Uomo del mio tempo

Materie:Altro
Categoria:Italiano

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Testo

UOMO DEL MIO TEMPO – Salvatore Quasimodo
Analisi testuale
1 - COMPRENSIONE DEL TESTO
La lirica “Uomo del mio Tempo” vuole essere una denuncia attraverso un tono discorsivo e vibrante tipico del secondo Quasimodo. Il Poeta riconosce che gli uomini sono ancora quelli che vivevano nelle caverne e usavano le pietre. La violenza irrazionale è la stessa. Solo una cosa è cambiata: gli strumenti con cui esprime il suo odio per la pace, il suo amore per le armi perfette, o meglio dire ancora, esprime in pieno la sua misantropia. Come dalle origini dell’uomo, la scia di morte e violenza non ha fine, gli uomini uccidono oggi come ieri, senza fede e amore. La stessa lirica si apre con la figura di Caino che uccide Abele, col momento in cui non si ebbe nessuna interruzione all’enorme scia di sangue che solca la vita di ogni generazione. L’unico orizzonte che si presenta ai nostri occhi è il continuo di quest’efferatezza. Solo una speranza rimane a tenere vivo il cuore dello scrittore, che si esplica nella richiesta ai giovani di non scrivere più pagine di discordia e di morte gi ascritte dai loro padri ma di creare un mondo diverso.
2 - ANALISI DEL TESTO
2.1. Spiega il significato delle espressioni “ali maligne”, “meridiane di morte” e confrontale con la definizione che il poeta da al verso 1.
Il poeta riconosce che l’uomo suo contemporaneo non è cambiato per nulla dai tempi dei primi uomini, ma anzi ha sfruttato le nuove tecniche scientifiche per creare nuove armi di distruzione, sempre più precise. Nella mentalità è molto simile al cavernicolo, ma materialmente aspira al progresso bellico. In effetti, attraverso la formula “meridiane di morte”, il Poeta evoca la precisione dell’orologio solare riferita alle sempre più innovative strumenti di distruzione che proiettano intorno ombre di paura e morte.
La scienza applicata alla guerra è ancora confermata con l’espressione “ ali maligne” riferita alle ali dell’aereo, innovativo strumento di comunicazione che la malignità umana è riuscita a trasformare in potente e precisa arma di guerra che, come la meridiana proietta le sue ombre di morte; contemporaneamente, evoca le ali della mente o del cuore umano, parte creativa dell’uomo, i sogni di cui vive, i pensieri con cui cresce e ancora, con forte realismo, i tanti che non si sono abbassati ad accettare la verità di morte o le violenze altrui.
2.2. Interpreta la connessione tra “scienza esatta e “sterminio” e spiega il significato della parola “persuasa” che fa da connettivo.
Il confronto con l’uomo del passato è molto triste e sconfortante. La storia e il progresso non sono riusciti a cambiare l’uomo ma anzi l’hanno indotto a cercare di migliorare sempre più le sue tecniche di guerra. La scienza, (“scienza esatta”) che è stata creata dall’uomo moderno, quella stessa scienza per cui sono morti molti uomini, per cui roghi si sono sprecati nei tempi dell’inquisizione, è additata come il maggiore strumento di sterminio. È “persuasa allo sterminio”, non è dunque solo stata usata ma creata e voluta espressamente per questo fine.
2.3. Illustra il senso dell’espressione “E questo sangue odora” partendo dalla dura affermazione dei versi 7-9.
Il Poeta afferma dunque che l’uomo non è cambiato con il suo odio irrazionale e la sua idea di morte. Quest’eco si sente ancora e si sentirà per molto tempo come l’odore del sangue. Non cambia il sangue che bagnò la vittima fraterna di Caino e quello che oggi infanga i campi di battaglia. L’omicidio di Abele ad opera del fratello ha dato inizio a quelle stragi che oggi hanno la stessa brutalità del primo efferato omicidio fraterno.
2.4. La preposizione “senza”, il verbo “uccidere”, la congiunzione “come” si ripetono con insistenza nei versi 7-8. per comunicare cosa?
Quasimodo vuole, attraverso la ripetizione insistente delle due formule, rievocare la scia di dolore, vuole risvegliare gli animi e le coscienze addormentate. Urla il suo disprezzo contro chi conosce la Bibbia ma sono in fondo “senza cristo” cioè senza fede, invita a osservare la legge di Dio così come si possono osservare le stragi dell’animo umano: gli uomini che muoiono sui bordi delle strade o uccisi nei campi di battaglia. In questo quadro di morte il poeta definisce l’uomo “senza amore” e “senza Cristo” perché dove c’è violenza non può esserci amore e tantomeno Cristo, e qualora il nome di Dio venga usato per convalidare una guerra si afferma una bestemmia.
2.5. Rifletti sul rapporto tra l’uomo “senza cristo” e il ricordo di Caino e Abele.
Il Poeta, in tutta la lirica, pone sullo stesso piano l’uomo primitivo e più precisamente i due fratelli che per primi diedero inizio alle stragi moderne; a sottolineare il concetto concorre la figura forte “senza cristo” attraverso cui il Poeta si riferisce a un uomo mancante, lontano dall’idea di amore e di Fede, invita infine i giovani a dimenticare gli errori dei loro padri a dimenticare dunque, quell’efferato omicidio fraterno di caino nei confronti di Abele.
2.6. Nei versi conclusivi i figli sono esortati a dimenticare i loro padri con alcune metafore. Spiegane il significato.
Quasimodo negli ultimi versi assume un tono esortativo, invita e quasi obbliga a chi desidera un mondo di pace e amore, dimenticare gli errori dei loro padri: errori rappresentati dal sangue che bagna il nostro mondo ( “nuvole di sangue”) e ricordi identificati invece con le tombe dei padri che sono sepolte dalle stesse ceneri provocate dagli avi distruttori e sorvolate da uccelli di malaugurio (“uccelli neri”); anche il vento, che ci riporta a “quell’eco freddo e tenace” copre il già vuoto cuore di coloro che “senza amore” non trovano un modo che li liberi dal baratro in cui si trovano.
3 - INTERPRETAZIONE COMPLESSIVA E APPROFONDIMENTI
Questa poesia è stata scritta nell’ultimo, atroce periodo della Seconda guerra mondiale. Contestualizza scegliendo uno o più dei seguenti ambiti di riferimento.
Testi poetici di autori a lui contemporanei o correnti artistico letterarie coeve
Evidente è il legame con la corrente dell' ermetismo, che proponeva la chiusura del poeta in una "torre d'avorio", rifiutando il contatto col pubblico e proponendo il disimpegno politico, con un chiaro retaggio decadente. Dietro a tutto ciò sono presenti ovviamente anche la filosofia dell'esistenzialismo con la sua denuncia del distacco tra esistere ed essere e le filosofie irrazionalistiche, anche se è ormai lontano il panismo di D'Annunzio.
Gli ermetici, infatti, propugnavano una letteratura come vita, una poesia che fosse quasi teologia, possibile solo attraverso il distacco totale dal contingente. Sulla stessa scia, Ungaretti e Montale rifiutarono l'urgenza di riscattare la poesia dalle forme dell'umanesimo e la concepirono come forma di intuizione-rivelazione, comunicabile solo per enigmi e analogie.
È come se Quasimodo nei successivi anni si fosse trovato improvvisamente gettato fuori della sua storia interna, per essere costretto a fare finalmente i conti non più soltanto con la propria dimensione individuale, indebolita in un'aristocratica raffinatezza, ma piuttosto con una ben più tragica situazione storica collettiva. In un simile contesto appare evidente come la poesia non possa più avere un compito puramente consolatorio e come al poeta si impongano ben altre responsabilità da quelle che fino a ora lo hanno tenuto occupato a un lavoro di raffinato “labor limae” e di preziosa distillazione di alti sentimenti e di nobili principi morali. Il compito che ora si impone all'intellettuale, con tutta urgenza ed evidenza, è quello di "rifare l'uomo", come lo stesso Quasimodo sottolinea.
Il poeta non può consolare nessuno, non può "abituare" l'uomo all'idea della morte, non può diminuire la sua sofferenza fisica, non può promettere un eden, né un inferno più mite. Oggi poi, dopo due guerre nelle quali l'"eroe" è diventato un numero sterminato di morti, l'impegno del poeta è ancora più grave, perché deve "rifare" l'uomo, quest'uomo disperso sulla terra, del quale conosce i più oscuri pensieri, quest'uomo che giustifica il male come una necessità, un bisogno al quale non ci si può sottrarre.
Per quelli che credono alla poesia come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, lo scrittore siciliano afferma che “il tempo delle speculazioni è finito”: rifare l'uomo, questo è l'impegno.

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