Ulisse, James Joyce

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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Data:04.04.2007
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Testo

James Joyce-L’ULISSE
Riassunto
Il libro comincia con un’invocazione a Dio, parodia dell’invocazione alle Muse del prologo dell’ Odissea e della messa cattolica dove si incarna il Creatore. Stephen e Buck Mulligan (Antinoo) fanno colazione con il loro ospite Haines (Eurimaco), un inglese ammiratore del folclore irlandese; egli ha svegliato Stephen la notte precedente urlando nel sonno, perché ha sognato una pantera nera ( simbolo di Cristo).
La discussione verte attorno alla morte della madre di Stephen: quest’ultimo ha rifiutato di soddisfare la sua ultima volontà: di pregare al suo capezzale. Tale comportamento colpisce Mulligan, che si considera tuttavia libero pensatore. Citando Nietzsche, sogna di ellenizzare l’Irlanda e saluta il mare come la nostra grande Madre comune. Stephen, che ha abbandonato il cristianesimo non certo per regredire nel paganesimo, vede in ciò soltanto un concentrato dell’idolatria irlandese. Il suo gesto riguardo alla madre lo ossessiona, ed il fantasma di questa viene a tormentarlo; la sua coscienza che conosce il rimorso della colpevolezza (“Agenbite of Inwit”), rifiuta tuttavia ogni rimorso, in nome di una libertà di cui trova paradossalmente gli echi nella teologia e liturgia della Chiesa cattolica.
Una vecchia (Atena) viene a portare del latte ai giovani, che indi scendono in spiaggia dove Mulligan decide di bagnarsi. Richiede in seguito a Stephen la chiave della Torre per stendervi la sua camicia . Quest’ultimo, che ha deciso di non ritornarvi più, la consegna mormorando: « Usurpatore ».
Stephen lavora a scuola del sig. Deasy (Nestore) dove insegna a figli di famiglie agiate mentre lui non ha un soldo. La lezione di storia lo ha indotto a riflettere, con l’aiuto di Aristotele, su tutti gli eventi in potenza che non si sono realizzati. «La volpe che seppellisce la nonna sotto un cespuglio di caprifoglio » del suo indovinello è la chiesa che occulta le sue fonti pagane, oppure Stephen che respinge il corpo materno da cui è tuttavia nato.
Stephen prova compassione per il ritardato Sargent (Pisistrato), il suo peggiore allievo: gli ricorda la sua infanzia e l’amore materno, «La sola cosa vera in questo mondo».
Si reca dal direttore, il sig. Deasy, per il quale ha un certo rispetto. La discussione verte sulla politica e le malattie bovine, e Deasy spera di poter pubblicare un articolo su quest’argomento. Esterna il suo antisemitismo e la sua misoginia a uno Stephen poco propenso alle “grandi parole”, che opina tuttavia: «La storia è un incubo da cui provo a svegliarmi».
Stephen si incammina sulla spiaggia di Sandymount ed i suoi pensieri errano attorno a lui, materia e spirito sono in mutamento perpetuo. I ricordi di Parigi e le meditazioni filosofiche sulla realtà del mondo si mischiano alle sensazioni multiple del momento ed al rumore delle onde. Pensa alla consustanzialità del Padre eterno e del suo io, «tenebre che luccicano nella luce».
Attraverso le metafore del giovane, un cane, che accompagna una coppia sulla spiaggia, si trasforma in lepre, cervo, orso, lupo e vitello (Proteo), simile al suo spirito proteiforme (secondo la teoria tomista).
In questa solitudine, si lascia invadere da una dolce voluttà interiore, che sembra fondersi con la totalità (Pan). Prima di partire, urina (David Hayman avanza l’ipotesi che in effetti si masturba), e pensa ad un annegato strappato poco prima da alcuni uomini alle braccia « dell’antico Padre Oceano». Il tre-alberi che vede passare girandosi, può rappresentare la Trinità, che incombe silenziosamente su questo mondo eracliteo.
La giornata di Bloom comincia con la colazione. La prima parola pronunciata da Molly è “Mn”: no . Bloom esce all’acquisto di un rognone presso il macellaio all’angolo, dove legge un opuscolo su piantagioni in Palestina; ma non se ne sente attratto, considerando la Terra Santa, madre del popolo ebreo, come una terra sterile.
Di ritorno a casa, porta la colazione alla moglie, come pure una lettera di Blazes Boylan. Molly nel suo letto, evoca la ninfa del quadro appeso alla parete (Calypso). Le estremità femminili che attirano lo sguardo di Bloom si troveranno in tutto il libro, echi del paradiso perduto o simboli della caduta dell’uomo. Le spiega il senso della parola “metempsicosi” quindi torna in cucina dove il rognone frigge. Legge una lettera di sua figlia Milly.
Prima di uscire, si libera gli intestini leggendo nel giornale, seduto sulla tazza del water, una mediocre novella.
Bloom si dirige verso l’ufficio postale dove ritira la posta di Henry Fleury, pseudonimo sotto il quale ha una corrispondenza con una certa Martha (Fleury, Bloom e Virag significano “fiore”). Nelle vie di Dublino fiuta profumi evocatori di languori orientali. Incrocia lo scocciatore M’ Coy quindi va in Chiesa ad ascoltare messa, ed assisterà alla comunione, momento di serenità, di perdono e di oblio (l’ostia è qui il loto dei Lotofagi). Molte religioni orientali gli vengono in mente, le quali presentano la felicità come una castrazione.
Dopo avere comperato un sapone ed incontrato Bantam Lyons, entra in uno stabilimento di bagni pubblici dove si abbandona con dolce voluttà narcisista a contemplare il proprio corpo ed il proprio membro (decide dunque di tenere in tutta evidenza il proprio pene nonostante le promesse di nirvana della castrazione).
Bloom si reca alla sepoltura di Paddy Dignam attraversando Dublino in compagnia di Simon Dedalus, il padre di Stephen, Martin Cunningham, Jack Power, Tom Kernan ed altri personaggi apparsi in Gente di Dublino. Bloom pensa al suicidio di suo padre, alla morte del figlio ed alla morte in generale. La conversazione, punteggiata di osservazioni antisemite, lo mette di malumore.
Durante l’inumazione, osserva l’uomo dal mackintosh, che nessuno sembra conoscere. Quando Bloom parla di lui, gli altri capiscono che si chiama Mc’Intosh (la mia spiegazione è che si tratti di Dio, nominato da un ebreo (Mosè): gli idolatri si accontentano del Nome senza cercare di conoscerlo meglio. I pensieri di Bloom intersecano la cerimonia di riflessioni piuttosto materialiste, molto scettiche sulla resurrezione.
L’episodio Eolo si presenta come una lunga serie di articoli di giornale. I personaggi del capitolo precedente si trovano nella sala di redazione de L’uomo libero. Stephen li ha raggiunti per portare l’articolo del sig. Deasy. Bloom che si informa sull'inserzione della ditta Keyes è all’inizio ben accolto da Myles Crawford (Eolo) ma si fa più tardi strapazzare. Le discussioni vertono su tutti gli argomenti: politica, storia, teologia, corse e sport, ma non fanno che generare vento, mentre le porte sbattono.
Bloom passeggia solo in città. Ha fame. Tutti i suoi pensieri prendono una colorazione culinaria, anche i più erotici, nati dalla contemplazione di gonne in una vetrina. Entra nel ristorante Burton ma è sconvolto dalla promiscuità e dagli odori, dallo spettacolo delle bocche che masticano i cibi. Preferisce prendere un bicchiere di vino con formaggio al bar di Davy Byrne.
Le belle curve del bar si confondono nel suo spirito con quelle dei corpi femminili. Decide di recarsi al museo della Biblioteca, curioso di verificare se le membra delle dee greche presentano degli orifizi. In cammino, evita per poco l’amante della moglie, Blazes Boylan.
Alla biblioteca, Stephen avvia con alcuni idealisti partigiani della "Rinascita celtica", una conversazione su Amleto. Bloom fa un’entrata discreta ed avrà in tutto questo capitolo soltanto una presenza “fantomatica”. La tesi aristotelica di Stephen fa di Amleto il suo alter-ego. Il principe danese, per sfuggire ad un mondo colpevole rappresentato dalla madre, si rimette interamente al Padre, lo spettro di Elsinoor, in relazione al quale non è che “l’ombra di un’ombra”. Shakespeare dopo essersi fatto sopraffare da Anne Hathaway (la moglie del Bardo più anziana di lui di 8 anni) modello della megera, ha aperto gli occhi e chiuso gli orecchi a questa «voce intesa soltanto dal cuore di colui che è la sostanza della sua ombra, il figlio consustanziale al padre».
La dialettica di Stephen oppone il drammaturgo di Stratford al gentiluomo di Londra (Scilla e Cariddi). Sviluppando il tema della paternità mistica, disprezzando il ruolo della Madonna nella chiesa e la maternità in generale, Stephen immagina un artista androgino autocreantesi nelle sue opere. La sua argomentazione viene interrotta da Buck Mulligan, che lo sfotte parlando di masturbazione.
Quest’episodio è un assemblaggio di 18 presentazioni di personaggi di Dublino alla stessa ora. Alcuni si incrociano, tutti attendono alle loro occupazioni. Bloom appare in una libreria. Alle prese con una parodia del giudizio di Paride, egli esita tra tre libri: uno erotico, uno filosofico ed uno spirituale; sceglierà infine un’opera erotica per Molly. Stephen prova a sfuggire all' “Agenbite of Inwit”. Mulligan ed Haines parlano di poesia e si rattristano per il comportamento del loro amico. Tutti i personaggi si trovano infine, venuti da tutte le arterie del labirinto della città, per salutare il corteo del Viceré.
In realtà, ogni parte fa sottilmente l’eco ad un capitolo di Ulisse in un modo o in un altro. L’ultima parte dove tutti i personaggi si ricongiungono corrisponde ovviamente al monologo di Molly, o al cuore nel sistema sanguigno.
Bloom pranza allo Ormond Bar, in mezzo alle canzoni che dei tenori indirizzano alle bellezze del luogo: Miss Douce e Miss Kennedy (le Sirene). La lingua del capitolo si trasforma in musica ed i pensieri di Bloom si mischiano alle voci, che parlano d’amore e di ritorno verso l’amata, in una lunga melopea. Bloom non si lascia tuttavia distrarre e scrive a Martha, quindi lascia il bar scoreggiando con discrezione.
Nella locanda di Barney Kiernan, Bloom ascolta i discorsi sciovinisti di un bruto designato come il Cittadino (Polifemo). Tutto il capitolo è scritto nella parlata popolare dublinese e reca tutti i clichés sull’Irlanda, rappresentata dal fazzoletto caccoloso del Cittadino. Bloom, che fuma un grosso sigaro (il palo infuocato di Ulisse), difende l’amore, la sua concezione della patria, e resiste alle idee antisemite. Considerato come un ebreo dal Cittadino, si vede insultato ed espulso per avere detto che Gesù era anch’egli un ebreo. Evita una scatola di biscotti che gli viene scagliata contro e salta su una carrozza per scappare. Quest’ultimo si cambia in un carro di fuoco che porta via il capro espiatorio, come Elia, verso i cieli, in un turbinio di angeli.
Nello stile dei romanzi rosa per fanciulle, ci è raccontato l’incontro di Bloom con delle giovani fanciulle in fiore che giocano sulla spiaggia in attesa di un fuoco d’artificio. Una di esse, la zoppa e sognatrice Gerty MacDowell, languidamente addossata ad una roccia, lascia intravedere le sue nudità a un Bloom distante e che lei indovina si stia masturbando. Desiderio dell’uno e complicità dell’altra parodiano la fecondazione spirituale di Maria Vergine. Una volta eiaculato, Bloom pensa di visitare la Maternità dove la signora Purefoy è alle prese con un parto difficile. Prima di partire, inizia a scrivere un messaggio sulla sabbia: “IO SONO”... ma decide di cancellarlo.
Un gruppo di amici di Bloom e Stephen fanno baccano e sbevazzano mentre in reparto la signora Purefoy partorisce. Lo stile del capitolo passa per 9 tappe diverse, che parodiano l’evoluzione del feto e della lingua inglese. Nell’originale, si può riconoscere tra l’altro lo stile di Chaucer, Milton, Defoe, Swift, Sterne, Gibbon, de Quincey, Dickens o Carlyle. La discussione verte sui peccati: onanismo, sterilità, licenza, aborto, ecc. Nel clima di oscenità generale, solo Bloom dà prova di pietà per la signora Purefoy, che partorisce finalmente un bambino. Il “rumore nella via” si trasforma in una tempesta violenta, come se Dio volesse punire i blasfemi, che fuggono sotto la pioggia verso la zona dei bordelli. Bloom, che pensa a Rudy, decide di seguire Stephen.
L’episodio di Circe si svolge nel bordello di Bella Cohen. Siamo al punto più basso della giornata di Bloom. Qui, un’opera teatrale cacofonica recupera tutti i personaggi del libro in un miscuglio confuso, sabbath e baccanale ad un tempo. Bloom vi è di volta in volta sindaco, cavaliere, massone, Napoleone, marinaio, profeta, Byron, Mosè, Robinson Crusoe, Gesù, capro espiatorio, donna incinta, prostituta, androgino, Dio, ecc. prima di riprendere i suoi panni. Stephen, ubriaco, ha rotto il lampadario con il suo bastone da passeggio, è arrestato da due soldati inglesi. Bloom prende il suo compagno sotto la sua protezione e lascia il luogo. Una visione di Rudy con un agnellino in tasca, conclude questo capitolo.
Nello stabbio di Pelle di capra (Eumeo), Bloom e Stephen, entrambi sfiniti, si riposano un momento. Le identità dei personaggi sono dubbie: il proprietario sarebbe un terrorista famoso, ed il marinaio, sceso dal tri-alberi Rosevean, scorto da Stephen la mattina, un avventuriero metà Ulisse e metà Simbad. Bloom si occupa di Stephen e gli parla, lo incoraggia a mangiare; il giovane riprende un po’ di forza, riconosce il suo compagno ed accetta di seguirlo a casa sua. Nelle vie deserte, la conversazione riprende, tra la confusione del dormiveglia ed i vapori dell’alcool.
Arrivato dinanzi a casa sua, Bloom che ha dimenticato la chiave sale dall'interrato attraverso la cucina, quindi viene ad aprire la porta al suo ospite. Bevono un cacao e comparano le culture ebree ed irlandesi. Bloom tende una fotografia di Molly a Stephen e gli offre la stanza per la notte, ma il giovane rifiuta e decide di ripartire. Stephen scopre in Bloom l’umanità, la carità e la maturità. Urinano nel giardino, contemplando il cielo stellato: Bloom riflette sul posto dell’uomo, Stephen considera le potenzialità della creazione. Osservano anche la finestra illuminata della camera dove dorme Molly.
Dopo la partenza di Stephen verso l’alba, Bloom restato solo, rammemora la sua giornata, quindi raggiunge la moglie. Stephen è diventato un uomo, Bloom ridiventa un bambino nel cavo del letto coniugale. Ulisse si addormenta senza nulla avere compiuto d’altro che di discutere con un artista il quale partirà verso la terra promessa della sua opera.

Bloom si addormenta ma il suo ritorno ha svegliato Molly. Comincia allora il celebre monologo in 8 frasi senza punteggiatura. Comincia e finisce con la parola "Sì". Gira come l’enorme palla terrestre con moto lento e uniforme, essendo i suoi 4 punti cardinali i seni, il culo, l’utero e la figa, espressi dalle parole because, bottom, woman, yes. Per quanto probabilmente più osceno di tutti i precedenti, Penelope sembra essere perfettamente sana piena amorale fertile falsa sottile limitata prudente indifferente. «Weib. Ich bin des Fleish der Stets bejaht »(Joyce a F. Budgen). I pensieri di Molly accumulano i ricordi e le considerazioni più prosaiche, in un flusso comparabile a quello da lei urinato sul suo vaso da notte, il cui eco risuonerà in tutto Finnegans Wake.
La parola di Molly è prodiga e franca. Sfotte gli uomini, superficiali e viziosi, e giustifica il loro utilizzo per la riproduzione della specie. Critica suo marito ma gli riconosce grandi qualità umane e lo accetta per ciò che è, come alla loro primo incontro, nel “sì” finale.

Ed in seguito?...
In seguito l’artista, diventato capace di attraversare la notte e tendere l’orecchio all’inondazione di parole della carne, partirà verso Levante, alla ricerca di una resurrezione del corpo nel testo, in una lunga veglia funerea che recupera tutte le lingue e tutte le storie: Finnegans Wake.
I personaggi
Il Telemaco del libro è Stephen Dedalus, che abbiamo conosciuto in Ritratto dell’artista da giovane: è in gran parte lo stesso James Joyce prima del suo esilio fuori d’Irlanda. Educato nella religione cattolica, Stephen si è ribellato contro il bigottismo dei suoi compatrioti e l’ordine sociale in generale; rifiuta di servire ogni ideologia e irride al cosiddetto “Rinascimento gaelico” che agita l’ambiente artistico dublinese. Alla fine del romanzo precedente partiva per Parigi con progetti letterari.
Quando Ulisse comincia, circa 6 mesi più tardi, troviamo Stephen a Dublino dove è stato chiamato da un telegramma al capezzale della madre morente. Si è installato con il suo amico Buck Mulligan nella Torre Martello di Sandycove, dove ospitano poco dopo un certo Haines. Ma i due amici non si somigliano, Stephen si vede accusato di conservare «una maledetta essenza di gesuita». È un giovane disilluso, in preda al dubbio, un artista cosciente della sua sterilità. Il suo insopprimibile orgoglio lo spinge a disprezzare la materia ed affermare la libertà assoluta dello spirito.

Ulisse moderno è Leopold Bloom, ebreo d’origine ungherese convertito al protestantesimo quindi al cattolicesimo, figlio di Rudolph Virag che ha cambiato il suo nome in Bloom dopo il suo arrivo in Irlanda. Leopold è un piazzista pubblicitario. Sua moglie Molly (diminutivo di Marion) è la figlia del Maggiore Brian Tweedy e di un’ebrea di Gibilterra; è nata l’8 settembre come la Santa Vergine Maria, e fa la cantante girovaga. Insieme hanno avuto una figlia, Millicent, che ha ora 15 anni, e un figlio, Rudy, che è morto ad 11 giorni.
Bloom è un uomo semplice, piccolo borghese discreto, buono e tollerante: l’uomo medio sensuale. È anche uno scettico, cosciente della sua solitudine, saldo nelle sue idee, fiducioso, crede nonostante tutto nell’amore del prossimo. I dieci anni che Ulisse-Bloom trascorse fuori di casa, li passò senza rapporti sessuali completi con la moglie. Questa invece, a differenza di Penelope, colleziona amanti, l’ultimo della serie è il suo impresario Blazes Boylan.

La vicenda si svolge giovedì 16 giugno 1904, dalle 8.00 del mattino alle 3.00 della notte. Il giovedì è giorno di Giove il cui simbolo è il tuono, che Joyce associa ad un appello divino. In effetti Joyce ha soggiornato nella Torre Martello nel settembre del 1904, cosa che induce a interrogarsi sul significato del 16 giugno, sapendo che egli ha abbordato la sua futura compagna, Nora Barnacle, il 10 giugno dello stesso anno.
Quanto alle quinte della vicenda, esse sono le strade e gli edifici di Dublino, dalle quali si uscirà soltanto nelle fantasticherie e nei sogni dei personaggi. La coppia Bloom abita al 7 di Eccles Street, dove in realtà abitava un amico di Joyce.
I primi 3 capitoli costituiscono la Telemachia, i 12 seguenti le peregrinazioni di Ulisse, i 3 ultimi il ritorno ad Itaca. Ad ogni capitolo, ma non sempre, sono associati un organo, un’arte, un colore ed una tecnica letteraria. Il monologo finale di Molly è più un allegato che un vero e proprio capitolo: è associato alla carne, che viene, in un certo qual modo, a riempire quell’organismo finora costituito dai capitoli su Bloom.

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