questione arabo israeliana

Materie:Tesina
Categoria:Storia

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Testo

La questione arabo israeliana e i suoi sviluppi storico politici dalla prima Guerra mondiale ad oggi
▪ Dalla formazione dello stato ai suoi primi sviluppi. Israele esiste come stato sovrano dal 1948. Le basi teoriche della creazione di uno stato ebraico erano state poste fin dal 1897, data del primo congresso sionistico di Basilea, da cui ebbe origine il cosiddetto Programma di Basilea, che precisava le caratteristiche programmatiche del sionismo (preparare e favorire l'immigrazione degli ebrei in Palestina; educarli alla nuova dignità di cittadini di uno stato indipendente; ottenere dal governo turco facilitazioni nell'acquisto delle terre), ma fu durante la prima guerra mondiale,che l’aspirazione degli ebrei a costituire un «focolare nazionale» in Palestina venne riconosciuta dagli inglesi con la «dichiarazione Balfour» (2 novembre1917), che fu frutto dei negoziati condotti da Chaim Weizmann. Nel 1922 essa venne sancita come diritto dalla Società delle Nazioni, che attribuì alla Gran Bretagna il mandato di renderlo operante. La promessa fatta dall'Inghilterra nel 1916 agli arabi di Palestina di riconoscere la loro indipendenza in cambio di un'attiva partecipazione alla guerra, contrastava però con la «dichiarazione Balfour». Tale contrasto fu aggravato negli anni seguenti dall’atteggiamento oscillante degli inglesi, i quali da una parte promuovevano la creazione di istituzioni rappresentative per gli arabi e dall’altra favorivano l’immigrazione degli ebrei. La questione dell’immigrazione ebraica su larga scala fu fonte di tensione per la popolazione araba, che nel corso degli anni ‘20 e ‘30 diede vita a ripetuti moti di rivolta. Alla vigilia della seconda guerra mondiale l’Inghilterra cercò di avvicinarsi alle richieste arabe con un'interpretazione restrittiva della dichiarazione Balfour, e poté così evitare pericoli gravi, durante la guerra, da parte palestinese. L'avvento al potere del nazismo (1933) provocò un forte afflusso in Palestina di Ebrei provenienti dalla Germania e da altri paesi dell'Europa occidentale; ciò diede luogo a violente reazioni da parte degli Arabi, per cui la Gran Bretagna bloccò quasi completamente l'immigrazione ebraica (marzo 1940). Ma l'imperversare delle persecuzioni naziste spinse gli Ebrei a reclamare vivamente il diritto a una immigrazione illimitata in Palestina. In seguito all'atteggiamento negativo degli Inglesi, motivato anche dagli impegni da loro assunti verso gli Arabi durante la seconda guerra mondiale, si organizzò l'immigrazione clandestina appoggiata da una vasta rete protettiva e dall'organizzazione paramilitare dell'Hagana. Venne così condotta una dura e lunga guerriglia prevalentemente con atti terroristici contro Arabi e Inglesi.
Il dopoguerra diede grande forza al desiderio degli ebrei di costituire un proprio stato anche come mezzo per riprendersi dal terribile colpo loro inferto dai nazisti. L’urto fra arabi ed ebrei si fece allora drammatico. Londra decise di affidare la ricerca di una soluzione all'ONU, che nel 1947si pronunciò a favore della spartizione della Palestina in due Stati indipendenti, uno arabo e l'altro ebraico, e della costituzione della città di Gerusalemme in zona internazionale. Tale risoluzione, respinta dagli Arabi, provocò la guerra civile. Gli Ebrei di Palestina decisero di costituire un comitato esecutivo di 13 membri (aprile 1948) sotto la presidenza di David Ben Gurion, che proclamò l'indipendenza dello Stato d'Israele (14 maggio), poche ore prima della fine del mandato britannico propose la divisione della Palestina in due stati e il mantenimento di un'amministrazione fiduciaria a Gerusalemme. Gli ebrei accettarono; gli arabi invece si ribellarono, scatenando agitazioni e tumulti, specialmente in seguito alla decisione dell'ONU di dar corso effettivo alla spartizione. Gli stati arabi risposero invadendo la Palestina, ma presto le forze armate israeliane riuscirono a respingerli. Nel 1949 fu firmato l'armistizio a Rodi e Israele fu ammesso all'ONU. Ben Gurion, vincitore, con il partito laburista (Mapai), delle elezioni del 1949, diede inizio a una politica di collaborazione delle forze nazionali intorno a un programma di vaste riforme interne, affrontando gli enormi problemi creati dal continuo flusso immigratorio, dalla perdurante tensione con gli arabi, dalla necessità di grandi investimenti nelle infrastrutture.
▪ Dagli anni '50 alla guerra dei sei giorni (1967). Nel 1951alcune difficoltà derivarono dalla necessità di conciliare, soprattutto in materia di matrimonio e di divorzio, le esigenze di uno Stato moderno con quelle della Legge mosaica (divieto di matrimoni misti; divieto di ripudio della donna che acquisì gli stessi diritti dell'uomo), e dalla necessità di rispettare anche i diritti delle minoranze cristiana e musulmana, per cui si rese necessaria la collaborazione dei partiti religiosi e l'elaborazione di una politica d'integrazione infatti l'arabo è una delle due lingue ufficiali Un altro problema derivò dalla massiccia immigrazione di ebrei da ogni parte del mondo.infatti in circa dieci anni la popolazione fu incrementata di circa 950.000 unità.L'integrazione di questi immigrati,spesso sprovvisti di tutto e che ignoravano addirittura l'ebraico,terminò nel 1960 quando. vennero creati istituti primari e secondari con obbligo di frequenza fino ai 14 anni e gratuita fino ai 18. Alle elezioni del 1955 il Mapai ottenne un nuovo successo. Il governo di Ben Gurion diede allora maggior spicco all'intransigenza antiaraba e nel 1956, quando Francia e Inghilterra decisero di intervenire militarmente in territorio egiziano in seguito alla crisi generata dalla nazionalizzazione della compagnia del canale di Suez, Israele si unì alle forze franco-inglesi sferrando un attacco nel Sinai e occupando la penisola. Lunghe trattative indussero poi Isrele a evacuare la penisola del Sinai, Gaza e ‘Aqaba (1957). In campo interno il governo di Ben Gurion, accusato di intransigenza e di autoritarismo, si trovò di fronte a una crescente opposizione. Tale situazione portò nel 1963 alla formazione di un nuovo governo presieduto da Levi Eshkol, pure lui appartenente al Mapai, ma ritenuto più adatto ad affrontare i difficili problemi di convivenza interna e internazionale. Tuttavia i rapporti con gli stati arabi continuarono a mantenersi tesi e gli eventi precipitarono nel 1967 quando Nasser decretò la chiusura del golfo di 'Aqaba alle navi israeliane. Israele reagì passando all’attacco (5 giugno) e nel corso di una breve campagna militare (la cosiddetta «guerra dei Sei giorni») travolse gli eserciti egiziano e giordano, che abbandonarono all'avversario il Sinai, Gaza, la Cisgiordania e la parte orientale di Gerusalemme, e sconfisse i siriani, che si ritirarono dalle colline di Golan.
▪ Gli anni settanta. Nel febbraio 1969 morì il primo ministro Levi Eshkol e il partito laburista designò a succedergli Golda Meir, che nel marzo formò il suo primo governo. Alle elezioni politiche dell'ottobre successivo il partito laburista ottenne, assieme ai suoi alleati, 60 sui 120 seggi alla Knesset(grande assemblea) . Golda Meir formò il suo secondo governo con l'appoggio di tutti i partiti, compresa l'estrema destra; restarono fuori dal governo soltanto i comunisti e i rappresentanti della minoranza araba. La vittoria nella guerra dei Sei giorni, però, non aveva posto termine alle tensioni con gli Arabi, anzi si trascinava la guerra di usura con l'Egitto sul canale di Suez e si intensificavano le incursioni dei fedayin della resistenza palestinese. L'esercito israeliano reagiva a queste ultime con incursioni contro le basi palestinesi nei paesi vicini (Giordania, Libano, Siria). L'ONU si era impegnata a far rispettare la risoluzione 242 del 22 novembre 1967 del Consiglio di sicurezza, che imponeva a Israele lo sgombero dei territori occupati nella guerra dei Sei giorni, ma la missione diplomatica affidata con questo scopo a Gunnar Jarring fallì. Nel 1970 gli Americani presentarono una proposta per risolvere la questione, il piano Rogers. Questo venne accettato dall'Egitto e dalla Giordania e subito dopo da Israele.Al piano si oppose anche la resistenza palestinese, che intensificò la sua attività terroristica. Nel settembre dello stesso anno re Husayn decise una vasta operazione militare per eliminare le basi palestinesi in Giordania. Ciò provocò un inasprimento delle azioni terroristiche, che estesero le azioni contro obiettivi israeliani anche all'estero. Nel maggio 1972 all'aeroporto di Tel Aviv tre terroristi giapponesi, guidati dalla causa palestinese, compirono una strage e nel settembre successivo diversi atleti israeliani, che partecipavano ai giochi olimpici di Monaco, furono presi in ostaggio da un commando palestinese e persero la vita. Israele intensificò allora le azioni di rappresaglia, che colpivano soprattutto la popolazione civile ammassata nei campi profughi del Libano. Il 6 ottobre 1973 gli Egiziani e i Siriani scatenarono una nuova guerra, nota come “guerra del Kippur”. Da questa guerra gli Israeliani uscirono sconfitti politicamente, anche se non militarmente. L'arma del petrolio, efficacemente utilizzata dai paesi arabi produttori contro l'economia delle potenze occidentali filo israeliane, e il conseguente isolamento diplomatico di Israele furono fatti nuovi che esercitarono un notevole peso al momento della conclusione del conflitto e nel periodo successivo.
Le elezioni politiche del 31 dicembre 1973 sancirono l'avanzata della destra nazionalista, ma i laburisti e i loro alleati conservarono la maggioranza. Golda Meir rimase alla guida del governo, ma gli attacchi si concentrarono su Dayan, accusato di essere il responsabile delle gravi negligenze emerse durante il conflitto, le quali avevano portato al crollo del mito dell'imbattibilità israeliana. Dayan venne scagionato da una commissione d'inchiesta governativa, contro la quale si scatenò un'ondata di protesta in tutto il paese, inducendo Golda Meir alle dimissioni (aprile 1974). Le succedette il generale I. Rabin. Nell'ottobre 1974 l'OLP venne ammessa come osservatrice all'ONU. Ciò provocò il risveglio delle rivendicazioni indipendentistiche della popolazione araba di Israele. Il governo rispose con arresti e deportazioni in massa mentre la destra nazionalista portava avanti, scarsamente contrastata dal governo, la politica tesa a favorire la creazione di insediamenti di coloni nella Cisgiordania, al fine di rendere più difficile la cessione dei territori occupati nel 1967. Nel settembre 1975, grazie alla mediazione di Kissinger, veniva concluso un accordo con l'Egitto, che stabiliva le modalità del disimpegno militare israeliano nel Sinai. L'accordo però si rivelò inconsistente e Israele si trovò isolato sempre più sul piano internazionale di fronte alle iniziative siro- palestinesi. All'interno cresceva la frattura tra alcuni ministri favorevoli al riconoscimento dell'OLP e lo stesso Rabin, più sensibile alle posizioni della destra. Nel dicembre 1975 nei territori occupati si svolsero imponenti manifestazioni contro gli stanziamenti di coloni israeliani; contemporaneamente aumentarono di numero gli attentati dei gruppi della resistenza palestinese. Le elezioni amministrative, tenutesi nei territori occupati nell'aprile 1976, videro il successo di candidati vicini all'OLP, mentre la Cisgiordania veniva scossa dalle manifestazioni contro il movimento di estrema destra israeliano che perseguiva l'occupazione delle terre nella regione. Nell'aprile 1977 Rabin, venne sostituito da S. Peres alla guida del partito laburista. Le elezioni anticipate del maggio successivo videro il crollo del partito laburista e la vittoria della Destra
e del Movimento democratico per il cambiamento. Begin, divenne primo ministro con l'appoggio dei tre partiti religiosi e di Dayan, ritornato sulla scena politica come ministro degli esteri. La politica di Begin si caratterizzò nel 1980 per la guerra strisciante nel Sud del Libano e per il proseguimento degli insediamenti nei territori occupati. Contro questa politica si dimise anche il ministro della difesa Weizmann. Nel giugno 1981 l'aeronautica israeliana bombardò il centro atomico iracheno alla periferia di Bagdad, suscitando in tal modo l'irritazione degli Stati Uniti, interessati ad attirare il regime di Bagdad nell'orbita occidentale. Le polemiche che si scatenarono nel paese in seguito a questa iniziativa e l'indebolimento del governo costrinsero Begin a sciogliere in anticipo il parlamento.

▪ Gli anni ottanta. L'isolamento di Israele sul piano internazionale fu completo quando gli Stati Uniti, in risposta alle iniziative di Begin, dichiararono inoperante l'accordo di collaborazione strategica da poco firmato. Il 1982 iniziò nel segno della distensione con la decisione di Begin di rendere operante l'accordo con l'Egitto sul disimpegno israeliano nel Sinai, anche a costo di intervenire con la forza contro i coloni.Il 6 giugno 1982 il governo israeliano scatenò un'offensiva in grande stile nel Libano. L'operazione, denominata “pace in Galilea”, aveva tre obiettivi: distruggere definitivamente le basi della resistenza palestinese, ridimensionare le mire egemoniche della Siria e instaurare nel paese un regime filoisraeliano gestito dal partito cristiano-falangista di B. Gemayel. L'avanzata israeliana fu rapida, ma la resistenza palestinese a Beirut Ovest assunse toni drammatici. Il 12 agosto, dopo due mesi di trattative condotte da Habib, i palestinesi evacuarono la città. Nell'opinione pubblica internazionale l'aggressione israeliana richiamava alla memoria le scene che diedero inizio alla II guerra mondiale e un vasto movimento di simpatia verso i Palestinesi si sviluppò in molti ambienti politici. Lo stesso 'Arafat venne ricevuto dal papa. Per quanto riguarda gli altri obiettivi, l'esercito israeliano aveva inflitto gravi perdite all'aviazione siriana, senza però riuscire a impedire i collegamenti tra Beirut e Damasco e il capo dei falangisti, B. Gemayel, il 14 settembre restò vittima di un attentato. A completare la sconfitta politica di Begin si aggiunse un drammatico avvenimento che screditò il governo israeliano agli occhi dell'opinione pubblica internazionale: fra il 16 e il 18 settembre alcuni reparti cristiani, protetti dalle forze israeliane, entrarono nei campi profughi di Sabra e Chatila e massacrarono la popolazione civile.La condanna da parte dell'opinione pubblica internazionale e le stesse manifestazioni svoltesi a Gerusalemme costrinsero il governo a nominare una commissione di inchiesta. Questa attribuì pesanti responsabilità al ministro della difesa Sharon e al ministro degli esteri Shamir. Malgrado gli insuccessi e l'opposizione di vasti settori dell'opinione pubblica la maggioranza governativa riuscì a superare le elezioni amministrative del 25 ottobre 1983. La debolezza della coalizione di governo costrinse però Shamir a indire le elezioni anticipate. Queste si svolsero il 23 luglio 1984 e attribuirono la maggioranza alla Knesset al partito laburista. Anche il Likud ottenne un forte consenso, per cui si pervenne nel settembre successivo a un accordo, che prevedeva la formazione di un governo di unità nazionale, guidato a turno dai due leaders. In un primo periodo fu il laburista Peres ad assumere la direzione del governo, mentre Shamir ebbe la carica di ministro degli esteri. All'inizio del 1987 crebbe la tensione nei territori occupati tra i coloni israeliani e la popolazione palestinese e nel mese di dicembre in seguito alla morte di tre operai palestinesi, travolti da un automezzo israeliano, esplose violenta la protesta, che assunse le dimensioni di resistenza popolare agli occupanti, la lotta delle pietre nota come “Intifada”. La spietata repressione israeliana, documentata dalla stampa di tutto il mondo, suscitò sdegno nell'opinione pubblica internazionale. Intellettuali ebrei, sia in Europa sia in America, dichiararono pubblicamente il proprio dissenso riguardo all'operato del governo israeliano. Nell'aprile 1988 il capo militare dell'OLP, Abu Jihad, veniva ucciso a Tunisi da un commando israeliano. L'azione, invece di piegare l'Intifada, finì per accrescere la tensione. Alla rivolta popolare si legava infatti la nuova politica dell'OLP, favorevole alla pace e al riconoscimento dello Stato di Israele, ma con la creazione di uno Stato palestinese. In tale situazione, nel novembre 1988, si svolsero le elezioni politiche, che confermarono l'equilibrio tra i due schieramenti. Likud e partito laburista furono così costretti a continuare a convivere nel governo. I due partiti e i loro maggiori rappresentanti si fecero sostenitori di varie e contrastanti proposte sulla questione palestinese, spesso sconfessandosi tra loro.

▪ L'ultimo decennio del ‘900 e l'inizio del XXI secolo. Fino a questo momento israele non era mai caduta ma con la salita al potere degli stati uniti di Bush ciò accadde perché gli stati uniti ridimensionarono il loro appoggio alla politica spregiudicata israeliana. Nel 1991 inoltre il paese accettò di partecipare alla conferenza di Madrid, con mediazione degli USA, avviando trattative di pace con il mondo arabo. La vittoria elettorale laburista nel 1992 riportò in carica come primo ministro Ytzhak Rabin; nello stesso anno Ezer Weizman, anch'egli laburista, sostituiva C. Herzog alla presidenza. Fu con Rabin che Israele arrivò alla vera svolta con gli accordi segreti con l’OLP che nel 1993 portarono alla firma a Washington, sotto la supervisione statunitense, di un documento di reciproco riconoscimento politico e alla stipulazione di un negoziato per l'istituzione di un autonomia amministrativa palestinese; il trattato fu sottoscritto da Arafat e Rabin, riconosciuti, con Peres (che aveva partecipato alle trattative), a livello internazionale con l'assegnazione del premio Nobel per la pace nel 1994. Il processo di pace continuò con la nascita dell'Autorità palestinese, comprendente la striscia di Gaza e Gerico, seguita da una serie di accordi di pacificazione nella regione tra Israele e Giordania, Marocco e Siria. Ma l'opposizione a tali negoziati si rivelò molto violenta sia da parte degli estremisti islamici sia da parte ebraica, arrivando all'uccisione, nel novembre 1995, del primo ministro Rabin da parte di un seguace dell'estrema destra israeliana. Israele si ritrovò profondamente colpito e diviso a metà, con il Likud principale accusato di aver fomentato il clima d'odio; nonostante ciò lo stesso Likud è prevalso alle elezioni del 1996, dopo una parentesi governativa di Shimon Peres, impegnatosi a proseguire l'operato di Rabin per la pace e confermando l’intenzione di far rispettare l’accordo che prevedeva l’estensione dell’autonomia palestinese in Cisgiordania. Con l'elezione avvenuta a suffragio universale di Benjamin Netanyahu, leader del Likud, riprese la colonizzazione in tutti i territori occupati in parallelo agli atti terroristici; il rifiuto della costituzione di uno stato palestinese in Cisgiordania e l'esclusione di trattative su Gerusalemme frenarono di fatto il processo di pace faticosamente avviato. Nel frattempo l'aggravarsi della tensione nel Libano, aveva portato a nuove azioni militari tra hezbollah e israeliani e la situazione mediorientale ritornava incerta e pericolosa. Alle dichiarazioni ufficiali di voler continuare sulla via della pace, Netanyahu contrappose continue azioni di senso contrario, in particolare autorizzando nuovi insediamenti di coloni dove era prevista l'espansione dell'Autorità; oltre al conseguente peggioramento dei rapporti con gli altri Paesi della regione mediorientale, si dovette registrare il fallimento di numerosi tentativi di mediazione e un escalation della violenza. Le accuse di corruzione ai vertici del governo, la paralisi dei negoziati con i Palestinesi, l'incapacità di elaborare una seria politica di lungo periodo, portarono alla sfiducia della Knesset al premier Netanyahu nel dicembre del 1998. Le elezioni anticipate furono indette per il maggio successivo e registrarono la vittoria del laburista Ehud Barak. L'elezione di Barak accese nuove speranze per la ripresa del processo di pace con i Palestinesi e in tutta la regione. Dopo un titubante riavvicinamento e sei settimane di negoziati israeliani e palestinesi arrivarono a firmare il 4 settembre 1999 in Egitto un patto di applicazione degli accordi di Wye Plantation, siglati l’ottobre precedente e poi disattesi, sull’ulteriore ritiro di Israele dalla Cisgiordania.
Nel settembre del 2000 la situazione precipita. La provocatoria passeggiata di Ariel Sharon, sulla Spianata delle Moschee nel giorno dell’anniversario dei massacri di Sabra e Chatila, è il pretesto per scatenare la seconda intifada. Da quel momento l’intifada ha causato la morte di più di tremilacinquecento persone, tra israeliani e palestinesi. I tentativi per riportare la questione ad un piano diplomatico sono naufragati in una spirale di attentati e rappresaglie sempre più sanguinose. Il 30 aprile del 2003, con la mediazione del cosiddetto “Quartetto” (Unione Europea, Russia, Usa e Onu), si è tracciata una bozza di accordo nota come “Road Map” che prevedeva, attraverso fasi differenti, il ritorno alla pace. Le diplomazie occidentali sono divise sulla figura di Arafat, ritenuto troppo ambiguo verso la lotta al terrorismo. La figura su cui confluiva l’appoggio di tutti era quella di Abu Mazen, moderato dell’ANP, ma il suo governo è durato poco, schiacciato dalla lotta di potere all’interno dell’ANP. Il governo di Ariel Sharon ha avviato la costruzione di un muro di sicurezza che dovrebbe impedire ai kamikaze palestinesi di entrare in Israele. Questo progetto, più volte condannato dall’Onu, dagli Usa e dall’Unione Europea, dovrebbe correre sulla linea dei confini dettati dai trattati del 1967, ma i palestinesi denunciano sconfinamenti. Oggi la speranza è riposta nel documento noto come “Accordo di Ginevra”, perché appoggiato dal governo svizzero, stipulato dopo due anni di trattative tra la sinistra israeliana, polemica verso le scelte dell’esecutivo Sharon, ed esponenti moderati dell’Autorità Palestinese. Le due figure di riferimento sono Yossi Beilin per Israele e Yasser Rabbo per l’ANP, tutti e due ex ministri dei rispettivi paesi.
L' 11 novembre 2004 è morto Yasser Arafat, l'uomo che nel bene e nel male ha dato alla causa Palestinese una dignità internazionale .Oggi il potere dell'Anp è nelle mani di Abu Mazen, eletto il 9 gennaio Presidente dell'ANP con il 66 per cento dei voti. Il 23 agosto del 2005 viene terminato il piano di smantellamento di 21 insediamenti nella Striscia di Gaza e di 4 in Cisgiordania. Deciso senza consultare i Palestinesi e motivo di laceranti polemiche tra il governo Sharon e il movimento dei coloni, ha segnato comunque una svolta storica per la questione israelo-palestinese. Sharon è atteso al varco dall'opinione pubblica israeliana che valuterà i risultati di un passo come questo che ha lasciato una profonda ferita nel movimento dei coloni e della destra religiosa. Una ferita non rimarginabile, tanto da portare alla scissione del Likud: la destra israeliana perde la sua guida storica Ariel Sharon che, assieme a Shimon Peres e a molti transfughi del Likud e dei laburisti fonda il movimento Kadima a metà novembre 2005. I sondaggi danno per sicuro vincitore alle prossime elezioni politiche israeliane del 28 marzo, ma un grave malore colpisce Sharon all'inizio del mese sucessivo, lasciando all'improvviso senza guida politica Israele. Nel frattempo l'ANP è invece chiamata a dimostrare, avendo per la prima volta un territorio d'amministrare, di essere capace di vincere la corruzione e di emarginare i movimenti armati. Mazen ha fatto quello che ha potuto, ma le elezioni politiche del 25 gennaio 2006, le prime in Palestina dal 1996, segnano il trionfo di Hamas che ottiene 76 seggi su 132. L'impegno nel sociale di Hamas ha sconfitto la corruzione di Fatah, ma adesso il rischio di una Palestina dimenticata dai grandi della Terra è sempre più forte.
▪ Ciò che pensano su Israele. Molti storici e filosofi si pronunciarono e si pronunciano a proposito della nascita dello Stato d'Israele e Martin Burber ritiene che lo stato di Sion non si può intendere se non consideriamo l'idea che gli ebrei hanno di nazione e dei loro desideri e tradizioni. Infatti questo stato è diverso da tutti gli altri in quanto la sua storia è legata di più a luogo cioè la Terra patria che al popolo, ecco anche perché il loro stato non prende il suo nome dal popolo ma bensì dal territorio in cui è situato. Lo storico David Vital ha osservato che gli ebrei sono divisi sulla riconversione da popolo senza terra a in un popolo politico. Il movimento sionista è il conflitto arabo israeliano hanno impresso una accelerazione a questo processo di riconversione.
Un altro filosofo Emmanuel Levians parlò dello stato ebraico sia in termini profetici che in termini critici. Lui crede che in termini profetici lo stato d'Israele può svolgere un ruolo guida fra le Nazioni, mentre in termini critici esso è sempre esposto a “febbri messicane rischiose e ingiustificate”.
Ernst Nolte parlando di Teodor Herzl (il fondatore dell'ideale sionistico), dice che egli sicuramente non immaginava che gli ebrei e gli arabi palestinesi avrebbero dovuto iniziare una lotta per la terra e “utopisticamente” auspicava per entrambi i popoli una vita pacifica in una patria comune, in cui ciascun componente della comunità ebraica non sarebbe stato “stritolato tra le macine del capitalismo”.
Io ritengo che questo conflitto resterà per sempre irrisolto se israeliani e arabi rimarranno sulla difensiva e cercheranno sempre di far valere i propri interessi a discapito gli uni degli altri, ma solo se ci sarà dialogo costruttivo tra i due popoli e i loro governatori discuteranno la questione più che sul piano politico su quello umano, riusciranno a trovare un accordo comune e i due popli popoli potranno vivere pacificamente.
Io

Esempio



  


  1. tulena

    argomenti che si possono collegare con la guerra arabo-israeliana?