Commento su Petroni, il Satyricon e analisi della matrona di efeso

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Testo

Petronio
Vive nella prima metà del I d.C. e come Seneca ha modo di sperimentare sulla propria pelle le follie di Nerone.
Si pensa che Petronio sia lo scrittore a cui si riferisce Tacito nel sedicesimo libro degli “Annales”.
Tacito parla di Petronio come un funzionario vicino a Nerone, per il quale Petronio rappresentava la raffinatezza dei costumi; qualsiasi decisione egli dovesse prendere chiedeva a Petronio.
“Arbitrer elegantiae”, giudice dell’eleganza, così lo descriveva Tacito.
I funzionari di Nerone, però, gelosi di questa forte influenza di Petronio su Nerone, tramarono una congiura come lo stesso Petronio, facendo credere a Nerone che egli volesse fare un colpo di stato.
Nerone crede a ciò e, mentre si trova in Campania, Petronio viene richiamato a Roma per essere condannato a morte.
Petronio, però, decide di togliersi la vita piuttosto che tornare a Roma; tuttavia, egli aveva intuito della congiura e, così, durante un banchetto scrive una serie di versi che alludono alla corruzione del suo tempo e di Nerone.
Terminati questi versi, li firma con il suo sigillo e li fa mandare a Roma.

“Satyricon”:
Satyricon è un genitivo plurale neutro greco, che in latino sarebbe retto da “libri”.
La storia, strutturata con la tecnica del racconto ad incastro, parla di un giovane, Encolpio, verso il quale si scatena l’ira del dio Priapo.
In questo senso, quindi, Encolpio può essere trasfigurato in Ulisse.
Tra Encolpio e Gitone, il suo accompagnatore, nasce un amore.
Petronio introduce delle digressioni, che servono come pause per non fare annoiare il pubblico.
Tra queste digressioni c’è la “Cena di Trimarchione” e la “Matrona di Efeso”; in questi eventi, Petronio vuole evidenziare i vizi ed i difetti politici-sociali del suo tempo.
Trimarchione era un ricco borghese, il quale aveva dato una cena per mettersi in mostra; alla cena c’è anche sua moglie, la quale è una pettegola ignorante.
Tra tutti i personaggi, l’unico che può essere ricollegato a Nerone è Eumolpo, il quale amava atteggiarsi a grande poeta declamando versi in molte occasioni, proprio come amava fare Nerone.
Per quanto riguarda le riprese stilistiche, Petronio si rifà, in maniera ironica, al romanzo ellenistico del III-II a.C..
Dal punto di vista linguistico, invece, Petronio è vario, in quanto adatto il suo modo di scrivere alle situazioni narrate.

La matrona di Efeso:
è una digressione, una pausa narrativa così come la “Cena di Trimarchione”.
Serve al pubblico per poter capire le tematiche trattate dallo scrittore.

“Nel frattempo Eumorpo, chiamato spesso sia nei momenti di pericolo sia autore della concordia presente, perché non si facesse silenzio senza la gioia di qualche favola, cominciò a trattare molte cose riguardo alla leggerezza femminile: quanto le donne amassero facilmente, quanto si dimenticassero perfino dei loro figli, e disse anche che non c’era nessuna donna tanto pudica che non fosse sconvolta da una passione eccezionale, fino ad arrivare alla passione violenta.
Disse che non avrebbe trattato delle antiche tragedie o degli scrittori nobili durante secoli; ma disse che avrebbe trattato un fatto che ricordava a memoria, un fatto che avrebbe esposto se avessimo voluto ascoltare.
Rivolti, dunque, gli sguardi e gli occhi di tutti verso se, così cominciò: >.
I marinai cominciarono a ridere per la favola e Trifena, diventando rossa, appoggiò il suo volto in maniera amabile vicino alla testa di Gitone. Ma non rise affatto Lica, ma irato e movendo la testa disse: ”.

Il termine “iubet” è un verbo forte che riporta al carattere militare precedente.
La struttura si presenta simmetrica per i due infiniti presenti passivi “tolli, affigi”.
Si viene a creare un’antitesi concettuale tra il soldato, che si rivela un personaggio secondario senza intuito né personalità, e la donna, che si rivela caratterizzata da arguzia e acutezza: “miles ingenio prudentissimae feminae”.
Il termine “populus”, evidenzia che esso è una massa ingenua, senza coscienza.
“erubescente non mediocriter Tryphaena vultumque suum super cervicem Gitonis amabiliter ponente. At non Lichas risit”, evidenzia che in realtà anche se Petronio tratta un tema immorale, corrotto, violento e a volte osceno, tuttavia non è d’accordo con la corruzione morale del tempo; Petronio, inoltre, fa questo non personalmente, ma attraverso i personaggi che stanno ascoltando la storia.
Nella battuta finale, Petronio fa capire che il sistema morale dovrebbe essere caratterizzato da onestà e giustizia: “si iustus imperator fuisset, debuit patris familiae corpus in monumentum referre, mulierem affiggere cruci”.
Dal punto di vista stilistico vi sono anastrofi, “Tryphaena vultum ponente; non risit; corpus patris familiae referre”, e “isset” arcaismo e forma contratta di “ivisset”.

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