienza della convenzionalità che opprime l’essere umano, il vagheggiamento nostalgico di un’evasione impossibile, l’impasto difficile tra grottesco e pietà;
➢ costante è sempre la “pena di vivere” dell’impossibilità di realizzare, nella realtà data, la pienezza della propria identità;
➢ guardando al complesso della sua produzione, sembra che a Pirandello interessi descrivere un punto di arrivo più che motivare come e perché si sia arrivati a questo dato di fatto.
Un teatro “altro”.
• Nella produzione teatrale ritornano i temi che abbiamo già incontrato nella produzione narrativa e che costituiscono la sua specificità: solitudine esistenziale e l’incomunicabilità derivanti dal relativismo gnoseologico, l’oppressione e la lacerazione dell’individuo provocata dalle convenzioni, dai valori costituiti, il reciproco integrarsi di grottesco e pietà nella rappresentazione della vita;
• Forma narrativa e forma teatrale si integrano a vicenda;
• Il teatro pirandelliano rispetto alla produzione del tempo si distingue:
- perché introduce una visione non più statica ma dialettica del reale, cioè una realtà oppostamente interpretabile e per questo priva di oggettiva consistenza;
- perché i suoi personaggi, impegnati nello scontro dei loro divergenti punti di vista sulla realtà hanno tutti di conseguenza un carattere raziocinante: la commedia assume l’aspetto di un dialogo filosofico e siamo così a quel “teatro di idee” di cui Ibsen era stato l’iniziatore.
EUGENIO MONTALE.
Un testimone del nostro tempo.
• Montale è uno degli intellettuali italiani del ‘900, elevati dalla critica e dal pubblico al ruolo dei classici del nostro tempo;
• Nato a Genova nel 1896, di agiata famiglia borghese, di carattere riservato, scontroso e appartato;ù
• Svolge degli studi irregolari con la passione per il canto;
• I paesaggi liguri sono elementi essenziali della sua prima stagione poetica che incomincia nel 1916, data della prima pubblicazione di Meriggiare pallido e assorto, il più remoto degli “Ossi di Seppia”;
• Partecipa come volontario alla I guerra mondiale: a differenza di altro scrittori-poeti (Ungaretti – Gadda) questa esperienza non lascia che deboli tracce nella sua opera;
• Ciò che lo spinge a scrivere è il trauma tutto esistenziale e intimo: un senso di profonda estraneità alla vita e al mondo sta all’origine della sua poesia;
• Al ritorno dal fronte, si reca a Genova, dove frequenta Sbarbaro e altri;
• Prende contatto con l’ambiente liberale torinese e collabora come critico letterario ad alcune riviste;
• Nel 1925 pubblica “Ossi di Seppia”;
• L’esperienza torinese vale anche come scuola di antifascismo: egli firma il “Manifesto degli intellettuali antifascisti” del Croce → a questa scelta di campo politico e di rigore morale non verrà mai meno;
• La sua prima poesia prevede il programmatico rifiuto di ogni eloquenza, di ogni fede o mitologia positiva e di ogni facile consolazione;
• A Genova non ha un’occupazione che gli consenta l’indipendenza dalla famiglia: va a Milano e poi Firenze, dove frequenta gli ambienti letterati e consce Gadda, Vittoriani e altri;
• Collabora alle riviste dell’ermetismo fiorentino, i cui giovani rappresentanti lo sentono e lo leggono come un maestro → il rapporto di Montale con l’ermetismo rimarrà sul piano poetico, tangenziale, anche se nelle “Occasioni” per certi temi e certa oscurità suggestiona non poco gli ermetici;
• Gli ermetici hanno una poetica della parola mentre Montale sostiene la poetica di cose e oggetti;
• Decisiva è la lettura di autori stranieri e in particolare Eliot;
• La II guerra mondiale incide su Montale molto più della prima: è una catastrofe che conferma e accentua il senso di disagio esistenziale, l’originale sfiducia nel reale e nella storia, da sempre costitutivi della sua lirica;
• Nel 1945 fonda il quindicinale “Il Mondo”;
• La sua lirica non può e non vuole ridursi a poesia politica: di fronte al fasciamo e al nazismo “ha optato come uomo” ma come poeta ha sentito che il combattimento avveniva su un altro fronte → il disagio espresso dalla sua poesia non è solo storico ma anche cosmico, investendo la condizione umana nella sua totalità;
• Nel dopoguerra il suo credo negativo lo porta a rifiutare la militanza nelle opposte chiese nera e rossa (comunismo e cattolicesimo) che dividono l’Italia;
• Il mondo della guerra fredda, minacciato da un conflitto atomico, la società europea avviata verso un insensato sviluppo tecnologico e consumistico ripropongono in lui ancor più vivo e acre il senso di un rapporto disarmonico con la realtà;
• Nel 1956 pubblica “La Bufera e altro”;
• Montale tace come poeta: dal 1948 trasferitosi a Milano, vive facendo il giornalista come osservatore culturale per il “Corriere della Sera” e poi come critico musicale;
• Negli anni ’60 quando riprende ascrivere testi, la sua poesia appare profondamente mutata nelle forme e nei toni (ironici, satirici, sarcastici nei confronti dell’insensatezza generale) e sorprende tutti → si mostra assai prolifico, in ragione di una poesia spesso epigrammatica;
• Nuovo Montale non viene meno alla propria profonda natura: in forma nuova tocca i temi di sempre;
• La morte della moglie lo rimette tragicamente di fronte a una situazione tante volte oggetto di poesia;
• Dagli anni ’50 giungono al poeta importanti riconoscimenti e nel 1975 riceve il premio Nobel;
• Nel 1981 muore pur sempre appartato e scontroso.
Ossi di Seppia.
• Sono un’opera che, nonostante non sia la migliore in assoluto, ha profondamente inciso nella cultura novecentesca ed è la raccolta montaliana più popolare;
• Con questa raccolta, Montale entra nel novero di quei poeti che hanno dato voce al disagio dell’uomo contemporaneo, configuratosi, dopo gli anni del decadentismo estetizzante, sempre più spesso come dolorosa inettitudine alla vita (Svevo, Pirandello, Eliot…);
• Vengono composti fra il 1916 e il 1925;
• Per Montale D’Annunzio è un idolo da combattere ma anche da “attraversare”, come ha fatto Gozzano, perché tra i padri è il più ingombrante e il più innovatore → per attraversarlo sono decisive l’ironia gozzaniana, il minimalismo antiloquiente di crepuscolari e l’espressionismo di alcuni vociani (Sbarbaro);
• La sua inclinazione alla discorsività è agli antipodi con il frammentismo di Ungaretti;
• “I Limoni”: sono il testo chiave della poetica montaliana:
- in polemica aperta con i “poeti laureati” (D’Annunzio);
- Montale si colloca fra i poeti “poveri”, riecheggiando tante dichiarazioni antiauliche dei crepuscolari (Corazzino) ed elegge i semplici e comuni limoni come pianti tutelari della sua poesia;
- lessico e infiniti stilemi arcaicizzanti, aulici e dannunziani, accostati a produrre “scintille” con lessico e stilemi del linguaggio discorsivo comune e dell’umile quotidianità;
• polemica antidannunziana e la scelta antieloquente mostra subito il risvolto ideologico ed esistenziale:
non è possibile una poesia eloquente perché non ci sono verità positive da affermare, da cantare a voce spiegata;
• predilezione per forme scabre e aspre, correlativi formali di quel disagio che non di rado attingono moduli dall’espressionismo vociano e suggestioni addirittura dall’esperienza petrosa di Dante;
• talvolta notiamo l’adozione di arcaismo e termini aulici;
• suoni e oggetti designati introducono a volte al paesaggio ligure, colto nei suoi aspetti più aspri, con scabra essenzialità: questo paesaggio ha a che fare con la condizione interiore del poeta, che nei suoi connotati riconosce il segno della propria angoscia e aridità interiore;
• il paesaggio e i pochi eventi che in esso accadono sono “correlativi oggettivi” dell’animo del poeta: all’oggetto simbolico egli affianca il commento psicologico ed esistenziale → quando in “Arsenio” e “Occasioni” cadrà il commento e rimarrà la pura rappresentazione di oggetti, eventi, personaggi, la poetica del correlativo oggettivo sarà pienamente realizzata;
• la fusione di situazioni, oggetti (simbolici) e commento dà il tono peculiare e inconfondibile della raccolta;
• temi essenziali: disarmonia, angoscia, male di vivere in un paesaggio scabro;
• Montale torna ossessivamente su questa condizione fondamentale del suo animo: la vita felice e autentica è altrove → come Leopardi afferma che la vita è tedio, legge inalterabile di sofferenza;
• Montale si ritiene vicino al “quid” rivelatore e liberatore, a un passo dall’afferrare la vita, spezzare la catena della necessità, dare un senso all’esistere → egli concependo l’arte come sostituto di vita, ritiene la poesia come lo strumento e la forma essenziale di questa ricerca;
• Quale sia l’evento “miracoloso”che lo metta “nel mezzo di una verità”Montale non lo sa: nei “Limoni” egli aguzza gli occhi e tien desta l’attenzione per vedere se succede qualcosa; più tardi attribuirà il miracolo che pare abbia beneficato altre persone a oggetti insignificanti;
• In “Cigola la carriola” viene affrontato il tema del “miracolo”: in uno specchio d’acqua pare formarsi un’immagine, ma presto è inghiottita: il tempo perduto non può essere recuperato, il miracolo non è accaduto e il poeta è ricacciato nel tedio di sempre;
• Con “Arsenio”,il suo primo alter ego oggettivo, ci imbattiamo in un personaggio che non riesce a svellere le proprie viscide radici e tuffarsi nel mare sconvolto dal turbine di un temporale, momento e luogo finalmente propizi per liberarsi dal male di vivere: Arsenio è attratto ma non riesce a compiere il passo decisivo, rinuncia e ritorna alle consuetudini di sempre simboleggiate dai villeggianti;
• Alcuni oggetti e immagini dei “Ossi di Seppia”ritornano in altre raccolte: il sole col suo tendere alla luce solare costituisce una metafora della ricerca della felicità, del senso dell’esistenza; questa immagine verrà ripresa con la donna-assente, Clizia-girasole, nelle “Occasioni”e”Bufera”;
Gli sviluppi della lirica montaliana.
• Sviluppo fra “Ossi di Seppia”,”Occasioni” e “Bufera”:
- gran parte dei capisaldi del primo Montale sono ancora validi e medesimi sono i problemi esistenziali;
- mutano le circostanze storiche e personali: la riflessione si approfondisce, il disagio si radicalizza e il linguaggio sperimenta qualche soluzione nuova;
• “Le Occasioni”: opera di più teso lirismo e di più ardua decifrazione, in cui la poesia viene risolta nell’oggetto, sopprimendo il commento psicologico e rendendo il discorso oscuro:
- mutamento del paesaggio che, a parte qualche caso (La casa dei doganieri) non è più quello ligure, è quello toscano, colto in componimenti inquietanti: segno che l’animo montaliano non muta per mutar di luoghi;
- il paesaggio non è più protagonista come negli “Ossi”: alla poesia spaziale della prima raccolta si sostituisce una poesia temporale, spesso memoriale;
- è una poesia relazionale: in passato lui dialogava con presenze astratte o con il paesaggio, ora apre o tenta di aprire un dialogo con persone concrete, anche se per lo più assenti materialmente o presenti solo nella memoria personale;
- ingresso prepotente del motivo dell’amore e del dialogo con la donna assente, ma carico di implicazioni simboliche: la vicenda d’amore, amore lontano, impossibile, è un’oggettivazione del senso di isolamento esistenziale che da sempre tormenta il poeta e una figura dell’isolamento culturale e politico dell’intellettuale negli anni della dittatura;
- a Clizia, la donna-girasole, Montale attribuisce fattezze stilnoviste (valore metaforico-esistenziale): talvolta è paragonata a un angelo o a un uccello che giunge, con personale sofferenza, da distanze remote a dare alla vita del poeta quel poco di senso che le rimane;
• “Bufera e altro”: segna un’irruzione della realtà nella poesia:
- è vivo il riflesso della sua condizione storica, della sua attualità di uomo;
- rappresenta un universo totalmente sconvolto dalla guerra storica e cosmica e dall’insensatezza umana;
- troviamo un tensione metafisico-religiosa come ancora di salvezza cui affidarsi nel momento della massima disperazione esistenziale;
- finita la guerra storica, non cessa quella cosmica: all’orizzonte storico si profila una guerra totale ancora più assurda → in attesa di quella l’insensatezza non è minore;
- il finale segna l’esaurirsi anche dell’ultima ipotesi di possibilità che un varco esista e si manifesti: non resisterà alla nuove bufere che si profilano, scomparirà con chi l’ha concepito → conclude con la unica certezza che non c’è scampo se non con l’estinzione;
- accanto al negativo c’è una positività minima “resistenziale”: la ricerca non è conclusa (Leopardi);
- il lascito montaliano è un resistere ancorati alle minime negative certezze dell’esistere;
• l’ultima poesia montaliana al suo primo apparire dopo sette anni di silenzio totale, sorprese tutti per la novità di modi e toni e in definitiva di una poetica (ma non di una ideologia);
• alla poesia spetta il ruolo di un esercizio di annotazione diaristica in cui l’autore esplicita discorsivamente le occasioni che lo sollecitano, come nascondendo dietro di esse la propria vera personalità, o meglio alienandola in una serie di maschere;
• si cela l’amarezza per la disillusione e lo strazio che arreca un lutto personalmente catastrofico;
• temi, concezione del mondo, ideologia pur nell’aggiornamento dei riferimenti filosofici e culturali sono nella sostanza in gran parte immutati.
“LA RONDA” E “SOLARIA”.
La “Ronda”
• Rivista che esce a Roma nel 1919 a cura di Baccelli, Cecchi e Cardelli fino al 1923;
• Sin dal titolo si qualifica come “ritorno all’ordine” e controllo della situazione letteraria;
• Caratteristiche: prosa di elaborata compostezza, ripudio dell’urgenza biografica dei vociani o del velleitarismo futurista, ritono ai classici;
• Pulizia formale, scrupolo artigianale, teorizzano e realizzano un modello di prosa raffinata;
• Mancanza di schierarsi contro “qualcosa”;
• Non vogliono avvallare la cultura del fascismo;
• Maggiore esponente VINCENZO CARDELLI:
- la sua poesia obbedisce a un ideale di “eloquenza ragionativi e discorsiva”, che ammette l’uso di tutti gli artifici retorici ma con la discrezione, il senso della misura
- ricerca di naturalezza, proprio della tradizione che va dal Petrarca al Leopardi (modelli)
- caratteri salienti: discorso pacato, moraleggiante, riflessivo;
- poesia facile, semplice e prevede rigore formale e neutralità delle tematiche;
“Solaria”
• Rivista che esce a Firenze nel 1926 a cura di Carocci e Ferrata e dura fino al 1936;
• Convergono e trovano approfondimento istanza presenti nel dibattito letterario: raccolse il meglio della cultura borghese operando una sintesi attiva tra le antiche istanze dell’europeismo e il rigore letterario di impostazione rondiana;
• Si formò e collaborò Vittorini;
• “salariano” significava antifascista, europeista, universalista, antitradizionalista;
• interessi che vanno al di là del frammento (come per i rondisti): mirano a provincializzare l’Italia, si interessano alla poesia francese, teorizzano un’arte drammatica e umana, si orientano a passare dal frammento al romanzo;
• narrativa di carattere lirico, evocativo, sospesa in un alone magico;
• scavo psicologico e rievocazioni.
L’ERMETISMO.
Ad osservare sinteticamente lo sviluppo delle poetiche (e dell'arte) dal romanticismo alle avanguardie storiche si deve constatare che un processo si è compiuto: il processo di sperimentazione di nuove forme espressive, di dissoluzione del linguaggio di tutta la precedente tradizione (compresa in parte quella romantica) a partire dal rifiuto delle forme chiuse e regolari fino addirittura al rifiuto del linguaggio comunicante. Più radicalmente, se si vuole, si può dire che si è compiuto il processo di autodissoluzione dell'arte, così come da sempre era stata concepita. Eventi questi innescati dal rifiuto delle teorie classiche dell'arte e dall'imporsi del canone dell'originalità come criterio di valore estetico (tanto che i risultati più radicalmente eversivi possono apparire un esito inevitabile, già tutto scritto nei cardini concettuali della poetica romantica), ma certo portati al loro apice proprio dalle avanguardie storiche convinte della necessità e dell'inevitabilità di una «rivoluzione permanente delle forme» (Calvino). Comunque sia, è un fatto che una linea di sviluppo della ricerca artistica moderna, forse la linea portante, ha toccato sul piano formale limiti (con l'assurdo e il nonsense dei dadaisti, con la scrittura automatica dei surrealisti) difficilmente superabili. Dopo le avanguardie storiche - c'è da domandarsi - quale forma espressiva può dirsi in assoluto innovativa e originale? È davvero plausibile una «rivoluzione permanente delle forme»? O viceversa, sperimentata la dissoluzione dell'arte tradizionale e raggiunti i limiti del silenzio, non c'è che da guardarsi indietro e recuperare forme, modi, esperienze di quei movimenti che hanno innescato il processo e hanno portato lo sperimentalismo ai suoi estremi limiti formali? Dopo le avanguardie ci possono essere altre autentiche avanguardie o solo un'accademia delle avanguardie?
Sarebbe probabilmente azzardato affermare assolutamente che, dopo le avanguardie, tutto è stato ed è mera ripresa di forme artistiche e poetiche ormai esperite in tutte le loro virtualità. Ma è anche un fatto che più fitta e frequente si fa la ripresa di modelli precedenti (in pratica di tutti i modelli formali che hanno segnato la storia dal romanticismo alle avanguardie) magari combinati fra loro. Ne sarebbe una conferma, esteriore ma significativa, la stessa frequenza dei prefissi "neo" utilizzati per designare alcuni movimenti tra i più significativi storicamente degli ultimi decenni (dal neorealismo alla neoavanguardia). L'originalità dei nuovi movimenti e delle nuove poetiche andrà allora ricercata essenzialmente nelle diverse sintesi di elementi formali già sperimentati, nella ricerca di nuove tematiche e nel rapporto, variabile per definizione, con i contesti e con le situazioni particolari in cui tali fenomeni si manifestano (cioè nel loro significato storico-culturale specifico). L'originalità delle sintesi, poi, andrà probabilmente ricercata, più ancora che nei grandi movimenti, soprattutto nelle soluzioni individuali che obbediscono a ragioni personali particolari oltre che storico-culturali.
In parte questa è l'impressione che dà lo sviluppo delle poetiche novecentesche in Italia, che traggono motivi ispiratori e linfa vitale (sul piano teorico) via via dal decadentismo-simbolismo e dalle sue propaggini novecentesche straniere, dalle avanguardie storiche e addirittura dal naturalismo-verismo (fenomeno per certi versi estraneo alla linea portante di sviluppo che si è delineata). Ma in verità, a parte forse poche eccezioni, anche il panorama europeo non presenta tratti assai diversi. Non è qui certo il caso di prendere in esame tutte le poetiche novecentesche italiane, soprattutto non è possibile considerare le poetiche individuali (spesso in sviluppo diacronico), nelle cui sintesi originali stanno probabilmente alcuni dei vertici della letteratura novecentesca italiana (pensiamo a Ungaretti a Montale a Saba e, più recentemente, a Luzi a Pavese a Calvino o a Zanzotto). Delle poetiche di alcuni scrittori, come di alcuni movimenti diamo conto in altre parti di questo volume. Intanto, però, si dovrà rendere ragione di alcune nozioni storiografiche, di alcuni movimenti dominanti o caratteristici di un'epoca e di alcune poetiche più estensive e generali che hanno avuto un particolare rilievo nella storia letteraria italiana del Novecento, a partire - per l'età fra le due guerre dall'ermetismo.
Quella di ermetismo, ancora una volta, è una nozione discussa. In discussione è in particolare l'estensione del fenomeno da qualificare come ermetico. Senza entrare nel merito della storia del termine (la cui origine remota risale a Ermete Trismegisto e a una dottrina filosofico-religiosa di tipo esoterico fiorita nella tarda età ellenistica che appunto da lui prese nome di "ermetismo"), osserveremo che tutt'oggi, in ambito letterario italiano, se ne danno due accezioni differenti: una più estensiva che, a partire da un celebre saggio del Flora del 1936, associa al termine in pratica l'intero sviluppo della lirica (con estensione alla critica e alla prosa d'arte, più che alla narrativa) italiana da Ungaretti e Montale sino a un gruppo di scrittori fiorentini legati alle riviste «Frontespizio» e «Campo di Marte» (Bo, Bigongiari, Contini, Gatto, Luzi, Macri, Parronchi, Traverso, ecc.); e una più riduttiva, oggi prevalente, che pur evidenziando i rapporti tra quei maestri e il gruppo fiorentino ritiene di dover associare il termine solo a quest'ultimo ed eventualmente a suoi vicini milanesi (legati alla rivista «Corrente» e facenti capo a Sereni). Si tratta anche in questo caso in certa misura di problemi di periodizzazione e di classificazione che, una volta posti per dovere di informazione, possiamo trascurare di analizzare. Basti per ora rilevare che un legame di relativa (comunque non esclusiva) filiazione tra l'esperienza di Ungaretti e Montale e quella della scuola fiorentina non si può negare, ma che d'altronde tra quei "padri" e quei "figli" (peraltro non identici) palesi sono anche le diversità sia ideologiche che formali.
Consideriamo il contesto: tra le due guerre, dopo le esperienze delle avanguardie in tutta Europa si assiste ad un processo di ora brusco ora progressivo "ritorno al l'ordine". Dopo gli esiti estremi delle avanguardie si sente la necessità di guardare indietro e di riconnettersi più direttamente anche alle esperienze decadenti e simboliste europee (solo parzialmente penetrate nella cultura italiana all'epoca di Pascoli e D'Annunzio), molte delle cui ragioni ideali, culturali e letterarie non si sono ancora esaurite. In Italia l'ottimismo e la ludicità futuristi non potevano da soli - specie dopo la grande guerra - aver fatto piazza pulita di tutti gli elementi di crisi morale, spirituale, culturale e magari politica vissuti dalle generazioni precedenti. Anzi la guerra li aveva rinnovati e resi per molti versi più acuti e gravi.
La realtà del dopoguerra proponeva poi ulteriori spinte in direzione di un " ritorno all'ordine" e ulteriori motivi di crisi, di inquietudine, di dubbio, che non si esauriscono nell'avvento del fascismo, ma che certo lo comprendono. Pur senza enfatizzare il rapporto degli intellettuali col fascismo quale genesi della nuova poesia e letteratura, bisogna qui render conto di un'interpretazione vulgata, che non per questo ha del tutto perso la sua ragion d'essere.
Rapporti complessi col fascismo caratterizzano l'esperienza di tutti i poeti e gli scrittori che operano tra le due guerre, non rinunciando alla letteratura per la lotta politica e non facendosi palesemente fiancheggiatori del regime e portavoce della sua politica culturale. Non potendo apertamente contestare il regime, molti scrittori paiono rifugiarsi nella letteratura come un campo di esperienza alternativo a quello della cultura di regime ( le velate, simboliche contestazioni, le professioni di fede negative, le affermazioni di sfiducia, di inettitudine a vivere e di impotenza, le descrizioni e le rappresentazioni di amare vicende esistenziali, qualunque fosse la loro genesi individuale, qualunque altra connotazione culturale avessero, almeno oggettivamente (cioè anche al di là delle intenzioni) costituivano un contraltare alla fiducia, all'ottimismo programmatico, al trionfalismo degli intellettuali e dei mass media fascisti. La poesia, proprio a partire dall'oggettiva denuncia della guerra dell'Allegria ungarettiana (di quell'Ungaretti che pure ne avrebbe dedicato a Mussolini una successiva edizione) e dalle negazioni montaliane («Non chiederci la parola...»),imbocca nella sua linea più vitale una direzione che potremmo genericamente definire di "negazione" e di ricerca esistenziale, etica e metafisica. Il ricorso al linguaggio oscuro e difficile di derivazione decadente e simbolista, caratteristico soprattutto del gruppo fiorentino, come pure alcune tematiche negative come quella dell'assenza e dell'attesa (attesa, ad esempio, di una palingesi che non si compie o di una ricerca che non conosce mete definitive ma se ne dà sempre di nuove) vengono tradizionalmente interpretati come (e in una certa misura sono) un dolente rifiuto del fascismo. Tale rifiuto si realizza attraverso una "chiusura" autointrospettiva, nella ricerca di un'alternativa esistenziale o spirituale alla realtà esterna difficile e ostile, una ricerca ora confidente ora disperata di realizzazione nell'interiorità della coscienza o negli spazi metafisici, talora nell'esperienza religiosa in senso proprio. Il medesimo legame con la cultura decadente e simbolista e ragioni più particolari mettono in guardia però - come si è detto - dal risolvere solo in chiave di rifiuto politico la complessa esperienza esistenziale e poetica di intellettuali e poeti come Montale e come gli ermetici fiorentini. Sul terreno per un verso c'è un più complesso e articolato rapporto con la civiltà e il mondo moderni (già del romanticismo e del decadentismo sono il rifiuto del presente, del mondo e della civiltà moderna e borghese e il volgersi ad una ricerca puramente interiore) e per altro verso ci sono - come sempre - storie e vicende umane e culturali particolari, ragioni di inquietudine, aspirazioni e tensioni individuali.
Da un punto di vista più tecnico tutta questa produzione letteraria variamente ma profondamente affonda le proprie radici nelle poetiche precedenti (soprattutto, come si diceva, del simbolismo europeo: da Verlaine a Mallarmé, da Valéry a Eliot). La ricerca condotta negli spazi interiori o, al di là del reale empirico, in spazi metafisici trova un supporto nella poetica della "poesia pura", che teorizza l'autonomia della poesia (e dell'arte) - cui nega ogni esplicita funzione pratica, morale e politica - e la sua capacità di autonoma esperienza esistenziale e conoscitiva, spirituale e salvifica (secondo Bo, in quello che è considerato il principale manifesto della poetica dell'ermetismo fiorentino, tra poesia e vita non c'è, non ci deve essere differenza, per garantire alla letteratura la sua dignità etica). La volontà di restituire al linguaggio poetico la sua forza, la sua autenticità, la sua verginità originaria è per molti versi un diretto corollario di questa concezione; come lo è il rifiuto della retorica dannunziana e di certo impressionismo e sentimentalismo pascoliano. Ulteriori caratteristiche tecniche della nuova poesia sono la concentrazione lirica (frutto di una rigorosa e sofferta distillazione del pensiero e del sentimento, contro il fluire copioso e ininterrotto di certo dannunzianesimo), la poetica dell'analogia (Ungaretti parla esplicitamente anche di «immaginazione senza fili», utilizzando il concetto marinettiano per sottolineare l'ampiezza della sintesi analogica), del simbolo o - specialmente nel caso di Montale del correlativo oggettivo (o poetica degli oggetti-simbolo, oggetti equivalenti di una condizione interiore o esistenziale). La poesia non deve né descrivere né rappresentare: deve evocare. Non importa l'immediata comprensibilità del messaggio (quantunque molti ermetici dichiarino di non essere oscuri intenzionalmente), quanto il valore di esperienza dell'atto poetico, che sarà comunicativo solo quando capace di suscitare un'analoga (non identica né univoca) esperienza nel lettore. Di qui anche la programmatica polisemia (ambiguità), l'oscurità intenzionale o meno, maggiore o minore, della poesia che poi appunto prese il nome di ermetica. Come si vede, senza bisogno di ulteriori precisazioni, gran parte di questi indirizzi, canoni e strumenti hanno precisi precedenti nell'esperienza decadente e simbolista, ne sono una rielaborazione relativamente originale.
Su questi sommari elementi in larga misura comuni si innestano poi le differenze individuali e specifiche, che qui non è il caso di indagare. Anche all'interno dell'ermetismo fiorentino, che secondo il Ramat si caratterizzerebbe fra l'altro per un uso effettivamente più criptico ed ermetico dei simboli (laddove il simbolismo ungarettiano e montaliano sarebbe assai più trasparente), si possono distinguere indirizzi, poetiche e voci particolari.
UMBERTO SABA.
Esperienze biografiche.
• Nasce a Trieste il 9 marzo 1883 da famiglia assai modesta e in una situazione che lo segnerà per il futuro: la madre, un’ebrea fu abbandonata dal marito un “ariano”;
• Saba cresce affidato più alle cure di una nutrice che a quelle della madre: in questa disunione e contrasto fra razze, egli collocherà le origini della sua “diversità” nel Canzoniere e nelle Prose;
• La formazione culturale avviene fuori dall’ambito scolastico, degli studi ufficiali;
• Vivere a Trieste significava avere lo svantaggio di un “ritardo”rispetto alla contemporaneità letteraria italiana ma avere anche il vantaggio di poter assimilare una cultura tedesca (Nietzsche, Freud e Heine);
• Alle esperienze adolescenziali e infantili egli continuerà a ritornare in un ininterrotto impegno di scavo, di scoperta e di conoscenza della propria identità, delle radici delle proprie nevrosi e sofferenze;
• Nel 1909 sposa Carolina Woelfler, che sarà una suggestiva presenza nel Canzoniere, di cui nel 1921 pubblica la prima edizione;
• L’amicizia con Debenedetti e Montale lo confortano nelle frequenti crisi nervose che lo affliggono;
• Nel 1929 si decide ad iniziare un trattamento psicanalitico a Trieste: nell’incessante ripiegamento interiore e nel bisogno di una conoscenza di sé cercata magari attraverso la diaristica, egli fu “psicanalitico prima della psicanalisi”→ nel Canzoniere troviamo una serie di sintomi che precedono senza alcuna possibilità di dubbio la lettura di Freud, tanto che l’incontro della psicanalisi sembra l’esito premeditato di un piccolo racconto;
• Da questo trattamento psicoanalitico ricava non la guarigione della sua nevrosi ma la consapevolezza che alla sua origine c’è un rapporto edipico rovesciato (per l’assenza del padre, è la madre ad essere stata introiettata dal bambino come autorità, norma, infallibilità);
• Nel 1937 le leggi razziali lo costringono a spostarsi a Milano, Firenze, Roma;
• Gli anni della II guerra mondiale e quelli immediatamente dopo sono per Saba assai pesanti per le difficoltà economiche e per la frequenza delle crisi; sono però anche gli anni del suo pieno riconoscimento;
• Nel novembre del 1956 la moglie Lina muore dopo un declino straziante;
• Nell’agosto del 1957 muore anche Saba.
I capisaldi della sua poetica.
• La posizione di Saba nel panorama della poesia italiana del ‘900 è particolare ed è quasi impossibile inquadrarlo in una corrente;
• La sua poesia è fondata sul rispetto delle forme metriche tradizionali e sull’adozione di un linguaggio di pregnante chiarezza, obiettivi questi in netto contrasto agli inizi del secolo con:
- D’Annunzio: aveva portato a compimento al disarticolazione delle forme metriche tradizionali e si era creato un linguaggio poetico di preziosistica letterarietà;
- futuristi: sperimentazioni e avventurose inquietudini;
- ermetismo: di fronte alla macerazione solipsistica e alla rarefazione semantica della parola, scelta per la sue valenze musicali e analogiche, Saba continuava ad “essere uomo fra gli umani”, a sottolineare i suoi legami con una comunità nazionale e a preferire una poesia che nomina a una poesia che suggerisce;
• In un articolo del 1912 “Quello che resta da fare ai poeti” ha fissato i canoni fondamentali della sua poetica;
• dichiara che “ai poeti resta da fare la poesia onesta”;
• polemizza contro ogni estetismo, contro la restaurazione del “letterato di professione”, cui la bellezza interessa più della verità, e contro il mito del poeta vate;
• il poeta onesto deve non sforzare mai l’ispirazione, non tentare di farla apparire più vasta e trascendente di quanto per avvenuta essa sia;
• bisogna tendere non al bello ma al “rispetto dell’anima propria” e lavorare con la scrupolosa onestà dei ricercatori del vero, perché il vero equivale a ritrovar se stessi e essere originali;
• la sua poesia è ricerca del fondo della propria personalità, ricognizione e conoscenza dell’io;
• celebrazione del quotidiano:non c’è aspetto della vita giornaliera nell’infinita varietà delle cose che non trovi posto nella poesia di Saba → il mondo di tutti e di tutti i giorni (anche il crepuscolarismo attuano questa scelta di realtà dimessa e usuale ma con una diversa angolazione: Gozzano col suo distacco ironico “prendeva le distanze” dalla materia umile, Saba aderisce sentimentalmente);
• è presente il tema amoroso: anzitutto si estrinseca e realizza nella rappresentazione del rapporto con la moglie, ma dà luogo anche a figure di giovani donne vagheggianti con un’intensa carica erotica;
• l’eros è inteso come forza vitale, come adesione alle pulsioni della “calda vita”, come celebrazione della vitalistica giovinezza;
• la sua poesia col passare degli anni fa posto a temi che, se non del tutto assenti prima, ora incidono sempre più visibilmente: la tristezza, la malinconia o dolente consapevolezza del vivere, la meditazione sul declinare di giovinezze e di stagioni che diventa accorta saggezza delle maturità;
• nella sua poesia rimane comunque una totale accettazione della vita, una costante coesistenza della giovanile voce del sogno e dell’accorta voce dell’esperienza: resta sempre l’amore per la vita, anche se ora è diventato “il doloroso amore della vita”;
Il Canzoniere:
• va visto nel suo complesso come un’ininterrotta ricerca delle verità interiore;
• la ricerca della propria identità non è mai definita ed è sottoposta a un’infinita serie di prospettive, collegate e condizionate dalla perenne mutevolezza dell’io;
• ne deriva il frequente ritorno su temi già trattati, che di volta in volta si inseriscono in una nuova prospettiva, si illuminano di una nuova luce → stratificazione e pluralità di prospettiva;
• è definito “Romanzo totale” finalizzato alla rappresentazione di un’esistenza, del divenire di un’esistenza
• non è una rappresentazione diaristica: Saba mira a passare dal piano biografico-contingente a quello letterario-poetico, e quindi la rappresentazione di sé si risolve nella creazione di un personaggio letterario, creazione alla quale sono funzionali quegli spostamenti di prospettive;
La rima fiore/amore.
• Saba scrive sonetti e adotta un linguaggio poetico nel quale c’è ampio posto per lessico e modalità di netto sapore ottocentesco e nel contempo per elementi del parlato;
• Sceglie la parola non per il suo potenziale di risposte e sottili suggestioni ma per la pregnanza semantica, cioè per la sua concretezza, per la sua capacità di oggettiva definizione della realtà da rappresentare;
• La parola è quella domestica, la prima venuta senza meditazioni a riguardo: parole senza storia→ da ciò un sapore di antico che distingue inconfondibilmente la poesia di Saba nel contesto contemporaneo;
• Assenza di complicazioni intellettualistiche e inibizioni;
• La parola poetica tradizionale non gli serve come decoro né come esibizione, ma garantisce la possibilità di un dire comunitario, evidenzia la non-frantumazione del dicibile;
• Resta fedele a un discorso non-frammentato anche quando in un certo qual modo accoglie le suggestioni della contemporanea poesia ermetica, che danno luogo a componimenti meno effusi, più concentrati e più compatti ma comunque dominati sempre da un lucido rigore compositivo, perseverando egli nella sua volontà di dichiarare più che di suggerire;
• Vastità delle tematiche;
Le prose.
• “Gli Ebrei”;
• “Ernesto”: rappresentazione dei turbamenti adolescenziali e dell’iniziazione dell’amore;
• “Storia e cronistoria del Canzoniere”: ci fornisce preziose indicazioni sulla sua produzione poetica;
• “Scorciatoie”: attua una riflessione sui più vari aspetti della realtà.

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